Cinema senza fine
2 min di letturaAlejandro Jodorowski é regista, attore cinematografico e teatrale, autore di fumetti e romanzi, cileno con origini russe.
Ma soprattutto genio visionario e dissacrante, autore di un cinema fatto di situazioni surreali, grottesche, di una fantasia eccessiva quasi visionaria presa dalle più diverse culture metafisiche, magiche e spirituali, dall’alchimia ai tarocchi e all’astrologia.
Il suo cinema é il teatro dell’inconscio con una narrazione disturbante e liberatoria che sicuramente non é per tutti ma, al Tip Teatro a Lamezia, il pubblico ha ben accettato la proiezione del suo nuovo capolavoro Poesia Sin Fin, secondo capitolo di una sorta di dittico autobiografico dell’artista che comincia dove finiva il primo “La danza della realtà”.
Il nonno era un ebreo russo sfuggito alle persecuzioni in Ucraina e stabilitosi in Cile. Il padre emigrò nel Nord del Paese, al confine con il Perù e la Bolivia, dove incontrò e sposò una cantante d’opera, figlia di un ballerino anch’egli di origine russe.
Nel 1942 si trasferì con la famiglia a Santiago, dove terminò gli studi liceali e frequentò per due anni l’università, seguendo corsi di filosofia e psicologia.
In quel periodo diede sfogo all’impulso recitativo e al forte senso del teatro facendo il clown in un circo e dedicandosi agli spettacoli di marionette. Una vocazione che lo condusse nel 1955 a Parigi, dove studiò mimo con Étienne Décroux e Marcel Marceau.
Poesia senza fine é un urlo alla vita e all’amore una sorta di resa dei conti con i demoni del passato pieno di figure, di maschere, di nani, ombre e cartonati.
Ogni immagine sembra provenire da un altra dimensione a volte in modo satirico e a volte drammatico, ed emblematica del film, ma soprattutto di tutto il corpus di Jodorowski, è la sequenza finale: una sarabanda in maschera, tra diavoli e satiri rossi e un angelo pierrot che poi è lo stesso protagonista.
Perché fin dagli attori è chiaro il messaggio metatestuale, la componente di psicomagia fortemente innestata nell’opera: Jodorowski nel film e interpretato dal figlio, il padre è un altro figlio, ed entrambi vengono spinti in un abbraccio liberatorio da Jodorowski in persona, regista deus ex machina.
Valentina Arichetta