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La battaglia di Caporetto, cronaca di una epocale sconfitta

4 min di lettura
Caporetto, la disfatta

Sono trascorsi cento anni dalla sconfitta subìta dal Regio esercito italiano da parte degli austriaci nella battaglia di Caporetto, paese situato sulla valle dell’Isonzo e oggi appartenente alla Slovenia, durante la Prima guerra mondiale. Una battaglia cominciata il 24 ottobre 1917 e conclusa il 12 novembre con una sconfitta così devastante e memorabile per il Regno che dire “È stata una Caporetto” ancora oggi rappresenta un avvenimento molto grave, sinonimo di una débâcle su tutti i fronti. Ma andiamo con ordine nel narrare come si svolsero i fatti.

Prima della battaglia di Caporetto, l’inizio del conflitto mondiale

Siamo nel quarto anno di guerra, di quel gran conflitto scoppiato il 28 giugno 1914 con l’assassinio a Sarajevo dell’erede al trono austro-ungarico Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia a opera dell’anarchico Gavril Princip e passata alla storia come la Grande guerra.

L’Italia non entrò nel conflitto nel 1914, bensì un anno dopo, poiché nel frattempo decise di cambiare alleanza internazionale e dalla Triplice Alleanza, siglata nel lontano 1882 con Austria e Germania, si alleò, in gran segreto, nel 1915 con la Triplice Intesa formata da Francia, Inghilterra e Russia.
Questo cambio di alleanza fu giustificato da due ragioni: la conquista delle terre irredente di Trento e Trieste mantenendo la neutralità e la volontà di finire una innaturale alleanza con quell’Austria che non aveva intenzione alcuna di cedere le terre irredente all’Italia. Gli italiani, il parlamento e il governo erano per la neutralità, ma ben presto scoppiò il dibattito sulla necessità di entrare in guerra, fra gli interventisti (che contavano i futuristi di Marinetti, il poeta Gabriele D’Annunzio e i nazionalisti) e i neutralisti (cattolici, liberali e Giovanni Giolitti, che a marzo del 1914 aveva concluso il suo quarto mandato da Presidente del Consiglio dei ministri).
I primi, nonostante minoritari, riuscirono a convincere le masse della necessità di entrare in guerra. Ciò costrinse il governo, la Corona e il parlamento all’ingresso nel conflitto bellico: era il 24 maggio 1915.

La battaglia di Caporetto

Il fronte italiano fin dall’inizio si riversò al confine con l’Austria, sferrando una serie di attacchi allo scopo di far ripiegare gli austriaci, offensive che da subito si rivelarono inutili e costarono molte vite umane (circa 35.000 vittime). Così i due fronti si assestarono nelle trincee, iniziando quel conflitto di logoramento e di posizione che allungò i tempi della conclusione di un conflitto che doveva essere una “guerra lampo”.
La situazione del nostro esercito non era delle migliori: male equipaggiato, impreparato ad una guerra di posizione e governato dal generale Luigi Cadorna, il quale, avvezzo alle tecniche militari dell’Ottocento, era incapace di rispondere alle nuove tecniche e armi che avevano fatto la loro prima comparsa in questo nuovo conflitto. La sua tendenza poi a punizioni pesanti e alle fucilazioni di massa per ogni sconfitta subìta non risollevata il morale dei soldati, che già provati dalla dura vita di trincea, non potevano certo avere ancora a lungo voglia di combattere per la patria. Fra il 1915 e il 1916 mentre gli attacchi italiani non sortivano risultati, gli austriaci tramite le “Strafexpedition” (spedizioni punitive in tedesco) pericolosamente s’avviavano a sfondare la nostra difesa. Siamo nel 1917.
In questo stesso anno avvengono due episodi importanti che cambieranno le sorti del conflitto. La Russia esce dalla guerra perché era scoppiata la rivoluzione bolscevica, che fra i suoi primi atti di governo promulgò la resa incondizionata.

Ciò permise uno spostamento di truppe dal fronte russo a quello occidentale, e l’entrata in guerra degli Stati Uniti, che fino ad allora si erano limitati ad un supporto logistico/finanziario soprattutto verso la Gran Bretagna, in seguito all’affondamento da parte di un sottomarino tedesco della nave Lusitania, che aveva a bordo parecchi cittadini di passaporto USA.
Il fronte italiano rimaneva più o meno stabile, e le diverse offensive volte a piegare gli austriaci continuavano ad essere vane.

Trincee battaglia Caporetto

La disfatta

Si giunge così all’ottobre 1917. Gli austriaci decidono di sferrare, con l’appoggio delle truppe tedesche, il più grande attacco mai fatto fino a quel momento e il 24 sfondarono le linee italiane stanziate a Caporetto, sull’Isonzo. Gli austriaci dilagarono in tutto il Nord-Est trovando impreparate le truppe del Regno.
Fu la più grande disfatta nella storia dell’esercito italiano: alla fine della battaglia di Caporetto si contarono 400.000 mila persone fra morti, feriti e profughi. L’esercito italiano, senza ordini precisi se resistere o scappare, cadde allo sbando più totale. Molti soldati tentarono, profittando di questa situazione, il ritorno nei loro luoghi di origine. A Roma il governo aprì la crisi istituzionale e il primo ministro Paolo Boselli fu sostituito da Vittorio Emanuele Orlando. Anche l’esercito decise finalmente di sostituire l’ormai vecchio generale Cadorna con il generale Armando Diaz, che subito cambiò modo di approcciarsi con i soldati, elargendo promesse (comunque mai mantenute), ma facendo sì che le truppe si assestassero compatte sul monte Grappa e lungo il fiume Piave e riuscissero a difendere, questa volta con successo, i confini nazionali.

Matteo Scalise

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