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Condannato a 20 anni lo scafista del naufragio di Cutro

5 min di lettura
Naufragio di migranti nel Crotonese, 30 morti trovati in spiaggia

Lui: ‘Ero solo il meccanico, non ho mai guidato la barca’. Il legale: ‘È un capro espiatorio’

Il drammatico naufragio del caicco Summer love che all’alba del 26 febbraio 2023 provocò la morte di 94 migranti tra i quali 35 minori e almeno una decina di dispersi, trova una prima risposta giudiziaria in un’aula di giustizia.

Il gup del Tribunale di Crotone Elisa Marchetto ha condannato a 20 anni e 3 milioni di multa Gun Ufuk, il cittadino turco di 29 anni accusato di essere uno dei quattro scafisti, l’unico a chiedere il giudizio con rito abbreviato.

Ufuk è stato riconosciuto colpevole di tutti i reati che contestati: favoreggiamento della immigrazione clandestina, naufragio colposo, morte come conseguenza di altro delitto.

Il gup ha quindi accolto le richieste del pm Pasquale Festa che nella sua requisitoria ha sottolineato la convergenza delle testimonianze, “18 persone hanno detto che Ufuk conduceva la barca”.

Secondo la Procura di Crotone “c’è una sua perfetta partecipazione nell’organizzazione del viaggio tanto che lui era su una barca che doveva partire successivamente e va a sostituire quella in avaria”. “L’intento del viaggio – ha rimarcato il pm – era di sbarcare in una spiaggia ma è stata violata ogni regola di navigazione davanti ad una costa sconosciuta e questo è responsabilità di tutti i membri dell’equipaggio”.

Un’accusa che l’imputato ha cercato in tutti modi di mitigare definendosi, nel corso dell’interrogatorio che ha preceduto la requisitoria, un perseguitato politico che si era solo prestato a fare il meccanico della barca non avendo il denaro per pagarsi il viaggio verso l’Italia: “Non ho mai guidato la barca. Mi dispiace tanto per il dolore causato ai familiari delle persone morte”, la sua difesa.

A suo dire, in Turchia era stato arrestato nel 2019 perché ritenuto parte del movimento che aveva tentato il golpe del 2016 e per “chi è considerato golpista non è facile vivere in Turchia” ha detto. La sua tesi, però, non ha convinto il giudice che gli ha inflitto 20 anni di reclusione. Il giudice ha anche disposto il risarcimento del danno alle parti civili costituite dai familiari delle vittime, il mistero dell’Interno e la Regione Calabria.

Non è stata riconosciuta, invece, la richiesta della presidenza del Consiglio dei ministri che aveva chiesto un milione di euro per danni di immagine. Richiesta contro la quale si è schierato il difensore di Ufuk, l’avvocato Salvatore Falcone, a giudizio del quale il suo assistito “è un capro espiatorio di chi doveva intervenire”. “Ritengo – ha detto il legale – che la morte di quelle persone non sia a causa di una manovra sbagliata o del naufragio perché, se in quel momento ci fosse stata una qualsiasi unità di soccorso, non ci sarebbero stati tutti questi morti. La costituzione di parte civile da parte del governo è fuori luogo perché credo che proprio chi doveva intervenire per l’obbligo morale avrebbe dovuto evitare di chiedere danni per quell’immagine che esso stesso ha leso”.

Il tema sollevato dal legale – il presunto ritardo nei soccorsi – è oggetto di un’inchiesta parallela della Procura di Crotone nella quale sono indagate sei persone, tre coperte da omissis e tre finanzieri in servizio a Vibo Valentia, Taranto e Crotone. Nei prossimi mesi l’indagine dovrebbe giungere a conclusione. Sarà quella l’occasione per verificare cosa abbiano accertato i magistrati e se vi siano responsabilità penali anche sul fronte dei soccorritori per quanto è accaduto. Intanto, prosegue davanti al Tribunale il processo agli altre tre presunti scafisti – un quinto è morto nel naufragio – che riprenderà il 13 febbraio.

L’imputato: ‘Ero il meccanico, ho barattato il viaggio’
“Io ero solo il meccanico della barca ed ho barattato il pagamento del viaggio con il compito di macchinista per riparare il motore. Non ho mai guidato la barca. Mi dispiace tanto per il dolore causato ai familiari delle persone morte”. Così si è espresso Gun Ufuk, il cittadino turco di 29 anni imputato per il naufragio di Cutro, per il quale questa mattina il pubblico ministero Pasquale Festa – a conclusione del processo con rito abbreviato – ha chiesto una condanna a 20anni di reclusione e 2,1milioni di multa ritenendolo responsabile dei reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, naufragio colposo e morte in seguito al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ufuk, difeso dell’avvocato Salvatore Falcone, si è sottoposto ad interrogatorio nel corso di una lunga udienza nella quale, pur ammettendo di essere parte dell’equipaggio, ha fornito la sua versione dei fatti: “Io dovevo scappare dalla Turchia per motivi politici. Ero stato arrestato perché considerato di fare parte del movimento che aveva condotto il tentato golpe del 2016. Nel 2019 sono stato in carcere per otto mesi perché criticavo Erdogan e le sue politiche. Quando sono uscito per due anni ho dovuto presentarmi alla polizia ed ho tutt’ora il divieto di uscire dalla Turchia. Per chi è considerato golpista non è facile vivere in Turchia. Siamo discriminati dalle autorità e non riusciamo a trovare lavoro. Per questo ho deciso di partire, ma non avevo i soldi necessari e così ho accettato di fare il meccanico della barca che doveva arrivare sulla costa italiana e tornare. Mi ha fatto conoscere gli organizzatori del viaggio Bayram, mio amico, che era il comandante della barca e che è morto nel naufragio”.

“La barca – ha detto Ufuk – la conduceva il mio amico Gulem Byram (deceduto nel naufragio, ndr) che aveva già fatto altri viaggi. Io stavo vicino a lui ma non ho mai guidato. Quella notte ho sentito che l’imbarcazione aveva toccato qualcosa ed ho visto Byram che cercava di virare: ha dato gas ma il motore si è spento. Io ho avuto paura e mi sono tuffato perché la barca era inclinata. Ho nuotato mezz’ora e sono arrivato sulla spiaggia, Byram non ha abbandonato la barca. C’era caos, gente che gridava. Prima dell’incidente le altre persone a bordo hanno più volte chiamato i numeri di emergenza”. L’imputato ha poi raccontato di essere scappato in Austria “insieme a Mohamed, il capitano della prima barca che poi si era rotta (si tratta di Mohamed Abdessalem, di 26 anni, siriano arrestato il 5 dicembre nel carcere di Lecce dove si trova detenuto per altra causa, ndr). Abbiamo camminato per 5 ore e poi ricordo che c’era un porto abbiamo preso un taxi per Bari. Ha pagato Mohammed. Da bari siamo andati a Roma e poi verso la Germania, ma a Salisburgo mi ha fermato la polizia”.

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