Documento gruppo lavoro settore socio-sanitario comitato area urbana Catanzaro-Lamezia
7 min di lettura
Questo non è un documento amministrativo o di fattibilità ma un documento che deve ipotizzare un possibile quadro di riferimento
Le riunioni preliminari del gruppo di lavoro del settore sociosanitario del Comitato per l’area urbana Catanzaro-Lamezia hanno evidenziato che le peculiarità dell’area stessa che certamente possono essere ipotizzate sono subordinate alla esistenza di un quadro di riferimento di tipo regionale perché non sembra possibile ipotizzare alcuna condizione che non sia omogenea con quella di tutta la regione.
Tuttavia, proprio questo quadro di riferimento è attualmente mancante per cui si ritiene , senza alcuna pretesa di sostituirsi alle prerogative delle Istituzioni, di dover esprimere una visione del Comitato su tutta la questione, ricordando che questo non è un documento amministrativo o di fattibilità ma un documento che deve ipotizzare un possibile quadro di riferimento.
Tutti coloro che hanno finora partecipato al gruppo di lavoro hanno convenuto che è necessario avere una visione di sistema e che essa debba essere basata su due elementi importanti l’integrazione socio-sanitaria e il forte riavvicinamento tra cittadini e sistema sanitario pubblico e che abbiamo definito medicina di prossimità.
Partiamo dalla prima questione.
Da qualche anno si va delineando una nuova concezione della salute intesa non più e non solo come intervento curativo, troppo spesso tutto incentrato sul sistema ospedaliero, ma rivolta a promuovere la tutela individuale e il suo benessere. È evidente che questa visione mette in primo piano la salvaguardia ambientale, la conservazione e la cura del territorio, la medicina di comunità, i servizi di prossimità e, aspetto molto rilevante, il cosiddetto budget di salute (insieme di prestazioni sociali, comunitarie e sanitarie dirette a favorire la vita autonoma di persone con disabilità e in condizioni di fragilità).
Una visione, questa, rivolta ad attivare le capacità anche residue delle persone in difficoltà per ridurre il più possibile il ricorso all’istituzionalizzazione nelle strutture residenziali (RSA, case di riposo ecc.) e magari favorire un virtuoso processo di deistituzionalizzazione cui oggi si ricorre troppo spesso e senza considerare i benefici che le persone, soprattutto quelle anziane, possono godere dal permanere nel proprio territorio e nella propria abitazione.
È di tutta evidenza, per quanto detto, che non si può prescindere da una piena, convinta e totale integrazione socio-sanitaria anche per rendere più efficiente e più efficace la medicina territoriale e di prossimità. Occorre, pertanto, formalizzare i rapporti, oggi quasi inesistenti, tra aziende sanitarie e ambiti territoriali intercomunali e occorre, altresì, dare immediata attuazione alle Case di comunità, volute e finanziate anche nel PNRR, per creare comunità inclusive, accoglienti e capaci di migliorare la qualità della vita e il benessere delle persone.
Le case di comunità quindi (come appunto il PNRR chiama le strutture periferiche che in passato abbiamo chiamato strutture distrettuali, Case della salute, ecc.) e che devono essere concepite come lo strumento di realizzazione sia dell’integrazione sia della medicina di prossimità, cioè della possibilità di ottenere una serie di prestazioni il più vicino possibile al proprio domicilio.
Esse deve essere la sede di
• Integrazione sociosanitaria con partecipazione di professionalità diverse da quelle sanitarie tradizionali (medici e infermieri) allargandosi allo psicologo, all’assistente sociale, agli operatori consultoriali agli operatori degli Enti locali, del volontariato e del terzo settore.
• Consultorio materno-infantile e per gli anziani
• Coordinamento dell’assistenza domiciliare con presenza degli infermieri del territorio
• Coordinamento dell’assistenza alla cronicità che non può essere lasciata al solo medico di famiglia
• Massiccia presenza specialistica e diagnostica come punto di riferimento del medico di famiglia: presenza degli specialisti, punto prelievi, endoscopia di
• base, cardiologia strumentale di base, diagnostica per immagine (eventualmente anche convenzionando strutture private in relazione ai costi di impianto e alla presenza effettiva di strutture private sul territorio)
• Presenza della continuità assistenziale e della struttura di Emergenza-Urgenza con mezzi medicalizzati. Questo è forse il problema più importante perché in un a visione di medicina moderna la possibilità di garantire la salvezza o meno di un paziente non dipende dalla vicinanza di un presidio ospedaliero di base ma dalla rapidità con la quale un paziente critico può giungere in un presidio di alta qualificazione professionale e tecnologica,
Un problema del tutto particolare è rappresentato dal medico di medicina generale e dal pediatra di libera scelta. L’attuale stato della discussione dul ruolo complessivo e sulla posizione giuridica di questa figura sfugge alla nostra valutazione in questo momento.
Tuttavia, crediamo sia possibile affermare che sia gli studi del singolo medico fortemente decentrati sul territorio per raggiungere le esigenze minime dei pazienti in certi momenti della settimana, sia le strutture associate (UCCP e AFT) per garantire una più ampia copertura assistenziale nelle ore diurne siano essenziali e indispensabili e particolarmente utili specialmente se completate dalla possibilità di ottenere delle risposte diagnostiche e specialistiche dalle Case di comunità. Il ruolo nella Case stesse è meritevole di maggiore approfondimento,
Un numero congruo delle Case di Comunità eventualmente su due livelli di completezza e con l’assoluta integrazione informatica può rappresentare la realizzazione della visione che abbiamo cercato di enunciare.
L’altra faccia del problema è costituita dalla Visione ospedaliera. I più importanti ospedali calabresi son stati ormai da anni utilizzati inmaniera del tutto inappropriata a causa della desertificazione del territorio. Ciò ha comportato immani disagi ai cittadini (le cronache sono piene di inenarrabili attese ai Pronto Soccorso e di reperimento di un posto letto) ma specialmente la dequalificazione delle stesse strutture che ha condizionato e giustificato la grossolana emigrazione sanitaria per mancanza dei servizi in una parte dei casi e per difetto di immagine in tanti altri. È indispensabile tornare ad ospedali qualificati dal punto di vista tecnologico, professionale e alberghiero. Ciò può essere assicurato a regime da:
-11 OSPEDALI
-UNA GRANDE AOU di circa 800 letti
-2 HUB di circa 600 letti
-8 SPOKE intorno a 400 letti
Alcune strutture private convenzionate (per un totale di circa 900 letti) non ripetitive ma intese come strutture di particolare efficacia specialistica.
Questo è un progetto ambizioso, necessitante di tempi medio lunghi, di risorse umane e finanziarie che è possibile reperire e che non possono essere sperperate in inutili strutture intermedie alimentate solo dal campanile.
L’area urbana Catanzaro-Lamezia deve avere dal punto di vista territoriale le caratteristiche che abbiamo enunciato. Non conosciamo con esattezza il documento che più di un anno fa la Regione ha frettolosamente inviato al Ministero per le Case di Comunità ma sappiamo che la proposta che ci riguarda è assolutamente inadeguata. Le città di Catanzaro e di Lamezia con il loro immediato interland devono poter contare su sei strutture territoriali:
-A Catanzaro Lido via Crotone
-A Catanzaro centro via Acri opportunamente ampliata
-A Catanzaro Nord Ovest in una struttura individuabile presso l’ex Villa Bianca od in altra struttura reperibile (l’ex Villa Nuccia?)
-A Lamezia Nicastro
-A Lamezia Sambiase
-A Lamezia S.Eufemia o Gizzeria o Falerna
Bisogna inoltre potenziare il restante territorio più in prossimità dei due centri principali con due strutture a Soverato e Soveria Mannelli (nei locali degli attuali presidi ospedalieri).
Dal punto di vista ospedaliero non vi è dubbio che l’AOU Dulbecco deve rappresentare l’apice della qualificata rete ospedaliera che abbiamo cercato di tratteggiare costituendo anche una importante leva di sviluppo dell’area urbana, Purtroppo la sciagura decisione di frammentare la formazione sanitaria in più poli può compromettere tale progetto., Ci dispiace di dover constatare che questa scelta, iniziata con la virtuosa ipotesi di un corso interateneo che utilizzasse le competenze cliniche della UMG e quelle tecnologiche dell’UNICAL sia stato sostituito tout court da quest’ultima ipotesi che potrebbe sfociare in un a serie di AOU impensabili ai livelli di popolazione di risorse della Calabria.
L’ospedale di Lamezia deve essere potenziato e qualificato in maniera significativa e completato di tutte le specialità e le strutture come deve essere per tutti gli Spoke.
Tutto ciò può essere in maniera determinante da un intervento dei poteri locali.
Infatti nel quadro normativo e regolamentare vigente là aziende sanitarie e quelle ospedaliere sono obbligate a sottoporre al comitato dei sindaci gli atti aziendali di natura organizzativa generale, atti aziendali di diritto privato, e gli atti programmatori sulle attività da svolgere e sulle prestazioni da erogare, come piani di zona, piani attuativi ed organizzativi sulla erogazioni delle prestazioni sanitarie.
In particolare, mentre gli atti organizzativi definiscono i livelli di responsabilità e gli ambiti tecnici professionali dell’organizzazione i piani di attività dettagliano le tipologie e le quantità di prestazioni da erogare nelle diverse sedi aziendali.
Quanto sopra impatta direttamente non solo sulla garanzia dei livelli e sottolivelli assistenziali ma soprattutto sulla garanzia di equità di accesso alle cure, in particolare delle persone con limitazione della mobilità.
In tale contesto il luogo naturale di confronto delle problematiche di natura programmatori a e di verifica dei risultati è la conferenza dei sindaci che assume nella previsione normativa non come una sede di approvazione di atti ma come un luogo di informazione democratica e di confronto sulla politica sanitaria e sui risultati conseguiti.