Brilli brillante bisbetica
4 min readLamezia Terme, giovedì 19 gennaio 2017 Teatro Comunale Grandinetti. Dopo una mise en scène in versione classica di Re Lear magistralmente interpretato da Giuseppe Pambieri, il ricco cartellone della Stagione teatrale diretta da AMA Calabria propone un secondo appuntamento con il teatro shakespeariano: Bisbetica. La Bisbetica Domata di William Shakespeare messa alla prova. Una rilettura moderna, nella traduzione e drammaturgia di Stefania Bertola, con una brillante Nancy Brilli e una compagnia di artisti talentuosi, regia di Cristina Pezzoli.
Uno spettacolo divertente, con musiche curate da Alessandro Nidi, giocato sul ritmo e sulla contaminazione dei generi che vanno dal balletto classico al rock, dal neomelodico napoletano al rap, dal musical (con reiterati echi di Kiss me Kate di Cole Porter e Jesus Christ Superstar) al cabaret, dalla farsa alla commedia dell’arte con soluzioni interpretative affidate a un décor metamorfico che pur nel rigore e nell’essenzialità delle sue linee si presta ad una geometria variabile.
Bauli a guisa di cubi e parallelepipedi combinati come mattoncini LEGO e interrotti sulle superfici da elementi evocativi a suggerire muri, case, sedili, scalini mentre le luci supreme di Massimo Consoli passano dalle calde e avvolgenti tonalità solari all’algida trasparenza degli azzurri fino alla penombra più cupa. Questo perimetro scenico che è, contemporaneamente, Interno/Esterno è popolato da attori (quelli della compagnia) che diventano personaggi (quelli della commedia shakespeariana) a cui si aggiungono il produttore e la sarta di scena che, in assenza di interpreti, sono costretti a rivestire più ruoli.
Ma l’espediente della metateatralità offre anche lo spunto per più riflessioni: la difficoltà di trovare una lettura teatrale possibile e convincente oggi, con elementi sperimentali di innovazione che non tradiscano lo spirito dell’Autore; l’antica querelle tra “conservatori” e “innovatori” ovvero l’inviolabilità del testo classico e la sua interpretazione nell’ottica di una contemporaneità capace di coniugare, in modo ottimale, istanze, volontà ed esigenze complesse in un fluido meccanismo scenico; il rapporto tra gli attori nel backstage e durante le prove dello spettacolo…
Un doppio livello interpretativo e linguistico sottolineato da uno slipping in/slipping out dei personaggi senza soluzione di continuità.
Effervescente Nancy Brilli, nella doppia veste di Caterina e di capocomico, suo malgrado, della compagnia che, durante le prove dello spettacolo concede agli attori il libero arbitrio di interpretare un testo sacro dissacrandolo mentre la sua Caterina è sgusciante e velenosa come una vipera ma anche tenera e affamata come il monello di chapliniana memoria. In un continuo cambio di abiti ella si impone, dirige, esige ma nel sottofinale, durante la sontuosa scena del banchetto (omaggio opulento, unitamente ai magnifici costumi di scena di Nicoletta Ercole, al teatro elisabettiano) il gioco speculare si complica e, sul finale ella perde la sua baldanza dinanzi ad una finzione che, da regista/capocomico, non sa più manovrare. Vibrante il suo monologo finale.
A far da contraltare alla bizzosa e vezzosa Caterina la sorella Bianca, prima docile strumento nelle mani del padre e poi moglie riottosa nella esilarante e svagata interpretazione di Brenda Lodigiani e la vedovella innamorata di Anna Vinci che si rivela, poi, proterva e poco incline alla sottomissione.
Tenebroso, vigoroso, agile, gran padrone della scena con corpo e voce Matteo Cremon nel ruolo di Petruccio in grado di trasformare la violenza esercitata su Caterina, pur nella cornice divertente e irriverente della commedia, in straripante sensualità, vittima – lui – del turbamento dei sensi che la coriacea Caterina gli ha procurato.
E bravissimi tutti gli altri interpreti maschili. Stefano Annoni (Lucenzio), Gennaro Di Biase (Ortensio), Gianluigi Igi Meggiorin (Grumio), Dario Merlini (Tranio), Federico Pacifici (Gremio).
Lo spettacolo procede a tableaux, con frammenti di copione la cui riduzione drammaturgica tende ad asciugare ogni verbosità dell’epoca per restituirci dialoghi più vivaci in una colloquialità contemporanea su cui si innestano inflessioni dialettali (napoletano, siciliano, pisano), aforismi maliziosi, citazioni colte (Petruccio con una lampada-teschio che si affaccia sul proscenio come Amleto) e allusioni alloggi.
Una doppia anima per questa pièce immersa in una atmosfera quasi rivistaiola (sottolineata nella scena d’apertura da due grandi insegne luminose PIAZZA /PADOVA), disordinata e allegra con gran diletto per il pubblico.
Lunghissimi applausi per tutti.
Giovanna Villella
(foto di scena Ennio Stranieri)