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Antonio Ligabue: l’artista, l’uomo, l’evento

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È iniziato il percorso di avvicinamento ad uno degli eventi artistico-culturali più attesi di questo scorcio di primavera, cioè l’arrivo in città (dal 10 al 12 aprile, ad opera dell’Associazione Culturale Samarcanda, di Manuelita Iacopetta e Michela Cimmino) di opere e reperti del pittore naïf Antonio Ligabue: ed é iniziato con la prima di alcune proiezioni dello sceneggiato TV del 1977 LIGABUE, con la regia di Salvatore Nocita, tratto dal pometto in versi di Cesare Zavattini, teorico del neorealismo italiano, che sceneggiò anche la produzione.

LIGABUE, di Salvatore Nocita

Lo sceneggiato, diviso in tre parti, parte dall’infanzia del pittore raccontandone la difficile infanzia fra Zurigo (dove nacque nel 1899) e Gualtieri, comune di Reggio Emilio dove viveva Bonfiglio Laccabue, uomo che sposó la madre di Antonio e che prese in affidamento il ragazzo dopo la morte della genitrice. I rapporti fra i due non furono mai tranquilli: a parte la durezza e la severità dell’uomo, Ligabue -che varió anagraficamente così il suo cognome, da Laccabue, anche perché accusava il patrigno di aver avvelenato moglie e i tre fratelli, morto tragicamente nel 1913- fu segnato fin da giovanissimo da disagi e turbe mentali, tanto che quando nel 1913 fu affidato ai coniugi svizzeri Göbel, questi avendo notato comportamenti strani nel ragazzo lo fecero ricoverare in un ospedale psichiatrico, a Pfäfers. In seguito, da Chiasso fu condotto a Gualtieri, luogo d’origine di Bonfiglio Laccabue ma, non sapendo una parola di italiano, fuggì tentando di rientrare in Svizzera. Riportato al paese, visse grazie all’aiuto dell’ospizio di mendicità Carri.

Nel 1920 ricevette l’offerta di un lavoro presso gli argini del Po: proprio in quel periodo iniziò a dipingere. Nel 1928 incontrò Renato Mazzacurati, artista che ne comprese l’arte genuina e gli insegnò l’uso dei colori ad olio, guidandolo verso la piena valorizzazione del suo talento. Si dedicò quindi completamente alla pittura, vagando lungo il fiume Po senza fissa dimora, fino a che nel 1937 fu ricoverato in un manicomio a Reggio Emilia per autolesionismo. Per i dieci anni successivi, entro e uscì continuamente dalle case di cura, finché nel 1948 giornalisti, critici e mercanti d’arte iniziarono ad interessarsi a lui. Solo nel 1957 però, con il servizio di Severo Boschi e Aldo Ferrari su Il Resto Del Carlino, fu reso popolare da un servizio memorabile con immagini tuttora celebri. La sua prima mostra personale fu allestita nel 1961 a Roma.

Ligabue: l’arte e i dipinti

Il corpus dei dipinti di Antonio Ligabue è costantemente dominato dall’esplorazione del conflitto, o meglio dall’ineludibile necessità della sopraffazione: è’ una poetica del contrasto, ringhiosa, ruvida, e priva di slarghi nei quali tematicamente si riaffaccia lo spazio della conciliazione.

Esistono certamente opere naif dedite alla narrazione di pomeriggi inoltrati e d’atmosfere appagate dalla giusta stanchezza d’uomini e d’animali: ma questi episodi di pittura convenzionale -nel senso di un’aderenza stretta a modalità espressive e stilistiche stereotipate- sono numericamente limitati nell’artista di Gualtieri: perché i quadri di conflitto, sfida, sopraffazione risultano invece preponderanti nel corpus di quest’artista ruvido e violento, ma di certo non incolto sotto il profilo figurativo, giacché echeggia nella sua opera la ricordanza di un lontano incontro con la pittura gotica, con Pisanello, forse, e poi, gran salto, con i Fauves e con lo stesso Van Gogh. Tutto straordinariamente riprodotto da quest’artista che si incarna, attraverso la pasta unta della pittura, in ogni animale dominante attraverso l’invasamento che lo porterà ad essere coincidente, punto su punto, con l’affollata galleria del suo bestiario

Nel 1963 fu poi la volta di una grande antologica, ma oltre ad essere rimasto vittima di una paresi (in seguito ad un incidente in moto, sua grande passione), all’età di 65 anni morì dopo aver chiesto di essere battezzato e cresimato. Fu sepolto a Gualtieri, paese dove era soprannominato, nel dialetto locale, Al Matt (il matto) o Al tedesch (il tedesco). All’indomani della sua morte gli venne dedicata una retrospettiva nell’ambito della IX Quadriennale di Roma.

Ligabue: l’evento

Le due puntate (sulle tre complessive) dello sceneggiato biografico targato RAI sono state proiettate venerdì 6

aprile presso l’istituto Scientifico Galiei: la dirigente Teresa Goffredo ha introdotto quindi sia  Cimmino e Iacopetta, che hanno ricordato ai ragazzi intervenuti che dal 10 al 12 aprile, presso l’associazione Samarcanda, sarà possibile assistere all’esposizione di un autoritratto di Ligabue, alcune sue punte secche, ed indumenti intimi; sia il critico cinematografico e direttore del Lamezia Film Fest GianLorenzo Franzì, che ha ampiamente parlato dell’opera televisiva e della complessa e affascinante quanto cupa e solitaria vita dell’autore.

Lo sceneggiato LIGABUE sarà proiettato ancora sabato 7 aprile presso l’Istituto Tecnico De Fazio: mentre dalla prossima settimana, tutti gli studenti degli istituti coinvolti potranno assistere alla mostra e ascoltare le parole della famiglia Caleffi per capire ancora meglio l’arte e la tragedia di Antonio Ligabue.

Valentina Arichetta

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