Associazione Calabria Sociale sulla morte dell’ambasciatore
3 min di lettura“È il momento di porre fine a questa situazione sempre più tragica e intricata, di pretendere il rispetto e la tutela dei nostri rappresentanti, troppo abbandonati al caso” afferma in una nota, Gianfranco Turino
Comunicato Stampa
Una giornata come tante in quell’Africa ricca di tutto ciò che il sottosuolo offre a livello minerario, ma povera di sicurezza della vita, di sociale e mancante di ogni tipo di benessere, dall’acqua al pane, un continente che attrae chi sente la magia di un mondo diverso. Ma nell’insieme di un ovattato romanticismo, capace di fare la fortuna di grandi scrittori, esiste il terribile lato negativo, delle guerre tribali e i massacri d’ogni genere; in uno schiavismo ributtante che travolge tutto e tutti, costringendo la gente, stremata, ad un esodo alla ricerca di sé stessi.
L’Italia, con le forze dell’ONU, è presente sullo scacchiere mondiale, per il suo buonismo umanitario, ha pagato e continua a pagare, in termini di uomini e mezzi, un prezzo elevato per tentare di far mantenere la pace. Un attimo scolpito nel pensiero e nella coscienza di coloro che credono nei valori di Patria e onore, per restare gli alfieri di un dialogo di assistenza agli inermi in qualunque parte de mondo. Gli ultimi eventi, quelli che hanno portato alla morte del nostro ambasciatore nella Repubblica del Congo, Luca Attanasio, del carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci e dell’autista congolese Moustafà Milambo, non possono passare nel silenzio, era il nostro ambasciatore, la linea diretta dell’Italia, la voce della nostra nazione in quell’Africa piena del bollore omicida di gente che appartiene ad etnie diverse, che non sono soggetti a nessuna autorità superiore. Un attentato, panificato e consumato senza ostacoli, anche per la mancanza di un maggiore numero di componenti della scorta che, in precedenza, pur richiesti, erano stati rifiutati. La risposta della politica di oggi, quella partitica, preferisce il più profondo silenzio, subendo fatti e atti come questo, che non succedono però ai rappresentanti di altre nazioni. Evidentemente noi siamo considerati i reietti dello scacchiere mondiale, buoni solo per recitare la parte di secondo piano ed essere, carne da macello.
È il momento di porre fine a questa situazione sempre più tragica e intricata, di pretendere il rispetto e la tutela dei nostri rappresentanti, troppo abbandonati al caso, la dove un qualunque evento ci costringe a vedere altre vittime. Dopo questo ultimo attentato emergono dalla memoria episodi dolorosi che non si possono dimenticare, uno è datato 11 novembre 1961. Dai ricordi di quel tragico giorno spunta un nome: Kindu, uno sperduto villaggio dell’ex-Congo Belga, (la signora Cecilie Kyenge dovrebbe conoscere quel luogo, è dalle sue parti) due equipaggi Italiani (13 avviatori) con il simbolo tricolore sulle ali e fusoliera, lo scudetto con la scritta Italia sul petto, dopo essere atterrati, con il loro carico (non erano armi), decisero, prima di ripartire, di andare a consumare un pasto nella locale mensa dell’aeroporto, erano disarmati. Furono scambiati per Belgi, aggrediti e massacrati. C’è, inoltre, l’immagine di Nassiriya del 12/11/2003, dove un camion bomba venne proditoriamente lanciato contro le nostre postazioni, nella deflagrazione persero la vita 19 italiani (12 carabinieri, 5 militari di altra arma e 2 civili). Le medaglie d’oro alla memoria non riportano in vita, lasciamo esclusivamente il dolore della famiglia.
Mi sia permesso un appunto, come mai la signora Boldrini non si è inginocchiata in parlamento, assieme ai suoi del Leu, per onorare la memoria dell’ambasciatore Attanasio, del carabiniere Iacovacci e dell’autista congolese Milambo?
Guardiamo avanti, riprendiamoci il rispetto che ci spetta, rilanciamo la nostra nazione e chi ci rappresenta, in questi focolai di morte dove l’umanità e la civiltà sono solo optional che cedono il passo alla violenza e alla furia tribale.