Il delitto della Cattolica, un giallo lungo 45 anni
3 min di letturaMattina di lunedì 26 luglio 1971. Milano: Università Cattolica del Sacro Cuore. Nei pressi del blocco G, un giovane seminarista sente un rumore continuo, simile a uno scroscio d’acqua, provenire dai bagni femminili del deserto, considerando la stagione, ateneo meneghino.
Essendo suo compito controllare gli alloggiamenti, entra e i suoi occhi assistono a una scena che non dimenticheranno mai. Sul pavimento del bagno il giovane trova il corpo straziato di una ragazza, riverso in un mare di sangue.
È così che inizia il giallo della Cattolica, un caso storico che oggi, a quarantacinque anni dal suo compimento, non ha ancora un colpevole.
La vittima è Simonetta Ferrero, ventinove anni, dirigente presso la Montedison e ricercatrice per la Cattolica, la prestigiosa Università milanese nella quale si era laureata due anni prima in Scienze Politiche.
La ricostruzione dei fatti è presto fatta: la mattina di sabato 24 luglio la giovane è in giro per la città a espletare alcune commissioni in vista delle vacanze in Corsica che trascorrerà con la famiglia. Dopo aver comperato un dizionario italiano-francese, si reca, per recuperare dei libri per un amico, nella libreria universitaria trovandola, però, chiusa per ferie. Essendo in un ambiente a lei noto, avrebbe approfittato della circostanza per andare un attimo in bagno, nella toilette del blocco G. Non ne uscirà più.
Come detto, il suo corpo sarà ritrovato due giorni dopo dal seminarista in una pozza di sangue, trafitto per 33 volte al volto, al collo, al petto, alla schiena e alle braccia. Ben sette, proverà l’esame autoptico, furono i colpi mortali, uno dei quali recise la carotide della povera studentessa. Sulle sue unghie furono rinvenuti frammenti d’epidermide, segno che la donna lottò prima di soccombere al suo aguzzino. Non si trattava di un’aggressione a sfondo sessuale, né politico; probabilmente la giovane si imbatté in qualcosa di più grande di lei trovandosi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Furono interrogati alcuni operai che quella mattina, al pianterreno dell’Università, stavano lavorando con un martello pneumatico, ma fu accertata la loro più assoluta estraneità ai fatti. Più avanti fu intrapresa la pista di un potenziale serial killer: a Milano, infatti, tra il 1970 e il 1975, ben undici donne furono uccise da una mano ignota, perlopiù prostitute, ma anche ragazze semplici come Simonetta. Nel 1994 una lettera riaprì il caso: nella missiva si comunicava che negli anni del delitto, un religioso fu allontanato dall’ateneo perché accusato di molestare delle ragazze.
La segnalazione non trovò alcuno riscontro.
Tarda mattinata di un sabato di fine luglio, un’università praticamente deserta, zero testimoni, zero indizi, il delitto perfetto; è il delitto della Cattolica. Di Simonetta Ferrero rimane una piccola fototessera in bianco e nero che a quarantacinque anni di distanza ci lascia soltanto un magone allo stomaco per un omicidio mai risolto.
Antonio Pagliuso