L’associazione Le Città Visibili in visita a Verzino
5 min di letturaDopo un percorso all’interno del Marchesato, tra le tipiche dune collinari dell’alto crotonese e i vigneti, uliveti e frutteti intervallati da zone argillose e brulle, giungiamo a Verzino (incluso nella Tappa n. 20 del Cammino Basiliano)
A darci il benvenuto il dottor Domenico Grande, appassionato e studioso di storia locale, motore pulsante della valorizzazione, riscoperta e promozione del territorio di Verzino, Angelo Maiorano, Raffaele Testa e Antonio Biafora, presidente della Verzino Adventure.
Iniziamo la nostra intensa giornata con la visita al Palazzo Ducale, costruito, come ci racconta Domenico Grande, nel XVII secolo (una recentissima scoperta data l’inizio dei lavori di costruzione nel 1671) da Leonardo Cortese, probabilmente un capitano di ventura romano; oggi, dopo una serie di rifacimenti, è sede degli uffici del Comune, della Biblioteca e di diverse associazioni sportive e culturali.
Il palazzo fu abitato da diverse famiglie: Cortese, Barberio-Toscano e, infine, gli Anania che lo hanno venduto al Comune. Domenico ci mostra il cortile e la scalinata che conduce al piano superiore tramite un portale in pietra, finemente decorato da scalpellini locali, come tutti gli altri che vedremo all’interno del paese. Ci illustra la storia del palazzo e al contempo la storia locale, segnata da lotte di potere e rivolte contadine.
Entriamo, poi, nella Chiesa di S. Maria Assunta, costruita nel XVII secolo da maestranze locali; una lapide posta all’interno ci spiega che, nel 1686, il vescovo di Cerenzia e Cariati, Monsignor Gerolamo Barzellino, fece abbattere la vecchia chiesa, nata su un “alto e precipitoso clivo” ed edificò questa “in un luogo pianeggiante”. Per la nuova costruzione venne riutilizzato il materiale del tempio sacro demolito.
Proseguendo nei vicoli, notiamo una scalinata con i versi di una canzone dialettale, “Luna, lunella”, composta da Checco Manente, noto autore della televisione italiana, che ha sempre mantenuto un forte legame col suo paese natio che gli ha dedicato anche alcuni murales. Imbocchiamo, a questo punto, il sentiero che ci conduce all’abitato vecchio, una zona già popolata in tempi preistorici, come testimoniano reperti dell’età della pietra rinvenuti nei dintorni. Alcuni l’identificano con l’antica Vertinae, edificata dagli Enotri o da Filottete, eroe greco che, secondo una leggenda, dopo la caduta di Troia, giunse in questa zona e fondò assieme a Chone, altri piccoli centri tra cui Vertinae. Di ciò si trova un riferimento negli scritti dello storico greco Strabone. Intorno al 500 a.C. Verzino passò dalla dominazione dei Sibariti a quella dei Crotoniati, che “sfruttarono le miniere di ferro, di zolfo e d’argento… cave d’alabastro e una sorgente d’acqua sulfurea ivi esistenti”.
I Verzinesi vivevano in grotte, collegate da piccoli sentieri, e questo suggestivo insediamento scavato nella roccia fu anche antica dimora dei monaci basiliani.
Conclusa la visita a Verzino, ci incamminiamo nel verde, verso il fiume Vitravo, che scorre creando percorsi di acqua purissima con cascate e piscine naturali incantevoli. Prima di scendere verso la radura in cui si sta allestendo il nostro pranzo all’aperto, il signor Pietro Bevilacqua, dell’omonima azienda, ci offre una degustazione dei suoi prodotti, formaggi e miele, che apprezziamo in massa; giunti, poi, nel punto stabilito, un gruppetto di arditi si cimenta in un’escursione entusiasmante e avventurosa nelle acque del fiume, mettendo alla prova il proprio coraggio, l’equilibrio, la capacità di superare gli ostacoli e la voglia di avventura.
Al loro rientro, pranziamo al fresco dei faggi e del rigoglioso verde (grazie ai Caccia chef, capitanati da Lino Levato, che ci hanno preparato succulente pietanze e libagioni) e concludiamo l’escursione nel Marchesato con una visita al Santuario della Madonna della Scala, nel territorio di Belvedere di Spinello.
All’ingresso del paese ci accolgono Angela Costa e Angela Oliverio, della Proloco. Per giungere con il pullman al Santuario attraversiamo il paese, che sta allestendo luminarie e stand gastronomici per la Festa dell’Assunta, creando non poco scompiglio, dovendo passare tra i vicoli col nostro imponente mezzo. Tutti si mostrano disponibili e collaborativi e riusciamo a raggiungere la nostra meta.
Le nostre guide ci raccontano della realizzazione del bellissimo parco creato da poco per inserire in una splendida cornice la Chiesa della Madonna della Scala, bellissimo edificio del XVIII secolo, costruito interamente in pietra locale, nei pressi del quale si trova una meravigliosa quercia secolare che troneggia fiera con i suoi 20 metri di altezza. La vallata circostante ci offre un panorama, in cui individuiamo Santa Severina e Strongoli, che comprende le varie vie che portano dalla marina alla Sila.
Il pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Scala è una tradizione antica e la devozione dei fedeli, anche dall’estero, ha consentito la ristrutturazione della Chiesa e la realizzazione di questo spazio suggestivo, che induce alla meditazione e alla preghiera e costituisce un punto di incontro e di condivisione. All’interno della Chiesa si trova la Statua col Bambino in braccio, scultura sacra e miracolosa su cui aleggia una leggenda, molto cara ai fedeli, e che Angela ci racconta.
Un pastore di S. Severina aveva perso dei buoi e, cercandoli, incontrò, nei pressi della chiesa attuale, una giovane bellissima che gli indicò dove ritrovarli. Il pastore, colpito dalla bellezza della ragazza, la rapì, fuggendo con lei a cavallo. Mentre attraversavano il fiume Neto, la giovane perse un sandalo e vaticinò che il fiume avrebbe preso una vita per sé ogni anno. Giunta a S. Severina, la ragazza fuggì e, inseguita, andò a rifugiarsi tra i rami di una quercia accanto al posto in cui venne rapita, dove, vistasi scoperta, si tramutò nella statua intorno a cui venne costruita la chiesa.
Ancora oggi si rispetta l’inamovibilità e l’intoccabilità della statua. Dopo il racconto, ci spostiamo presso il Romitorio basiliano della Madonna della Scala, di cui l’area crotonese pullula; formato da una grotta scavata in una roccia calcarea, compatta e dura, è affiancata da una chiesetta sepolcrale, risalente al IX-X secolo. Le caratteristiche richiamano le laure utilizzate dagli anacoreti che perseguivano la penitenza, l’isolamento e la preghiera e documentano il monachesimo italo-greco che tra il VII e il X secolo ha interessato il Sud Italia.
Con la visita a questo luogo magico, immerso nella bellezza della natura e nell’incanto di atmosfere cariche di suggestione, si conclude la nostra giornata.