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Corrado (M5S): riscoperta di una stele funeraria solo un ‘inganno estivo’

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corrado m5s

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Comunicato Stampa

La bufala regina dell’estate 2020, almeno a Crotone e provincia, è quella della ‘riscoperta’, nei magazzini del Museo Nazionale di Via Risorgimento, di una stele funeraria in alfabeto ebraico risalente al XV secolo. Detta così, non siamo molto lontani dalla verità: se un reperto archeologico non è esposto al pubblico nel museo cittadino dal 1966 e, poiché non rimanda ai tempi gloriosi di Kroton, ma appartiene al basso Medioevo, non è sulla bocca di tutti, praticamente non esiste.

La sua non-esistenza per il grande pubblico, però, non si estende agli specialisti, sia di testimonianze ebraiche nel Sud Italia sia di storia del nostro museo archeologico.

Non è tollerabile, perciò, che un Istituto statale sia chiamato in causa con i suoi vertici (Direttore regionale musei e Direttore del museo stesso) e l’aggiunta del Segretario Regionale del MiBACT, come vuole la stampa anche odierna, e non smentisca chi lo coinvolge per accreditare informazioni invece prive di fondamento, o meglio frutto di un (ingenuo?) fraintendimento, facendosi complice di un inganno ai danni della collettività. Aggiungo, però, che il suddetto Segretario, dott. Patamia, da me interpellato al telefono, si è dissociato fermamente.

Nel caso di specie, l’epigrafe è spacciata come rinvenimento avvenuto a Strongoli nel 1954. Niente di più falso: il manufatto, trovato a Crotone nel 1926, appartenne alla collezione di 775 reperti donata da Filippo Eugenio Albani allo Stato nel 1933, a condizione che restasse in città e fosse interamente esposta. La fotografia più ‘antica’ del Museo Civico allestito nel Castello di Carlo V risale alla riorganizzazione dello stesso nel 1935 e mostra la presunta epigrafe arcaica, così nell’inventario Albani, murata (capovolta) sul piedritto dell’arco di accesso alla sala 2.

Esattamente nella stessa posizione fu riproposta nel dopoguerra, nel riallestimento dello stesso Museo, ed è fotografata nel 1965. La prima immagine, quella degli anni Trenta, è nota a molti perché ripubblicata da Angelo Vaccaro nel suo pionieristico “Kroton” del 1966, dov’è illustrata anche la stele funeraria, correttamente ricondotta alla comunità ebraica, letta e datata, grazie allo studio del 1963 di Giovanni Garbini. La seconda fotografia l’ho pubblicata io stessa nel volume edito nel 2018 per i 50 anni del Museo Archeologico, aperto in quell’anno ed erede diretto del glorioso Museo Civico fondato nel 1910.

Crotone, dunque, e non Strongoli; 1926 e non 1954, come sostenuto, leggo, nella nota di Rolando Belvedere. Ma per non farci mancare nulla, anche la traduzione ora proposta del testo e la sua datazione sono errate: non gli anni ’40 del Quattrocento ma l’anno ebraico corrispondente al 1474/75. Errato è persino il nome che il presunto esperto avrebbe letto confondendo, in realtà, il recupero effettuato a Strongoli, in località Catena, a metà del Novecento con quello avvenuto a Crotone trent’anni prima: non tale Giuda figlio di Rachamim ma tale Ioshua ben Shamuel Gallico, di presunta origine francese.

Enzo Monte ed altri cultori di storia crotonese hanno chiesto spesso, in passato, informalmente, che l’epigrafe ebraica fosse esposta invece che custodita nei magazzini del Museo, ed è un’aspirazione più che legittima. Intollerabile, invece, è un inganno ‘estivo’ ordito per ignoranza o, peggio, malafede, contando sulla purtroppo scarsa conoscenza che i Crotonesi hanno, tuttora, delle testimonianze del proprio passato.

Un passato ‘glorioso’ anche nel Medioevo, epoca per molti aspetti civilissima, durante la quale Cotrone fu una delle città calabresi ospitanti una nutritissima comunità ebraica, partecipe e corresponsabile della prosperità economica, con un proprio quartiere adiacente al porto (di allora) e relativo cimitero extramuraneo, prima che la cacciata dal Regno decisa da Carlo V desse inizio ad un’altra storia…

Margherita Corrado
(M5S Senato – Commissione Cultura)

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