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Assoluzione piena per l’imprenditore Azzarito di San Pietro a Maida

3 min di lettura

Si e’ conclusa con l’assoluzione piena l’odissea giudiziaria di Domenico Azzarito e della Gatim

Si è conclusa positivamente l’odissea giudiziaria di un noto imprenditore del Lametino e della fabbrica da lui amministrata.

La Corte d’Appello di Lecce ha definitivamente assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”, Azzarito Domenico (53 anni) di San Pietro a Maida (CZ) e la Gatim s.r.l., che ha sede e stabilimento nella Zona Industriale Benedetto XVI di Lamezia Terme, dopo dieci anni di angosce e tribolazioni, dopo l’arresto, il sequestro e la successiva confisca dei beni aziendali, dopo quattro processi (compresa la Cassazione).

Azzarito Domenico – che era difeso dagli avvocati Francesco Bevilacqua e Mario Murone – era stato tratto in arresto all’alba del 6 dicembre 2011 dagli agenti della Guardia di Finanza nell’ambito di un’operazione della Procura della Repubblica di Lecce volta a reprimere quella che era parsa agli inquirenti una vasta associazione per delinquere in cui erano coinvolti imprenditori, aziende (sulla base della L. 231/2001 sulla responsabilità penale degli enti), spedizionieri e doganieri di tutt’Italia, volta, secondo l’accusa, all’esportazione illecita di rifiuti verso stati esteri non autorizzati a riceverli, fra cui il Vietnam, da vari porti italiani. In particolare all’Azzarito erano contestate una serie di spedizioni via nave di triturato di gomma, la materia che la Gatim ricava – fra le poche aziende ecologiche della filiera del riciclo nel Sud Italia – dalla lavorazione dei pneumatici fuori uso e che viene utilizzata sia come combustibile nei cementifici che come componente di pavimentazioni stradali e molto altro ancora.

L’accusa era risultata altamente infamante per l’Azzarito e la Gatim proprio per la loro qualità di soggetti economici impegnati in uno dei settori chiavi dello sviluppo sostenibile che oggi abbiamo imparato a definire “transizione ecologica” per via dell’apposito super-ministero che il presidente del consiglio incaricato pare si appresti ad istituire.

Il 24 dicembre dello stesso anno, l’incensurato imprenditore fu scarcerato per ordine del Tribunale del Riesame di Lecce che riconobbe insussistenti i gravi indizi di colpevolezza rivolti all’Azzarito ed alla Gatim s.r.l.

Nonostante ciò, il GIP (in sede di giudizio abbreviato), prima e la Corte d’Appello poi, ribaltando nuovamente l’interpretazione dei fatti fornita dal Tribunale del Riesame, condannarono l’Azzarito e la Gatim procedendo alla confisca dei beni aziendali (che però ha potuto continuare ad operare). Sino a che la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, rinviando alla Corte d’Appello per una nuova valutazione dei fatti, ma tracciando con chiarezza la via che ha infine portato alla completa assoluzione degli imputati.

Dell’originario impianto accusatorio della procura nell’intera operazione è rimasto in piedi ben poco e quel poco riguarda solo gli spedizionieri e le autorità doganali che “dirottavano”, all’insaputa e contro la volontà di gran parte degli imprenditori coinvolti, i rifiuti dalle destinazioni lecite a quelle illecite. Nel caso specifico dell’Azzarito e della Gatim, fin dalla sentenza della Cassazione è apparso chiaro che l’azienda era in possesso di tutte le autorizzazioni del caso, che l’Azzarito aveva puntualmente chiesto ed ottenuto i permessi per le esportazioni e rispettato le stringenti norme del settore e finanche che l’imprenditore, in diverse intercettazioni telefoniche – mai valorizzate né dalla Procura, benché da essa stesse raccolte, né dai giudici delle prime due sentenze di condanna – si era dichiarato assolutamente indisponibile ad inviare il triturato di gomma prodotto dalla Gatim verso destinazioni illecite.

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