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“Il cacciatore di meduse”, a Bisignano il libro di Ruggero Pegna

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Il cacciatore di meduse, Ruggero Pegna - LameziaTerme.it

Il cacciatore di meduse, Ruggero Pegna

Il 3 agosto

Comunicato stampa:

Ruggero Pegna: Nessuno ha scelto di nascere; né dove, né con quale colore della pelle”

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Il cacciatore di meduse, Ruggero Pegna

“Il cacciatore di meduse”, il commovente romanzo di Ruggero Pegna edito dalla casa editrice Falco, che racconta la storia di un piccolo migrante somalo e dei suoi amici immigrati, rifugiati e miseri di tutto il mondo, continua il suo viaggio, aprendo discussioni e dibattiti sui temi quotidiani di accoglienza, integrazione, razzismo, diritto al futuro di uomini, donne e bambini che lasciano la loro terra, spesso costretti a farlo da guerre, torture, fame e condizioni di vita disumane.

Dopo la presentazione alla Book City di Milano, l’inserimento tra i tredici libri consigliati nel 2017 agli studenti delle scuole superiori dalla World Social Agenda e l’adozione del romanzo in numerose scuole, “Il cacciatore di meduse” sarà presentato il 3 agosto alle 21.30 al Chiostro del Convento di Sant’Umile a Bisignano, in provincia di Cosenza.

Le avventure del piccolo Tajil arrivato a Lampedusa con sua madre e un piccolo Pinocchio di legno, saranno ripercorse insieme all’autore e all’editore Michele Falco, da Rita Elvira Adamo, rappresentante dell’Associazione Culturale Le Seppie, Ornella Gallo, assessore comunale alla Cultura che ha voluto organizzare l’evento, Graziano Fusaro, assessore alla Formazione, Francesco Lo Giudice, sindaco di Bisignano. Modererà Carlo Falco. Sono previsti anche momenti musicali ispirati alla storia del libro, con i musicisti Roberto Musolino e Sasà Cauteruccio. L’ingresso è libero.

Martedì 8 agosto, poi, sarà tra gli ospiti di “Sogni e segni – storie, musica e letture a Sud”, evento organizzato da Concetta Marzano e Francesco Sicari in Piazza Marconi di Briatico, alle 21.30, insieme ad altri ospiti del mondo della cultura.

Tra i vari appuntamenti di “Fatti di Musica”, il suo festival giunto alla trentunesima edizione, Ruggero Pegna si destreggia, così, anche con le presentazioni del suo ultimo romanzo.

Lei è un promoter di spettacoli musicali molto noto e con’attività frenetica. Come concilia le due cose?
“Per scrivere, mi ritaglio spazi anche di notte, con la compagnia discreta della musica in sottofondo. Sono entrambe attività emozionanti, apparentemente inconciliabili. Scrivendo questa storia, mi sono emozionato e commosso molte volte, come nelle precedenti. E questo accade anche a chi si avventura nelle sue pagine. La scrittura e la musica, quando raccontano storie, descrivono e interpretano stati d’animo, arrivano al cuore  e aiutano a star bene!”.

Nei suoi libri affronta temi sociali, come la pena di morte ne “La penna di Donney”, la lotta alla criminalità con la satira in “La pecora è pazza”… Nelle raccolte di poesie parla di esistenza. “Miracolo d’Amore”, in cui parla della leucemia che la colpì quindi anni fa, è un riferimento per malati e familiari. Ora, i temi dei migranti, del razzismo, dell’integrazione…
“Dietro quelli che chiamiamo temi sociali, ci stanno sempre racconti di grande umanità. Anche il libro sulla mia malattia parla di sociale, come la donazione del sangue o del midollo, la solidarietà, la vicinanza a chi soffre. Una storia al limite tra la vita e la morte l’ho vissuta realmente e alla vigilia del mio matrimonio, altre ho provato a viverle scrivendo. Viaggiare in certe storie incredibili vissute da altri, immedesimandoci, permette ad ognuno di entrare nelle pieghe più profonde dell’animo umano, riuscendo a provare forti e inimmaginabili emozioni, condividerne paure e speranze. L’esistenza di ognuno è piena di misteri. Comprendere le situazioni limite delle vite di altri uomini, ci può aiutare a vivere meglio insieme agli altri”.

Difficile promuovere una storia che parla di razzismo e accoglienza?
“Oggi, le principali case editrici prediligono testi di facile consumo, come li definirei, dal gossip alle ricette gastronomiche, dai commissari alle vite di calciatori o artisti. Un libro di quasi quattrocento pagine che parla di migranti e miseri, non trova porte spalancate. Però, la straordinaria accoglienza di questi mesi, in particolare nelle scuole, dimostra che l’importante è che un libro convinca e piaccia, il passaparola può essere più utile del grande investimento di una casa editrice. Poi, bisogna fare i conti con una realtà in cui, purtroppo, il razzismo è ancora presente, Mi fa piacere constatare che i ragazzi, dopo aver letto il romanzo, ne colgono l’umanità dei personaggi, fino a commuoversi.”.

Il cacciatore di meduse è il lavoro che si inventa Tajil per sopravvivere sulle spiagge siciliane. Come nasce questo personaggio?
“Da un incontro reale sulle spiagge di San Vito Lo Capo. L’immagine di uno ragazzo di colore che cacciava meduse per liberare il mare ai turisti e, in cambio, ricevere qualche moneta, mi colpì al punto da decidere di scrivere una breve poesia…”.

Qual è il messaggio principale di questo romanzo in un momento storico dominato dalle tragedie dell’intolleranza, dell’odio e del fanatismo terroristico?
“È una storia dei nostri giorni ricca di personaggi, che appartiene a tutti noi, in cui ognuno può identificarsi.. Nessuno ha scelto di nascere, né dove, né con quale colore della pelle. Ognuno ha diritto a sperare in una vita migliore, nella pace e nel rispetto della stessa dignità umana e di ogni diversità. E, chiaramente,  nel rispetto delle regole dei loro nuovi Paesi.”.

L’umanità dell’immigrazione e della lotta per l’integrazione, in questo romanzo riesce a prevalere su ogni paura, aprendo alla tenerezza e a un forte senso di solidarietà. La storia di Tajil convince per la capacità di dare voce agli stessi migranti, alle sofferenze e ai sogni di chi è bisognoso o diverso, discriminato per il suo stato di povertà o per il colore della pelle. Un romanzo che racconta la dura realtà dei nostri giorni, tra episodi drammatici e sfumature fiabesche, fino a fare diventare naturale il grido contro ogni forma di razzismo.

«La Terra è di tutti, diceva mio nonno e, per questo, sto bene anche qui, in mezzo a gente con la pelle diversa dalla mia… Penso che il nonno avesse ragione quando diceva che la bontà non dipende dal colore della pelle, ma da quello del cuore. ».

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