Maurizio Maraviglia, il garante delle bonifiche fasciste in Calabria
3 min di letturaAristocratico e con una giovinezza da nazionalista, divenne uno degli esponenti del PNF calabrese più potenti presso Mussolini, e fu promotore delle opere di bonifica in Calabria.
Nacque a Paola (CS) il 15 gennaio 1878 da Pietro e Emilia Miceli, in una delle famiglie più ricche e facoltose del cosentino. Compiuti gli studi classici a Napoli e conseguita la laurea in giurisprudenza a Roma, in questo periodo milita inizialmente nel movimento socialista, poi nel sindacalismo rivoluzionario e dal 1909 nel movimento nazionalista di Enrico Corradini (come il corregionale Luigi Siciliani), dove ben presto ne diverrà uno dei più influenti dirigenti tanto che sarà fra coloro che caldeggeranno la sua trasformazione da movimento in partito (Firenze, 1910), condizionando il dibattito politico interno attraverso la direzione del suo giornale ufficiale, L’Idea Nazionale. Divenuto dunque un feroce antisocialista e antidemocratico, farà di tutto per far espellere dal partito la componente moderata e irredentista nel 1911.
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La Grande Guerra e il fascismo
Con lo scoppio della Grande Guerra (1915-1918), divenne un deciso interventista e si arruolò da volontario, riportando due ferite che gli fecero guadagnare la Croce di guerra.
Congedato nel 1918, il suo antisocialismo divenne rabbioso antibolscevismo. Con simpatia vide dunque la fondazione dei Fasci di Combattimento da parte dell’ex socialista Benito Mussolini nel 1919 e ne caldeggiò prima la collaborazione e, dopo la marcia su Roma (1922), la fusione del partito nazionalista nel PNF (1923). Divenuto membro di spicco del partito fascista come il futuro ultimo segretario del PNF Carlo Scorza, contribuì alla elaborazione della Legge Acerbo (1923) e della Carta del Lavoro (1927). Lavorò a stretto contatto col potente fascista vibonese Luigi Razza, mentre il suo potere personale crebbe senza sosta, rivestendo ruoli importanti quali la presidenza dell’Ente degli istituti Autarchici e soprattutto quello della Società anonima bonifiche calabresi, per mezzo del quale, su delega del potente gerarca calabrese Michele Bianchi e in accordo col politico lametino Salvatore Renda e il podestà di Nicastro (ora Lamezia Terme) Nicola Nicotera di Martà fece prosciugare le paludi malsane che infestavano da secoli la Piana di Santa Eufemia Lamezia. A ciò si deve sommare l’attività di direttore del giornale La Tribuna, nonché la docenza nelle università di Perugia prima e di Roma poi delle cattedre di Storia e dottrina generale del fascismo e di Diritto Pubblico. Candidato nel Listone Nazionale in Calabria, sarà deputato dal 1924 fino al 1939, quando poi sarà nominato senatore del Regno. In questi anni sarà, assieme ai già citati Bianchi, Razza e Antonio Lanzillo uno dei più importanti referenti del fascismo calabrese presso Mussolini.
Il declino politico e la morte
La sua rovina politica sarà la scoperta del suo coinvolgimento nello scandalo prodotto nella sua decennale gestione (1924-1934) poco oculata della Società anonima bonifiche calabresi, che comportarono il crac economico della banca del Sud, mentre lui si era arricchito in maniera spropositata. Ciò lo mise in cattiva luce agli occhi del duce. Con il crollo del regime fascista (1943), Maraviglia sarà fatto prigioniero dagli Alleati e deferito per i suoi stretti legami col defunto regime all’Alta Corte di giustizia, la quale però gli renderà la libertà nel 1948.
Ritiratosi a vita privata, morirà a Roma il 26 maggio 1955.
M. S.