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Disastro aereo delle Ande, cannibali per sopravvivere

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Glaciar de las Lágrimas, cordigliera delle Ande. Il 13 ottobre 1972 il velivolo Fokker Fairchild FH-227D della Fuerza Aerea Uruguayana, partito da Montevideo e diretto a Santiago del Cile, a causa di un errore tecnico si schianta contro un roccione delle catena montuosa andina. È il disastro aereo delle Ande. Nell’impatto muoiono diciotto delle quarantacinque persone a bordo dell’aereo, molti dei quali giocatori dell’Old Christians Club, squadra uruguaiana di rugby.

COSTRETTI AL CANNIBALISMO – Dispersi tra la neve di quel luogo imprecisato delle Ande, altre undici persone moriranno nei giorni successivi a causa del terribile freddo (le temperature notturne scendevano anche ai 30 gradi sotto lo zero), delle ferite riportate e in seguito a una valanga che la notte del 29 ottobre colse i superstiti addormentati tra i rottami del velivolo. Nessun soccorso arriverà poiché nel Paese si erano perse le speranze di ritrovare l’aereo scomparso. Mentre le settimane trascorrono, i sedici superstiti bloccati in mezzo alle montagne, senza più provviste e con le speranze di sopravvivere che diventano ogni giorno più utopiche, si trovano costretti alla tragica decisione di nutrirsi mangiando i cadaveri dei compagni. Una scelta dolorosa per tutti, ma necessaria per tenersi in vita.

Parrado e Canessa. Disastro aereo delle Ande
Fernando Parrado e Roberto Canessa. Al centro un soccorritore.

FINE DELL’INCUBO – Due dei sopravvissuti, Roberto Canessa e Fernando Parrado, consapevoli che le speranze di uscire vivi da quel luogo a 3600 metri di altezza non erano più molte, decisero allora di tentare un temerario attraversamento a piedi delle Ande per cercare soccorsi. Il 23 dicembre, settantadue giorni dopo la tragedia, l’incubo finì: Canessa e Parrado valicarono le Ande raggiungendo un villaggio e lanciarono l’allarme.
Sulla fortissima esperienza Roberto Canessa, autore del libro-documento “Dovevo sopravvivere”, ha detto in una recente intervista: «Mi sono reso conto che gli esseri umani quando materialmente non hanno più nulla, riescono a compensare spiritualmente e diventare forti».
Alcuni film sono stati dedicati al disastro aereo delle Ande: nel 1976 fu girato “I sopravvissuti delle Ande”, pellicola messicana diretta da René Cardona; è del 1993, invece, il film “Alive-Sopravvissuti” del regista americano Frank Wilson Marshall. Come Canessa, pure Parrado ha raccontato la sua incredibile storia attraverso le pagine di un libro: insieme a Vince Rause ha scritto “72 giorni: la vera storia dei sopravvissuti delle Ande e la mia lotta per tornare”.

Antonio Pagliuso

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