Cento anni dalla rivoluzione russa, Lenin prende il potere
5 min di letturaIl 2017 è un anno particolare perché si celebrano i centenari di eventi storici importantissimi nella storia come quello della rivoluzione russa. Prima di narrare i fatti dell’anno fatidico, il 1917, è opportuno fare una breve descrizione storica delle condizioni politiche, economiche e sociali del grande stato-continente qual è la Russia.
L’impero russo all’inizio del Novecento
Al sorgere del XX secolo, la Russia era il paese più arretrato d’Europa. Infatti il paese era ancora governato da un regime autocratico, lo zarismo, non esistevano organi politici rappresentativi e la maggioranza della popolazione viveva sotto un regime di servitù della gleba. Nonostante i tentativi di attuare alcune riforme, portati avanti dallo zar Alessandro II, come l’abolizione formale della servitù della gleba (1881), la crisi sociale era terribile. Inoltre, malgrado la forte censura politica, cominciavano a penetrare le ideologie marxiste, che avevano prodotto la fondazione di circoli di discussione clandestini e in seguito la nascita di giornali e partiti illegali come il partito socialdemocratico russo (1898), che nel 1903 si spaccò per questioni organizzative/ideologiche in due fazioni: i bolscevichi (maggioritari), con a capo il giovane leader Vladimir Lenin, e i menscevichi (minoritari) con leader Jurij Martov. I primi erano per una organizzazione verticistica dedita alla rivoluzione violenta (leninismo), i secondi volevano democratizzare l’impero russo attraverso riforme socialiste concordate con lo zarismo.
Intanto anche la debolezza e l’incapacità militare della Russia si palesò in tutta la sua gravità con la pesante sconfitta subita nella guerra nippo-russa del 1905 per i controllo della Manciuria. La grave crisi economica prodotta spinse gli operai e i contadini a manifestazioni di massa imponenti coordinate dal sorgere dei primi consigli operai (Soviet), mentre il ceto borghese voleva una rappresentanza politica concreta. Durante lo sciopero generale a San Pietroburgo, l’esercito zarista compì una strage, sparando sulla folle inerme. Fu la cosiddetta Domenica di sangue. Ciò scatenò diverse manifestazioni popolari che costrinsero lo zar Nicola II a concedere una Costituzione liberale e un parlamento (la Duma). Ma il clima di terrore e la censura continuavano ad essere insostenibili.
Comincia la Prima Guerra Mondiale
Con la Prima Guerra Mondiale la debolezza economica e di equipaggiamento militare dell’impero divenne sempre più insopportabile. Manchevole di una industria pesante tecnologicamente adatta al nuovo conflitto e con le campagne spopolate dalla leva obbligatoria, la fame e la crisi economica si acuirono nuovamente. Ciò spinse dal 1916 i ceti contadini e operai ad indire scioperi e manifestazioni di malcontento. La crisi esplose tra il 26 e il 27 febbraio 1917 con la prima rivoluzione, svolta a Pietrogrado, per manifestare contro la carenza di viveri.
Gli operai ebbero il sostegno delle truppe inviate a reprimere la rivolta e assieme fondarono il Soviet della città, che varò subito il progetto di arrestare il governo e liberare i compagni prigionieri. Lo zar fu costretto ad abdicare (2 marzo 1917), e rifiutata la corona il cugino dello zar Nicola, Michele, si creò un governo provvisorio guidato dal principe Lvov, con ministro alla guerra il socialrivoluzionario Aleksandr Kerenskij. Il programma di governo verteva sul prosieguo della guerra e la trasformazione della Russia in una monarchia costituzionale.
Ma se il governo provvisorio fin da subito si rivelò incapace di portare avanti il suo programma di governo, anche nei Soviet non vigeva l’armonia fra le diverse forze di sinistra che li controllavano. Infatti i bolscevichi volevano la fine immediata della guerra, mentre menscevichi e socialrivoluzionari erano possibilisti nel continuarla.
Il ritorno di Lenin e lo scoppio della rivoluzione
Uno sblocco della situazione avvenne col ritorno in Russia dall’esilio del leader bolschevico Vladimir Lenin, il quale nel aprile 1917 aveva pubblicato sul giornale del partito, Pravda, le “Tesi d’aprile” dove enunciava il suo programma rivoluzionario che consisteva nella fuoriuscita immediata dalla guerra, nessuna collaborazione col governo provvisorio, insurrezione e presa del potere a nome dei Soviet, la nazionalizzazione della terra, industrie e banche. Allo sconcerto iniziale dei suoi compagni, seguì l’approvazione unanime del progetto leninista.
Intanto nel maggio 1917, il governo provvisorio a maggioranza liberare incluse nel suo governo sei socialrivoluzionari, mentre i bolscevichi rifiutarono di collaborare. Anzi, nel luglio organizzarono una insurrezione che provocò 400 morti. Ricercati, i leader bolscevichi si dettero alla clandestinità. A fine luglio Lvov fu sostituito dalla carica di primo ministro dal socialrivoluzionario Kerenskij. La guerra proseguiva con insuccessi continui, tanto che a fine agosto il generale dell’esercito Kornilov tentò un colpo di stato, sostenuto dagli inglesi, ma il governo, con l’aiuto dei bolscevichi, riuscì a sventarlo e ad arrestare Kornilov. Con questa azione, i bolscevichi aumentarono i loro iscritti. Kerenskij a settembre convocò una specie di consiglio di stato, embrione di una futura assemblea costituente, con tutti i rappresentanti politici, inclusi i bolschevichi che subito però abbandonarono i lavori per ordine di Lenin.
Leni, preso atto del maggiore numero di componenti della sua fazione politica rispetto alle altre e di avere la maggioranza di rappresentanti nei principali Soviet delle città russe, convocò per il 10 ottobre il comitato centrale del partito per decidere quando fare la rivoluzione. Erano d’accordo con lui Josif Stalin e Lev Troskij. Kerenskij intanto faceva un rimpasto di governo accogliendo esponenti del partito cadetto (nobili liberali). Così l’insurrezione bolscevica fu decisa per la notte fra il 24 e il 25 ottobre (secondo il calendario giuliano ancora in vigore in Russia, corrispondente ai nostri 6 e 7 novembre). Tutto si svolse senza spargimento di sangue. La milizia bolscevica (le guardie rosse) occuparono i punti nevralgici di Pietrogrado, inclusi la sede del governo e il Palazzo d’Inverno. Aleksandr Kerenskij fu costretto alla fuga, e Lenin divenne il capo del nuovo governo rivoluzionario russo.
Matteo Scalise