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Calabria, 32 associazioni scrivono una lettera aperta ad Occhiuto

5 min di lettura
roberto occhiuto

Le associazioni si rivolgono al presidente per la Proposta di Legge n. 240/X “Norme per il parto a domicilio”

Comunicato Stampa 

Nonostante l’oblio degli ultimi anni, probabilmente causato dalla recente pandemia, leggiamo con piacere, che qualcuno ancora ha memoria della Proposta di Legge n. 240/X “Norme per il parto a domicilio”. A ricordarcelo è il dott. Rubens Curia portavoce di Comunità Competente, che in occasione di un parto avvenuto presso i locali del Consultorio Familiare di Melito Porto Salvo e l’articolo riportato da La C in cui si denuncia la sospensione dei ricoveri presso il punto nascita dello SPOKE di Corigliano-Rossano, ribadisce come ha già fatto in passato, che gli strumenti normativi ci sono ed è il momento di agire.

Correva l’anno 2017 quando la Commissione Sanità del consiglio regionale della Calabria licenziava la proposta di legge sopracitata. A questo punto è doveroso fare un breve excursus perché di anni ne sono passati e nel frattempo c’è stata anche una pandemia.

La Proposta di Legge n. 240/X “Norme per il parto a domicilio” voleva essere una chiara espressione dei bisogni delle donne nei confronti delle istituzioni, perché chiedevamo sì il rimborso del parto a domicilio come diritto di scelta del luogo del parto, come tra l’altro succede già in alcune regioni italiane,  guarda caso tutte del centro nord del paese; ma l’obiettivo era richiamare l’attenzione sulla salute delle donne, degli uomini, dei bambini e delle bambine Calabresi che già all’epoca chiedevano libertà di scelta e appropriatezza delle cure.

” Investire nello sviluppo precoce del bambino costituisce uno dei migliori investimenti che un paese può fare per sviluppare la sua economia, promuovere società pacifiche e sostenibili, eliminare la povertà estrema e ridurre le diseguaglianze” è quanto si legge nel documento del Ministero della salute “Azioni e strategie nei primi mille giorni di vita” e quale modo migliore se non partire dalla de medicalizzazione della gravidanza, parto e puerperio.

Ma ritorniamo alla legge. La proposta è stato il frutto di un lavoro congiunto portato avanti da associazioni di ostetriche, ordini professionali e associazioni in rappresentanza di donne e bambini/e, con l’obiettivo di demedicalizzare l’evento nascita, in seguito ai risultati di un’indagine campionaria realizzata nel 2015 nelle province di Cosenza e Reggio Calabria sul percorso nascita.

Dallo studio dei dati, seguito dal Prof. Michele Grandolfo già Dirigente di ricerca dell’ISS, emerse che rispetto a quanto indicato dalle linee di indirizzo Nazionali e Internazionali risultavamo molto distanti, per esempio: proporzione di tasso di taglio cesareo 37% quando il valore raccomandato dall’OMS è 15%, tasso di allattamento esclusivo per i primi sei mesi 10%.

In seguito alla ricerca noi donne abbiamo registrato un video dal titolo “Storie di parto le donne raccontano” visibile su canale YouTube, nel quale alcune donne hanno raccontato la loro esperienza di gravidanza, parto e post-parto e di quanta scarsa attenzione avevano ricevuto durante l’intero percorso. Le prime criticità si presentano già se vogliamo prenotare una visita in consultorio piuttosto che un’ecografia, siamo ridotte al punto che l’appuntamento andrebbe preso prima di rimanere incinta. I consultori non erogano i servizi che dovrebbero eppure, avevamo alcune eccellenze sul territorio calabrese, alcuni aperti ben 12 ore al giorno (Trebisacce e Melito Porto Salvo) ma oggi non possono più garantire questo servizio per via della carenza di, non si capisce bene perché il personale andato in pensione non sia mai stato sostituito.

Abbiamo fatto convegni per sensibilizzare le cittadine, i cittadini e le istituzioni. Nel 2018 sono scese le donne attiviste dai Castelli Romani, con il Camper Rosa, per supportare le proposte avanzate dalle donne e uomini Calabresi ma nulla è successo, anzi la pandemia ha esacerbato e peggiorato le cose.

E allora cosa è successo? Perché questo torpore, questa mancata voglia di far sentire la propria voce?

Ripercorrendo le tappe ci siamo rese conto di aver fatto tanto, troppo, senza NESSUN risultato, abbiamo lavorato in solitudine, come sappiamo fare le donne. Le donne continuano a scegliere un’assistenza basata sul rispetto e appropriatezza delle cure, lo dicono i numeri: negli ultimi anni sono già stati assistiti 50 parti in casa solo nella provincia di Cosenza da ostetriche libere professioniste, questo significa che noi donne/coppie pur di vedere rispettati i nostri diritti paghiamo un servizio che potrebbe essere rimborsato se solo venisse approvata la legge.

Noi donne sappiamo ricominciare e trasformare le criticità in punti di forza, forse è arrivato il momento di pensare alle case di maternità pubbliche a conduzione ostetrica, rinforzare i consultori garantendo l’apertura di 12 ore, almeno uno in ogni distretto sanitario (ciò eviterebbe di intasare i pronti soccorsi per qualsiasi dubbio o paure che sovviene in gravidanza), riprendere la proposta di legge per il rimborso del parto a domicilio, demedicalizzare la nascita anche nei reparti di ostetricia favorendo percorsi differenziati tra le donne sane e quelle con problemi di salute.

Diventare madre è un evento che cambia l’esistenza della donna. L’assistenza che questa riceve durante il travaglio ha effetti influenti sulla vita di madre e bambino a livello emozionale, fisico e relazionale, influenzando gli outcomes a breve e a lungo termine. La buona comunicazione, il supporto, l’empatia dei professionisti che prendono in carico la donna, sentire rispettati i propri bisogni e desideri, può aiutarla ad avere consapevolezza rispetto a cosa le succede intorno e a contribuire a fare della nascita un’esperienza positiva per la donna e il nucleo familiare che sta nascendo.

Caro Presidente, confidiamo nella sua sensibilità di uomo Calabrese a cui sta a cuore la salute delle donne, delle bambine e dei bambini.

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