Concluso convegno ‘Le ripercussioni sociali dell’Unità d’Italia’
8 min di letturaDomenica 26 “Il grande libro del Regno delle due Sicilie” è stato ospite delle comunità di Mongiana e di Motta Santa Lucia, la prima località rinomata per la potenza siderurgica del periodo borbonico e la seconda per essere stata la città natale di Giuseppe Villella, i cui resti giaciono esposti ancora oggi al museo Lombroso di Torino.
Il moderatore Alessandro Malerba, presidente dell’Osservatorio delle Due Sicilie, spiega come il comune di Mongiana sia accomunato al comune di Motta per le gravi ripercussioni sociali conseguenti all’Unità d’Italia; tali ripercussioni per Mongiana riguardarono l’intera comunità, privata di una realtà produttiva che forniva sussistenza e sviluppo sull’indotto dei paesi gravanti sul torrente Stilaro; per Motta Santa Lucia si possono evincere su una sola persona divenuta simbolo: Giuseppe Villella.
Ecco l’intervento dello storico e ricercatore Alessandro Romano:
Quello che si presenta è il frutto di uno studio trentennale di ricerca negli archivi, incrociando e comparando non solo archivi italiani ma anche spagnoli, maltesi e francesi. Ogni faldone è composto da circa 400-500 documenti ed in alcuni ve ne sono anche 800. Tutti questi documenti sono perfettamente conservati nel Grande Archivio di Napoli, perché fortunatamente i piemontesi non si sono accorti della loro esistenza.
Durante la Seconda Guerra Mondiale crollò tutto il tetto dell’archivio che si adagiò su questa grande quantità di documenti, rimasti quindi sepolti e protetti da atti di vandalismo, furti e incendi, come invece è accaduto per l’Archivio Aragonese. Si andrà ora a ripercorrere la storia dell’Italia meridionale.
Nel 1734 il SUD diventa nuovamente indipendente e diviene “Regno di Napoli” poi “Regno delle Due Sicilie”, e rimane indipendente fino al 1861.
Addentrandosi un po’ nella geografia storica, iniziando dall’Italia del 1300, tanto vantata negli anni ’90 da Umberto Bossi, si nota che il Nord era una miscellanea di Stati, i famosi comuni che entravano spesso in conflitto per un pascolo ed un ruscello, nei quali si uccideva per un nonnulla.
Erano le cosiddette “guerre di campanile”. Tutto ciò accadeva sotto l’influenza degli Stati che stavano al di là delle Alpi, che erano molto potenti e che facevano molta pressione sull’Italia, sulle popolazioni che vi risiedevano. In queste regioni esisteva una popolazione che si potrebbe definire Italica, non Italiana.
Se invece si osserva il Sud si notano i confini perfettamente mantenuti nel corso dei secoli, mentre al Nord continua la miscellanea di Stati.
Con Ruggero II il Normanno avviene, la notte di Natale del 1130, la nascita formale del Regno di Napoli, allora chiamato “Regno di Sicilia”, uno Stato che conserverà la sua conformazione, mantenendola fino al 1861, come si osserva confrontando l’Italia del 1600, quella del 1700, quella dell’età Napoleonica fino alle annessioni succedutesi dal 1859 al 1870.
Lo Stato meridionale ricalcava quello di Ruggero II il Normanno e Federico II di Svevia mentre le popolazioni italiche che vivevano a Nord-Est subivano continuamente l’influenza da parte del grosso Impero Austro-Ungarico. Le Regioni ad Est (Piemonte, Liguria, Lombardia e parte della Toscana) subivano invece l’influenza della Francia.
Più ad Est era invece la spagna che influiva su parte del Granducato di Toscana, parte della Chiesa e del Meridione. Il Nord costituiva quindi una zona molto ibrida e vulnerabile, mentre la parte meridionale del Paese era ben individuata come Italia. In realtà essa era l’Italia.
Andando indietro nel tempo ci si accorge che la concezione di Italia era del meridione. Mentre quelle del Nord Italia erano le Regioni che appartenevano a degli imperi, l’Italia era nel Sud.
Basta osservare una cartina del 600 aC per capire che gli italiani sono i meridionali e, nello specifico, i calabresi. Invece di attaccare le altre regioni all’Italia hanno attaccato l’Italia a 1 regione: il Piemonte.
È stato un grande inghippo concepito dall’Inghilterra poiché, nell’ipotesi in cui le regioni del Centro-Nord si fossero annesse all’Italia, essa sicuramente non ne avrebbe tratto vantaggio in quanto l’Inghilterra deteneva il dominio sul Mediterraneo. Stava per essere aperto il Canale di Suez dove essa aveva enormi interessi. La nuova nazione che stava per nascere (il Regno d’Italia) doveva essere si una nazione debole. Nasceva quindi l’Italia, ma non forte, divisa in due, con una parte del paese sottoposta all’altra parte dominante. Diviso in due il paese non andava lontano, e così avvenne.
L’origine della lingua italiana
Nel 2011 sono stati pubblicati i risultati di una ricerca recente che illustra lo studio effettuato da alcuni antropologi e durato 150 anni, pubblicato da Conrad Phillip Kottak: gli storici della linguistica hanno sempre affermato che la lingua italiana e il dialetto parlato abitualmente, con le sue varie inflessioni, fosse una derivazione abnorme del latino, o, tutt’al più, dell’italiano.
Il dialetto del sud è sempre stato considerato deformazione del latino; ciò non è assolutamente vero!
Alla base delle lingue che esistevano nella penisola italiana circa 6000 anni fa, vi era un proto-indoeuropeo, molto arcaico, molto antico. Successivamente il celtico si dirige verso il Nord Europa e si stabilisce verso l’area della Germania mentre l’Italico (non l’italiano!) rimane nel Sud della penisola. Si tratta, infatti, della lingua che veniva parlata in antichità in quest’area e della quale l’attuale lingua italiana ne comprende il 30%. L’evoluzione linguistica conduce dall’Italico al Latino. Quindi il Latino deriva dall’Italico, lingua nata nel Sud Italia.
La fonte della cultura era quella del Sud Italia.
Tutto è avvenuto nel Sud Italia, che era il centro della cultura mediterranea. E’ quindi chiaro che nel 1734 nasce qualcosa di serio al Sud. Il primo re borbonico, scacciando gli austriaci dal Sud, fondò l’Italia, perché il Sud era l’Italia. A Bitonto, al centro della piazza principale esiste un obelisco, chiamato “Obelisco Carolino”, a memoria della battaglia che riportò sul trono di Napoli i Borbone con Carlo (VII di Napoli e III di Sicilia), ai piedi della quale è posta una lapide con inciso in latino (fortunatamente, altrimenti i Piemontesi l’avrebbero abbattuta!): qui vengono gettate le basi della nazione italiana, perché il concetto di Italia è del Sud. Prova ne è che fin dal 1734 tutte le leggi scritte al Sud erano in perfetto italiano.
L’unica differenza risultava la “ha” di avere che era dalla vocale ‘a’ accentata, come la “è” di “essere”. Mentre nello stesso periodo, negli stati preunitari delle immagini sopracitate tutte le leggi, anche quelle del Regno d’Italia, erano scritte in francese. La proclamazione del Regno d’Italia è avvenuta in Francese! Cavour parlava in Francese, Vittorio Emanuele II parlava Francese.
La loro seconda lingua era l’Italiano. Nel Sud, invece, si parlava perfettamente Calabrese e Italiano.
Discendenza ed evoluzione del Regno
La discendenza del Regno del Sud Italia parte da Ruggero II (1101-1154) il Normanno, proclamato nel 1130 Re di Sicilia, Puglia e Calabria, poi anche su Capua, Benevento e Napoli, da Papa Anacleto II.
Essa continua con Federico II, re di Sicilia, fino alla dinastia dei Borbone di Napoli e Sicilia, il cui primo re è Carlo di Borbone (Re di Napoli e Sicilia dal 1734 al 1759), sotto il quale il “Reame” divenne di nuovo una nazione libera.
A questi successe Ferdinando IV di Borbone (1759-1825), dal 1814 Ferdinando I delle Due Sicilie, Francesco I (1825-1830), Ferdinando II (1830-1859), e Francesco II (1859-1861), l’ultimo.
L’assedio di Gaeta
In tre mesi caddero su Gaeta 170.000 bombe esplodenti. La città fu completamente massacrata. Sotto i bombardamento Gaeta ha perso l’80% del suo patrimonio storico.
La detenzione
Quando cadono le fortezze borboniche ci sono 45.000 soldati che si arrendono su 100.000. Questi vengono imbarcati da Napoli e portati a Genova. Da qui vengono trascinati in lunghe file a piedi fino al Sestriere, a Fenestrelle, a duemila metri di altezza.
Qui, in una fortezza senza finestre e vestiti di cenci, man mano che muoiono di freddo, vengono buttati in una fossa comune. Queste sono alcune rappresentazioni di quello che era. Li buttavano in una camera detta morgue, sul fondo della quale c’era calce viva. C’è chi nega che tutto ciò sia accaduto.
Noi non abbiamo documenti che attestano che siano stati uccisi. Noi abbiamo dei documenti che affermano che lì sono arrivati dei soldati che non sono più ripartiti, che questi soldati partiti per la guerra dai propri comuni, non sono morti nei propri comuni. Nel fondo di quel pozzo, nel quale fino a tre metri di altezza vi è la calce, vi è l’osso di calce. Questo grattato ed esaminato, è risultato essere misto a grasso umano, a dimostrazione che li hanno sciolti tutti nella calce. Recentemente è stata rotta la lapide posta all’ingresso, dove ogni anno viene posta una corona.
Lombroso e Villella
Lombroso era un antropologo le cui teorie sono state alla base delle teorie sulla inferiorità di una razza rispetto ad un’altra.
Il Comune di Motta Santa Lucia è conosciuto in Italia come il paese di nascita di Giuseppe Villella, i cui resti mortali, consistenti in un teschio, sono tuttora esposti presso il Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso dell’Università di Torino.
Tale Museo, inaugurato il 27 novembre 2009, tuttora conserva le presunte prove, delle quali il teschio è divenuto la prova simbolo, di una teoria secondo la quale i criminali hanno tratti anatomici ancestrali, gli stessi che si trovano nelle scimmie e nei feti di cinque mesi e che dopo l’Unità d’Italia costituirono la base per formulare la teoria dell’atavismo criminale.
La generalizzazione sulla presenza nei meridionali dei tratti ereditari riscontrati sul teschio di Giuseppe Villella, che conferirebbero agli individui la predisposizione al crimine, giustifica di fatto la formulazione delle teoria sulla presunta loro inferiorità giustificando, peraltro, molte successive ingiustizie consumate nei loro confronti.
Le efferatezze dei gerarchi nazisti sono nulla rispetto a quello che si fece sui meridionali da parte di questo pseudo scienziato. Alcuni resti di persone, non esposti, appaiono pietrificati.
Tale procedura criminale e inaudita veniva realizzata mediante iniezioni su individui mentre costoro erano ancora in vita.
Il Sindaco di Motta Santa Lucia, avvocato Amedeo Colacino, a conclusione del convegno ha preannunciato il ricorso in Cassazione, con deposito giorno 29 cm, sulla decisione della Corte di Appello di Catanzaro, che ha ribaltato la decisione di primo grado del Tribunale di Lamezia Terme, che dava ragione al comune di Motta Santa Lucia, obbligando l’Università di Torino alla restituzione dei resti mortali del brigante Villella.
Lo stesso sindaco ha preannunciato un gemellaggio con il comune di Mongiana, provincia di Reggio Calabria, conosciuta per le famose ferriere, presenti durante il regno Borbonico. Legano i due comuni, l’impegno della rivisitazione storica del Sud, prima e dopo l’unità d’Italia.