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Beni per 3 milioni di euro sequestrati ad imprenditore

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Operazione dei carabinieri, i sigilli alla società Center Clean

REGGIO CALABRIA.  Beni per circa 3 milioni di euro sono stati sequestrati dai carabinieri a Santo Germanò, imputato e condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi di carcere nel processo “Epicentro” per trasferimento fraudolento di valori.

Reato aggravato dall’aver favorito la ‘ndrangheta e in particolare le cosche Condello e Rogolino.

Su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dei sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto, il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio presieduta da Natina Pratticò.

I sigilli sono scattati per la società “Center Clean srl”, per un immobile sito a Reggio Calabria e per tutti i beni finanziari riconducibili a Santo Germanò e ai componenti del suo nucleo familiare. Nel febbraio 2021, Germanò era stato coinvolto nell’inchiesta “Metameria”, poi confluita nel maxi-processo “Epicentro”, che ha consentito di ricostruire i rapporti della cosca Condello di Archi con imprenditori ritenuti come asserviti totalmente alla ‘ndrangheta.

Nel suo complesso, l’indagine ha portato al sequestro, in varie trance, di oltre 200 beni per un valore complessivo stimato di circa 23 milioni di euro. Per la sezione Misure di prevenzione del Tribunale, “Santo Germanò è un soggetto socialmente pericoloso” in quanto emerge il suo coinvolgimento “nel gruppo criminale dei Condello, federati con la cosca De Stefano”.

“La società di capitali Center Clean srl – si legge nel decreto di sequestro – è da considerarsi impresa mafiosa utilizzata dalla cosca Condello per infiltrarsi nel settore delle pulizie della rete fognaria di Reggio Calabria che si è imposta sul mercato non già per l’abilità imprenditoriale del Germanò né tanto meno dei formali proprietari delle quote Giovanni che non avevano alcun potere decisionale, ma grazie alla sponsorizzazione mafiosa rectius al potere di intimidazione nascente dall’appartenenza all’omonima cosca del Condello che ha utilizzato una fitta rete di relazioni e scambi di favori con autorevoli esponenti della ‘ndrangheta reggina per accaparrarsi i lavori, destabilizzando il mercato e la libera concorrenza”.
(ANSA).

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