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Da Caronte al Cantagalli: è tutta una favola bella…

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Da Caronte al Cantagalli: è tutta una favola bella…

Da Caronte al Cantagalli: è tutta una favola bella…

Dannunziano lo scenario, tra l’estetizzante ed il naturalistico o forse è il caso di aggiungere “surreale ma bello”, come avrebbe detto Hugh Grant a Julia Roberts in uno sketch del film Notting Hill, anche per stemperare l’incaglio di fronte all’incuria, che cade ogni giorno sotto gli occhi di tutti.

E però leva su, vinci l’ambascia con l’animo che vince ogni battaglia, se col suo grave corpo non s’accascia, interverrebbe in terza rima il Sommo poeta: pertanto, sulla scia dantesca, lasciamo per un momento che la poesia abbia la meglio e che, per gradi, si passi oltre il degrado, rievocando la bellezza “Fiera” di Sambiase.

Andiamo per ordine, eh sì!

Nonno Nicola, l’albero plurisecolare di Caronte, sembra raccogliere gli arcani segreti nelle volute dei suoi 7,5 m di circonferenza: quasi un Genius loci, quello della pace, perché Ulivo, in lizza di non violenza con Lama, nume da tanto tempo avverso alla nostra cara piana lametina (ecco perché lamentina!).

Caronte è innocuo, diciamolo subito, nel nome del “Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry: ‹‹Io›› disse ancora ‹‹posseggo una rosa che innaffio tutti i giorni. Possiedo tre vulcani che pulisco tutte le settimane. Perché pulisco anche quello spento. Non si sa mai. Il fatto che io li possieda è utile alla mia rosa››.

Che dire: l’essenziale che è invisibile agli occhi è visibile invece tutto attorno in questo Eden da selva selvaggia;  se questo spettacolo mozzafiato dà voce al traghettatore degli Inferi, lo fa solo per chiedere di restituire anima e corpo al canto della nostra città, tutto qui!

Scendendo, infine, in direzione del torrente del Cantagalli, come non rievocare, almeno linguisticamente, i sacerdoti della dea Cibele, i Galli per l’appunto, i primi ad inneggiare il mito della resurrezione del devoto Attis, come ci attestano Strabone e Cicerone.

Certo, non abbiamo traccia del culto orientale dalle nostre parti ma è singolare il fatto che il torrente ce lo possa riesumare a suon di nome; vera, invece, è stata la presenza di un’accetta di età preistorica, ritrovata agli argini  o alle sponde del nostro rivolo; sparita, purtroppo, anche questa, come i tanti tesori che avevamo e non abbiamo più.

Siamo stati così bravi a tagliare con le memorie che la scure ad un certo punto non ci è servita più, a parer mio!

Il Cantagalli va ad incanalare, tutta-via, una fetta fervida di paese dove l’anima del Fiorentino, da un lato, e lo spirito dei Minimi, dall’altro, raccolgono in volo la Rosa nel bicchiere del poeta Costabile: la “via” di “tutta” questa bellezza chiede di essere ripercorsa assolutamente, perché assolata.

Il canto del paese è qui dove “tutto scorre”, avrebbe siglato Eraclito, e la “favola bella” è ancora racchiusa in questo Logos d’amore.

Prof. Francesco Polopoli

 

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