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Autorità idrica a ritmo serrato. Ma per cambiare cosa?

3 min di lettura

A ritmo serrato. Così, con questi termini che risultano involontariamente ironici il Presidente dell’AIC Marcello Manna annuncia che, ad oltre tre anni dall’istituzione dell’Autorità Idrica Calabria, si sta giungendo a definire la forma di gestione del servizio idrico regionale

Comunicato Stampa

Manna ha annunciato che le relazioni commissionate a noti studi professionali, su cui basare la scelta, giungeranno a brevissimo. A giudicare dalle dichiarazioni rilasciate da politici di diversi schieramenti, però, i giochi sembrano quasi fatti. È stato in particolare l’ex commissario liquidatore della Sorical per la parte pubblica Luigi Incarnato a dettare la linea. Egli ha ribadito che sì, la gestione dovrà essere a controllo pubblico (del resto, quale privato sarebbe disposto ad accollarsi la situazione di caos attuale?), ma non troppo, riportando vari esempi tra cui quello dell’Acquedotto Lucano, una SpA a capitale pubblico (comuni e Regione). L’in-house non va bene, perché la nuova società non avrebbe i capitali per affrontare la fase iniziale, rischiando di compromettere il sistema. La soluzione c’è già, e il suo architrave è la Sorical. There is no alternative, direbbe qualcuno.

Anche con questa nuova configurazione però il sistema avrebbe bisogno di una ulteriore messa a punto. Resterebbe infatti il solito problemino legato a quelle amministrazioni comunali, che in un sistema di fatto ancora non unitario potrebbero ostinarsi, a torto o a ragione, a non pagare il dovuto (per non parlare di quei pochi impavidi comuni che rifiuterebbero di entrare nella nuova società). Ricomincerebbe il balletto delle responsabilità e la stucchevole consuetudine della riduzione della fornitura ad intere comunità. La questione si risolverebbe solo se la nuova SpA entrasse fin dentro le reti comunali. Del resto, le competenze e le disponibilità finanziarie degli enti comunali sono state scientemente ridotte al lumicino al termine di un lungo percorso, non di rado con la inconsapevole complicità di questi stessi enti. E se questo passo dovesse rivelarsi troppo complicato o difficile, sarebbe sufficiente allora controllare il servizio di bollettazione. Scavalcare l’ente comunale per farsi pagare. Così da rendere efficiente e remunerativa la SpA, pronta sì in quel caso ad essere affidata, eventualmente, ad un privato.

Per i movimenti, acqua bene comune vuol dire gestione pubblica (azienda speciale), trasparente e partecipata, non gestione distante dai cittadini ed affidata a meccanismi di mercato dove le comunità locali, soprattutto quelle più piccole, di fatto non hanno possibilità concreta di incidere e scegliere. Anche in un contesto storico non favorevole, è necessario rendere protagonisti i Comuni, favorendo assunzione di responsabilità e competenze (ad esempio, perché non trasformare i debiti verso Sorical in risorse da destinare obbligatoriamente al miglioramento della rete di distribuzione locale?), e soprattutto lavorando a sistemi non mastodontici, che non inseguano il mito delle economie di scala, con cui i cittadini possano realmente confrontarsi e, nel caso, reclamare.

A noi cittadini, in varie forme associate, il compito di vigilare, alle istituzioni il compito di operare. Vedremo se si giungerà ad una soluzione che vada davvero nel senso del referendum del 2011. Anche se a ritmo lento, ci andrebbe bene lo stesso.

Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “Bruno Arcuri”

 

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