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Augusto Daolio, un ricordo a settant’anni dalla nascita

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Se oggi fosse stato in vita, Augusto avrebbe festeggiato assieme alla sua band e alle tre generazioni dei suoi fans, i suoi 70 anni. Invece la vita, con le sue scelte a volte incomprensibili, lo ha strappato troppo presto dal suo pubblico. Parliamo di Augusto Daolio (18 febbraio 1947-7 ottobre 1992) co-fondatore e voce storica della band più longeva d’Italia, i Nomadi.
Nato nella bassa padana, Daolio fin da giovanissimo si avvicina alla musica in forma sperimentale, senza corsi o scuole specifiche. Si esibisce nelle balere della costa romagnola cantando le canzoni inglesi tanto in voga in Italia a metà anni ‘60. Qui, una sera, incontra un sedicenne, Beppe Carletti, col quale inizierà un sodalizio umano ed artistico che durerà trent’anni.
Con la fondazione de i Nomadi (1963), Augusto si fa conoscere per le sue canzoni impegnate, che mandano messaggi ben precisi, mai banali e soprattutto sempre attuali. Con la collaborazione del cantautore bolognese Francesco Guccini, i Nomadi si faranno conoscere al grande pubblico con canzoni divenute immortali quali Dio è morto, Noi non ci saremo, Un giorno insieme e tante altre. Nel 1972 uscirà Io Vagabondo, che dal quel momento diverrà la bandiera artistica ed esistenziale del gruppo.
augusto daolioIl carisma, l’affetto reciproco fra il leader della sua band e il pubblico non verrà meno neppure negli anni ‘80, quando la band sarà in pratica snobbata da tutte le maggiori major discografiche italiane.
Sopravvissero cantando alle feste dell’Unità o a quelle di paese, elemento questo non di debolezza ma di forza per questa band che della semplicità ne ha fatto sempre un cavallo di battaglia. Finalmente nel 1989 la band si riprende, ritornando a essere nuovamente apprezzati da un pubblico più vasto grazie alla pubblicazione di nuovi CD e nuovi brani (ricordiamo fra tutti Gli Aironi neri).
Ma proprio quando le cose stavano per ingranare nuovamente, ecco che Augusto sta male. Portato in ospedale a Reggio Emilia, viene comunicato al suo migliore amico Beppe Carletti e alla sua compagna di vita che ha un tumore ai polmoni irreversibile. Decidono di non dirgli nulla, e di continuare i concerti fin quando non fosse giunto alla fine.
Purtroppo la salute di Augusto avrà un tragico peggioramento quando il 14 maggio 1992 morì per un incidente stradale il membro più giovane della band, Dante Pegreffi, mentre tornava a casa, lui che Augusto amava come un figlio mai avuto. Ad agosto 1992 Augusto è stremato, non è più in grado di cantare.
Morirà ad inizio ottobre, all’improvviso. Beppe Carletti farà in tempo per vederlo morire. Al suo funerale parteciparono circa 20 mila persone, fra essi star della musica leggera internazionale quali Ligabue e Zucchero. Da quel giorno la sua tomba è meta di “pellegrinaggi laici” da parte di migliaia di fan che la ricoprono di fiori e bigliettini. Beppe Carletti pensò che morendo Augusto la storia dei Nomadi fosse finita, invece non andò così.
Grazie alle migliaia di lettere ricevute dai fan, Carletti trovò la forza di continuare, cosicché si potesse ricordare ancora Augusto tramite le canzoni. In sua memoria ogni anno dal 1993 c’è una due giorni a Novellara (RE), sua paese natale, chiamata Tributo ad Augusto dove sono presenti le mostre dei suoi quadri (era infatti anche un discreto pittore, nonché poeta), esibizioni di cover band ufficiali dei Nomadi, due concerti dei Nomadi e la premiazione di una personalità famosa, amica della band, il cui dono in denaro è donato poi dall’artista per fare beneficienza.
Esiste anche una fondazione, Augusto per la vita, presieduta dalla compagna di Augusto Daolio, Rosanna Fantuzzi, che ogni anno dona un assegno, frutto di donazioni spontanee, per sostenere giovani ricercatori che studiano per sconfigger tumori e cancri.
Augusto quindi è solo morto fisicamente, ma non nel ricordo, il quale sembra che più anni passino e più forte rimane.
Nessun fan dei Nomadi non conosce Augusto e non ne apprezza la voce inconfondibile, la dolcezza, il carisma che si può sentire nei tanti video che lo hanno ripreso, il suo grande amore per la vita, l’amore per la bellezza e per le cose semplici che traspare nelle risposte che forniva ai giornalisti quando gli chiedevano chi fosse e chi fossero i Nomadi.

Matteo Scalise

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