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Cortei non autorizzati in pandemia, gli indagati: chiedevamo una sanità migliore

2 min di lettura
corte appello procura catanzaro

In merito alla notizia circa gli avvisi di garanzia aventi per oggetto “cortei contro le restrizioni Covid” che sarebbero stati effettuati durante il periodo pandemico, arriva la replica degli indagati


Di seguito la nota:

Come diretti interessati (essendo presenti nella lista degli indagati) ci teniamo a precisare e sottolineare che le manifestazioni in oggetto avevano come obiettivo protestare contro lo smantellamento della sanità pubblica, contro il piano di rientro sanitario, contro la mancanza di tutele sul lavoro e contro il “caporalato legalizzato” costituito da fenomeni come i tirocinanti della PA.

I cortei NON CONTESTAVANO le misure anti-Covid varate dal governo. Questa è probabilmente una ricostruzione fantasiosa di alcune agenzie di stampa.

A prescindere dal merito delle accuse, ci permettiamo di sottolineare, piuttosto, il problema politico che esiste nel fare passare – da parte delle istituzioni – per criminali coloro che protestano contro lo smantellamento della sanità e dei diritti sociali, e non chi questo smantellamento lo mette in atto. Reprimere chi dissente è un delitto, soprattutto in un momento in cui, per via dello strapotere delle clientele padronali locali e dei boiardi della sanità privata, la democrazia elettorale è solo formale e, per via dei ricatti dei capitali privati che finanziano la spesa pubblica, è vietato ad un governo, anche, “democraticamente eletto”, fare politiche sociali. Dissentire, anche in forme vivaci, diviene un diritto politico nel momento in cui gli spazi di democrazia sostanziale sono ristretti e nel momento in cui le “regole” non sono implementate dallo stesso Stato che si arroga il diritto di processarci: il piano di rientro sanitario è anticostituzionale, come lo è la maggior parte dei contratti di lavoro in Calabria (situazione poco attenzionata da forze dell’ordine e organi di vigilanza), come lo è la situazione dei tirocinanti della PA.

Ribadiamo, perciò, il diritto alla contestazione e la NOSTRA accusa nei confronti di uno Stato che, ancora una volta, gestisce i problemi sociali come problemi di ordine pubblico.

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