Covid e aritmie: pubblicato su importante rivista internazionale studio di medico calabrese
3 min di letturaUn’indagine dell’equipe del dott. Saverio Iacopino ha osservato l’incidenza di fibrillazione atriale e aritmie ventricolari nei pazienti positivi al Covid-19
I risultati, pubblicati su Circulation (AHA Journals) hanno spinto diverse branche mediche a studiare comorbidità (la presenza o l’insorgenza di un’entità patologica accessoria durante il decorso clinico di una patologia oggetto di studio) e conseguenze derivanti dai pazienti affetti da Coronavirus. L’equipe di Aritmologia ed Elettrofisiologia del Maria Cecilia Hospital coordinata dal dott. Saverio Iacopino, ha osservato il sorgere di problematiche del ritmo cardiaco nei pazienti ospedalizzati affetti da Covid-19 dal 1 al 26 aprile 2020.
Il dato che è emerso è che “I pazienti trattati per Covid-19 presentano un aumentato rischio aritmico – spiega il dott. Iacopino, Coordinatore del Dipartimento di Aritmologia a Maria Cecilia Hospital –. Inoltre, sono sottoposti a terapie preventive per il rischio trombotico e questi farmaci presentano a loro volta dei rischi. Antibiotici, antinfiammatori ed eparina hanno dimostrato di avere effetti positivi sull’aspettativa di vita di questi pazienti a prezzo di effetti collaterali attesi, non solo su fegato e reni, ma anche sul cuore”.
E’ cosa ben nota che i farmaci come l’azitromicina o l’idrossiclorochina, utilizzati nelle terapie per infezione da Covid-19, possono allungare l’intervallo QT (il QT corrisponde al tempo di recupero dei ventricoli del cuore tra una prima contrazione e la successiva). “Attraverso questo parametro è possibile misurare gli effetti di questi farmaci e prevenire la possibile insorgenza di aritmie cardiache”, commenta il dott. Iacopino.
L’aritmia atriale è stata gestita in acuto secondo le indicazioni delle linee guida, nessun degente ha sviluppato aritmie maligne e, una volta negativizzati dall’infezione Covid-19 e dimessi dall’Ospedale, tutti i pazienti sono stati seguiti anche successivamente per verificare eventuali effetti a lungo termine.
Nessuno dei pazienti, a distanza di 6 mesi, ha riscontrato una necessità di intervento. Alcuni sono però tuttora seguiti attraverso un loop recorder, un registratore impiantato sottopelle che consente di verificare se l’aritmia era una problematica momentanea e dunque solo riconducibile all’infezione da Covid-19 o alle terapie anti Covid-19, oppure se il paziente, non avendo superato quegli esiti, possa presentare ulteriori manifestazioni della patologia infiammatoria. In quest’ultimo caso allora si potrà procedere con un intervento risolutivo dell’aritmia, con un’ablazione, un pacemaker, a seconda del singolo caso.
“Ad oggi conosciamo il fenomeno in atto – afferma il dott. Iacopino –, mancano ancora invece degli studi che ci diano indicazioni precise sull’eredità del Covid-19 sulla nostra salute. Le ulteriori indagini in corso sui pazienti ci permetteranno di capire se la patologia Covid-19 presenterà manifestazioni aritmiche a distanza. I pazienti continuano infatti ad essere seguiti grazie alla telemedicina e in particolare al controllo in remoto tramite il loop recorder, siamo così in grado di gestire eventuali ricorrenze e complicanze a distanza”.
Riccardo Cristiano