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Crisi del settore edile, l’imprenditore Piero Barbieri scrive a Giuseppe Conte

3 min di lettura
piero barbieri

Mancanza di lavoro, mille difficoltà burocratiche, ribassi d’asta

Comunicato Stampa

Sono queste alcune delle problematiche a cui bisogna far fronte oggi per chi si trova a gestire una impresa edile.

E le cose si complicano quando l’azienda si trova in Calabria. A denunciare la crisi del mondo imprenditoriale è Piero Barbieri, titolare di una impresa edile calabrese che opera nel settore da oltre quarant’anni, che ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli e al presidente dell’Associazione degli industriali.

“La riduzione delle opere in appalto ci ha portati ad una concorrenza spietata tra le imprese, le quali per poter sopravvivere – ammette l’imprenditore Barbieri – hanno dovuto lavorare in alcuni casi sottocosto”.

Un’impresa ereditata dal padre, economicamente florida fino agli anni duemila: “Oltre ad avere ottenuto molti attestati di qualità, gli affari andavano bene al punto da consentirmi di incrementare manodopera e beni strumentali. Con l’avvento dell’euro il settore è entrato in una notevole crisi, per cui più volte mi sono chiesto, quali fossero le cause che l’hanno determinata, non escludendo anche la valutazione di una eventuale mia incapacità di competere con le altre imprese”.

Ma non è solo la mancanza di lavoro una delle cause della crisi del settore. “La partecipazione ad una gara d’appalto – spiega Barbieri – comporta delle spese sia economiche che temporali non indifferenti. Il costo di una gara d’appalto (sotto il milione di euro) varia intorno ai 300/400 euro. Normalmente, partecipano ad un bando di gara dalle 80 alle 100 imprese, quindi statisticamente bisogna partecipare a circa 90 gare per potersene aggiudicare una. Se moltiplichiamo 90 per 350 euro (costo di una singola gara), l’impresa deve spendere 31.500 euro, costo che, se anche di piccola dimensione, non si può assolutamente sostenere. Senza contare i lunghi tempi per preparare la documentazione richiesta dal bando. Se ne deduce, quindi, facendo una stima del tempo di aggiudicazione, che occorrono 90 giorni. Senza dire che l’aumento esagerato della burocrazia costringe ad assentarsi sempre di più dal cantiere; e ad incrementare le spese concorrono i notevoli costi delle certificazioni (SOA, qualità, attestazioni, corsi, ecc.)”.

Cosa bisognerebbe fare per superare questi ostacoli? “Tutto questo si potrebbe risolvere prevedendo la partecipazione alle gare con un unico documento in cui si attesti l’idoneità dell’impresa, eventualmente da rinnovare periodicamente”.

“Una razionale normativa – scrive Barbieri nella lettera – permetterebbe alle imprese di fare più investimenti; si ridurrebbe notevolmente il fenomeno del lavoro nero quindi le imprese oneste sarebbero più competitive, si incrementerebbero i posti di lavoro e i versamenti dei contributi che significherebbero più entrate per lo Stato; ma soprattutto più sicurezza nei cantieri”.

All’interno della lettera, l’imprenditore Piero Barbieri parla anche dei ribassi d’asta: “A tutt’oggi le imprese per tentare di aggiudicarsi una gara d’appalto, sono costrette ad effettuare ribassi almeno del 30-40%, a differenza di vent’anni fa quando bastavano ribassi del 10- 20%, che assicuravano un giusto ricavo che permetteva non solo la loro sopravvivenza, ma anche la possibilità di investire nel mercato. Eppure, basterebbe poco per risolvere questo problema.

Infatti, basterebbe cambiare le regole di aggiudicazione delle gare d’appalto, introducendo metodi del tipo “il prezzo medio”: cioè vince la gara chi riesce a centrare il ribasso medio. Le attuali procedure di aggiudicazione portano tutte all’aumento dei ribassi (“media mediata” e “offerta economicamente più vantaggiosa”).

Il tutto ormai si è trasformato in una strana prassi: o si offrono ribassi oltre il 30%, oppure diventa inutile partecipare alle gare. E questo non incide certamente in modo positivo alla realizzazione delle opere”.

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