Baretta (Calabria Libera): operazione Waste Water scoperchia ‘vaso di Pandora’
5 min di letturaCon l’operazione Waste Water è venuta alla luce finalmente una delle principali cause dell’inquinamento che affligge il golfo di Sant’Eufemia ovvero “lo smaltimento illecito dei rifiuti speciali industriali, in uscita dall’impianto di trattamento dello stabilimento Ilsap”
Comunicato Stampa
Inquinamento denunciato in modo sistematico dalle varie associazioni di volontariato che si occupano di tutela dell’ambiente e che direttamente con il loro lavoro ed impegno fanno di tutto per salvaguardare il nostro bistrattato territorio.
L’associazione Logos & Polis della quale mi pregio di essere membro fondatore, in collaborazione con le associazioni Costa Nostra di Curinga, Lamezia Rifiuti Zero e Compagnia di via Bologna di San Pietro a Maida ed il supporto di Legambiente, nel giugno 2019, ha organizzato una raccolta di rifiuti sulla spiaggia di San Pietro Lametino. E, connesso all’iniziativa sul litorale, anche un convegno sulla tematica “ Ambiente e salute”.
In quell’occasione io stessa ho fatto un video-denuncia in cui ho ripreso i liquami versati nel mare ed in particolare il ritrovamento di un fusto pieno di olio esausto sulla spiaggia. Situazione di grave criticità che naturalmente ho comunicato alle autorità competenti.
Durante la pulizia della spiaggia, in quell’occasione, oltre alla raccolta della plastica e dei vari rifiuti abbiamo rilevato la presenza di rifiuti ospedalieri in particolare siringhe e micro aghi per insulina, probabilmente riconducibili ai rifiuti illeciti interrati nella piana e venuti alla luce a seguito delle inondazioni.
Quella della zona industriale di Lamezia Terme è una di quelle storie di infinita nefandezza, iniziata nei lontani anni 70. Per capire la situazione attuale dobbiamo ritornare indietro nel tempo e ricordare lo sviluppo degli eventi.
Negli anni Sessanta-Settanta in seguito all’approvazione della nuova legge per il Mezzogiorno, governo e imprese private diedero corso a quella che fu battezzata “terza fase dello sviluppo meridionale”. Dilagarono insediamenti, molti dei quali non entrarono mai in funzione uno di questi fu collocato proprio nella Piana di Sant’Eufemia nell’attuale zona industriale di San Pietro Lametino sotto il nome di Sir (Società Italia Resine). Un piano fallimentare già sulla carta che porta la firma di Rovelli.
L’enorme complesso chimico costruito e mai entrato in funzione, costato al governo dell’epoca ben 230 miliardi di vecchie lire per la realizzazione dell’intero complesso, avrebbe dovuto portare oltre 2300 posti di lavoro.
Per la realizzazione dell’area industriale vennero espropriati circa 400 ettari di terreno già utilizzati per una fiorente attività agricola. Venne così realizzata quella che fu definita una delle” cattedrali del deserto “di cui la politica di sviluppo industriale dell’epoca è responsabile. Tutt’oggi disseminate sul territorio meridionale, si trovano ‘cicatrici’ devastanti che segnano lo sperpero di denaro pubblico, gli insuccessi e le speculazioni della malapolitica”.
Fu eretto il pontile Sir che però non entrò mai in funzione, abbandonato negli anni ad una lunga agonia di autodistruzione e simbolo della incapacità e corruzione di una classa politica che ha pensato ai propri interessi sulla pelle della popolazione e sulla devastazione ambientale, arricchendo solo le tasche degli imprenditori del nord a scapito dei territori del sud e della popolazione del meridione.
Quella della Sir non è purtroppo, la sola storia triste del nostro territorio calabrese, pensiamo al quinto centro siderurgico di Gioia Tauro e alla Liquichimica di Saline. Tutte opere realizzate e mai entrate in funzione.
Gioia Tauro venne in seguito designata come sede di una nuova centrale elettrica Enel a carbone, anch’essa mai realizzata. L’area portuale, fu infine ridestinata a grande porto commerciale.
La Sir fu un progetto inserito in un piano di interventi straordinari del governo di allora, passato alla storia come “il pacchetto Colombo” contenente qualcosa come due mila miliardi di lire per la Calabria. Disposto dall’allora ministro dell’Industria Emilio Colombo che avrebbe dovuto segnare la svolta della nostra regione, e che fu invece un misero fallimento.
Tornado alla zona industriale di Lamezia Terme ed alla situazione attuale, l’aria di circa mille ettari ospita una serie di imprese attive e molti altri capannoni costruiti con i finanziamenti a fondo perduto e mai entrati in funzione. Attualmente è un insieme disorganizzato di strutture che non hanno un filo logico, considerando la posizione strategica e la centralità del territorio, che prima del devastante intervento umano, era dal punto paesaggistico un paradiso, trasformato dalla cattiva politica e dagli interessi economici di pochi in una discarica infernale.
A questo scempio dobbiamo porre rimedio riconvertendo quanto più possibile le strutture in uso ed in disuso in attività che puntano alla riqualificazione di un territorio troppo mortificato dalla malapolitica che porta la responsabilità di ciò che è accaduto, e continua ad accadere con scelte scellerate.
La riqualificazione della zona industriale del lametino deve avvenire tenendo conto di 3 fattori fondamentali: l’area è una zona a rischio idrogeologico, è una zona che ha dal punto paesaggistico ha delle specie di flora e fauna protette. Inoltre sul piano storico esistono nella piana dei reperti archeologici di una valenza importantissima per la nostra terra.
Oggi vediamo riconvertite alcune strutture presenti nell’area ad utilizzi diversi da quelli pensati in origine, come il centro di riabilitazione e l’aula bunker del processo Rinascita Scott. Alla classe politica che verrà eletta nelle prossime elezioni regionali spetta il compito di risanare gli errori fatti finora con scelte ponderate, dalla visione lungimirante.
È necessaria una prospettiva concreta e mirata di riqualificazione dei vari territori deturpati in tutta la regione, tenendo conto della vocazione naturale degli stessi e non degli interessi e delle tasche dei pochi.
Iolanda Baretta
Calabria Libera con Carlo Tansi