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Bartali e Beha al Sabato del Villaggio

3 min di lettura

Arrivo in teatro ancora vuoto, sono in anticipo di un’ora, prima che inizi a parlare Oliviero Beha di Gino Bartali.
Due uomini con carattere, diversi fra diversi, per caratteraccio.

Bartali, un carattere generoso, Beha,  estremamente viscerale e polemico verso tutte le sciocchezze che impediscono lo svelamento di ipocrisie. Sarà di sicuro una serata che non scorderò- mi appunto.
Oliviero Beha e i diversi. Il cattivo carattere che è personalità. Via dalla Repubblica, rompeva un po’, ora sul Fatto Quotidiano e poi anche su Tiscali.
Ci fu un giorno in cui io ed Oliviero Beha siamo apparsi sulla stessa pagina Tiscali, Socialnews, entrambi come blogger. Una staorzante sensazione.
Una sola volta è per sempre.
Fra diversi, nel mondo dei giornalisti veri, io, da semplice lettrice di pagine che so a memoria.
Con la stessa impazienza, con cui ho sempre aspettato ogni articolo dei miei giornalisti di riferimento, attendo stasera e, per puro caso, lo incontro sulle scale.
Raffaele Gaetano me lo presenta e mi informo del suo ginocchio, dell’intervento subito da poco tempo, come due amici che si ritrovano.
Inizia
Siamo invasi da ciò che non va, sappiamo tutto il male che succede, ma non sappiamo nulla sul bene. Cosa sia il bene, esiste il bene, ci saranno pur tante persone che vivono nel bene, che vogliono il bene. Nessuno ne parla.- inizia così.
Ho quindi voluto raccontare di Bartali, che fa azione disinteressata, di aiuto verso gli ebrei, durante la seconda guerra mondiale, una pericolosa corsa in bicicletta, contenendo documenti, da Firenze a Cesena, andata e ritorno in un solo giorno, azione fatta come un dono. Ha donato la sua abilità per una causa di umanità.
Stendhal diceva che dei romanzi non ricordiamo la trama ma il carattere dei personaggi e così io ho voluto ricostruire il personaggio di Bartali, che in realtà non raccontò quello che aveva fatto, perché tutti possano immedesimarsi in un personaggio positivo e desiderare di esser come lui. Un esempio.- dice Beha.
Trascrivo veloce solo alcuni passaggi. Io solo appunti prendo, ed ora vedo, visualizzo quel segno della croce che Bartali si fa sul podio, dopo aver vinto il Tour de France in epoca fascista.
Un Bartali religioso, non baciapile, lontano da qualsiasi potere, un uomo libero, che a riguardo di Coppi ebbe a dire:- La differenza fra me e lui è che lui è democristiano ed io sono cristiano!-

Visualizzo ogni parola di Beha e sono con lui nei luoghi in cui ha vissuto Bartali perchè i luoghi parlano, gli oggetti parlano, i cimiteri parlano, in un animismo che non abbiamo mai perso se sappiamo vederlo e sentirlo.
Soffia l’interesse nel meme della comunicazione fra cose, natura e uomini e rintracciamo le tracce di chi passò, di chi c’è stato. Orme sul terreno.
Se non sappiamo chi siamo non possiamo decidere dove andare, e ripenso a Totò, per andare dove dobbiamo andare…
per progettare dobbiamo conoscere chi siamo.
E mentre Oliviero Beha qualifica come  spazzatura una televisione che io non vedo da decenni, tanto da non conoscere la giornalista che verrà la prossima volta, mi dicono di Porta a Porta, altra aberrazione da cancellare… lui se ne esce con questa splendida frase sull’allegria.
Abbiamo bisogno di allegria.
Come in Cile, ricordi Beha? si vinse con L’allegria.
L’allegria che viene
De vito
ed ora facciamo suonare a  De Vito una musica che ci porti via dal piattume e dallo sfascio.
Oltre suona questo ragazzo, che ci dona la sua abilità.
In armonia,  per ritrovare quell’equilibrio che impedisca al piano inclinato di farci scivolare sempre più giù, in una disfatta storica che dalla  seconda guerra mondiale portiamo come una croce, scende il rispetto che dobbiamo a noi stessi. Da  Beha a noi, da Simenon a Mankell.

Ippolita Luzzo

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