Dal Placito Capuano ai poeti del Basso Medioevo: le origini della lingua italiana
3 min di letturaAlle origini della lingua italiana: alcune tappe che hanno portato alla nascita dell’italiano così come lo conosciamo oggi.
La lingua italiana è passata attraverso secoli di ispide selve, stagno oscurantismo e lunghissimi conflitti bellici, prima di riuscire a imporsi in primis sul latino e poi sulle altre lingue volgari. Promosso per mezzo delle opere dei poeti toscani, che si ispirarono ai letterati siciliani, l’italiano arrivato ai giorni nostri trova le sue radici proprio nel dialetto fiorentino.
Il primo documento ufficiale scritto in volgare italiano, però, risale addirittura al marzo 960. Stiamo parlando del noto Placito Capuano (conosciuto anche come Placito Cassinese), un atto notarile scritto in dialetto campano e riguardante la contesa di un appezzamento di terreno tra un privato e dei monaci.
La classe notarile fu una delle prime, insieme a quella dei religiosi e dei mercanti, a usufruire del linguaggio del volgo per rendere più comprensibile il linguaggio ai ceti sociali più modesti. Comportamento singolare fu quello assunto dalla Chiesa che pur proteggendo la lingua latina legata al Cristianesimo, doveva ricorrere al volgare, la lingua parlata, per diffondere il messaggio cristiano alla maggioranza della popolazione. Il Placito Capuano, comunemente considerato l’atto di nascita dell’italiano volgare, è custodito all’interno della Biblioteca dell’Abbazia di Montecassino.
Le origini della lingua italiana verosimilmente possono essere collocate alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, tra il quinto e il sesto secolo, quando il latino piano piano viene incalzato dai primi idiomi volgari. A concorrere in maniera determinante alla diffusione della lingua, come già detto, furono i poeti, in special modo in Sicilia, sotto gli Svevi, e in Toscana.
Dal XIII secolo Firenze diverrà il centro della letteratura italiana e qui nascerà la scuola degli stilnovisti che, nel corso dei decenni, influenzerà poeti illustri come Dante Alighieri – che si servirà moltissimo del dialetto toscano per i suoi scritti, quali la “Vita nova”, il “De vulgari eloquentia” e la “Comedìa” –, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. L’affermazione della lingua avrà bisogno di qualche secolo di maturazione, fino al ‘500, quando con le opere di Ludovico Ariosto e Niccolò Machiavelli sopraggiunge il definitivo sorpasso sull’agonizzante latino. Nel 1583 nascerà l’Accademia della Crusca, la più antica istituzione linguistica del mondo, che darà vita al suo vocabolario della lingua italiana, un idioma ricco di tradizioni, sempre mutevole, forse troppo ingiustamente bistrattato, ma che continua ad affascinare in tanti, risultando nel 2016 la quarta lingua più studiata nel mondo dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese.
Antonio Pagliuso