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Condannato per omicidio Nicholas chiede revisione processo

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Ha finito di scontare la pena, ma é detenuto per un’altra inchiesta

Chiede la revisione del processo a conclusione del quale é stato condannato in via definitiva a 20 anni di reclusione Francesco Mesiano, di 51 anni, accusato dell’omicidio di Nicholas Green, il bambino statunitense di 7 anni ucciso per errore nel 1994 nel corso di un tentativo di rapina mentre percorreva in auto, insieme ai genitori, l’autostrada Salerno-Reggio Calabria.

Mesiano nel 2009 ha finito di scontare la condanna comminatagli dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro, che riformò una sentenza di ergastolo decisa in primo grado, ma é attualmente detenuto, con l’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso, perché coinvolto nell’inchiesta “Maestradale-Carthago” condotta dalla Dda di Catanzaro.

Ed é proprio dal carcere che Mesiano ha fatto pervenire all’ANSA una lettera, scritta in occasione del trentesimo anniversario dell’assassinio di Nicholas Green, in cui ribadisce, come ha sempre fatto, peraltro, di non essere stato lui ad assassinare il bambino statunitense.

“Non immaginavo mai, se non vivendolo sulla mia pelle – scrive Mesiano nella missiva – che dovessi trascorrere la mia giovinezza in carcere per un omicidio che non ho mai commesso.

Sono passati trent’anni, ormai, ma pensavo, avendo scontato fino all’ultimo giorno la mia condanna, che l’incubo fosse finito. Ed invece mi ritrovo ancora in carcere per un’accusa ancora una volta infondata a mio carico. E questo contrariamente a quanto affermano i collaboratori di giustizia, veri o falsi che siano, ma falsi nel mio caso, che per chissà quale scopo continuano ad infangarmi”.

Francesco Mesiano, nella lettera, si dice “ancora speranzoso che venga disposta la revisione del processo per un omicidio – afferma – che ho pagato da innocente in modo che nessuna ombra di dubbio permanga sulla mia persona. E combatterò per questo finché avrò respiro, appoggiandomi ai miei valorosi avvocati, Michelangelo Miceli e Francesco Calabrese, che hanno creduto e stanno lottando tuttora per me”.

“Spero – dice ancora Mesiano – che la giustizia possa prendere coscienza della situazione e lasciarmi vivere una vita di pace da persona libera come lo ero un tempo, dedita al lavoro, alla fede cristiana ed al rispetto per il prossimo”.

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