Storia di Doroty. Piccioni chiede nuovo iter per situazioni analoghe
4 min di letturaSu Doroty, Piccioni (Lamezia insieme): “scelta di profonda solidarietà che spinge a una riflessione”
LAMEZIA. Lo scorso 13 giugno una donna di nome Doroty, sola e priva di mezzi, è passata a miglior vita dopo l’ennesimo ricovero presso l’ospedale di Lamezia. Dopo il decesso, il corpo senza vita di Doroty è stato posto in obitorio in attesa che il comune aiutasse associazione lametina “Donne e futuro” a sostenere le spese funebri, non avendo la poveretta alcun parente rintracciabile. Innanzi alla prospettiva di una lunga attesa, l’associazione ha iniziato una raccolta fondi provvedendo al funerale.
Sul punto è intervenuto oggi l’ex consigliere comunale di Lamezia insieme, Rosario Piccioni, che ha ben accoloto l’iniziativa dell’associazione “Donne e futuro” sottolineando la gravità della situazione.
“La storia di Doroty, portata all’attenzione dell’opinione pubblica cittadina dall’associazione “Donne e futuro” che in questi anni l’ha aiutata e sostenuta, è uno dei tanti emblemi di come gli iter burocratici, pur legittimi, troppe volte umiliano quel senso di umanità che dovrebbe prevalere di fronte a situazioni dolorose come quella di questa donna canadese. Una storia segnata da sofferenza e solitudine, ma anche da tanto amore e altruismo.
Vorrei esprimere cordoglio per la sua scomparsa e un apprezzamento per il lavoro che da tanti anni l’associazione “Donne e futuro” svolge per numerose donne che, come Doroty, vivono il dramma della solitudine lontane dalla loro terra di origine, slegate da qualsiasi rapporto familiare e affettivo, fino al punto da non avere nessuno che si occupi di loro neppure dopo la loro morte.
Di fronte alla prospettiva di far giacere Doroty nella cella frigorifera di un obitorio per un numero indefinito di settimane, aspettando come da prassi i tempi necessari della gara d’appalto del Comune per trovare una ditta funeraria, l’associazione ha scelto di farsi carico delle spese funerarie per accelerare i tempi e dare a questa donna una sepoltura dignitosa.
Una scelta di profonda solidarietà che spinge a una riflessione rispetto a certi iter per i quali il rispetto delle regole dovrebbe essere necessariamente accompagnato da un surplus di buon senso e soprattutto di umanità. E’ evidente che attivare procedure di gare d’appalto per consentire le esequie solo dopo la morte della persona, con la conseguenza di far rimanere il defunto in una cella frigorifera a volte per tante settimane, è una prassi che soffoca il senso di umanità e il rispetto della dignità delle persone.
Sia ben chiaro: soprattutto in una situazione del genere, piena di tristezza e pietà umana, non si vuole attaccare nessuno ma solo dare un piccolo contributo per far sì che certe situazioni non si ripresentino più.
Per tale ragione mi rivolgo ai commissari perché si valutino strumenti diversi e soprattutto più umani, di fronte a situazioni come quella di Doroty. Situazioni che, per l’intensificarsi dei fenomeni migratori e purtroppo anche per una crescente indifferenza nella società di oggi all’interno degli stessi contesti familiari, sono destinate ad aumentare. Penso, ad esempio, alla possibilità di espletare delle gare d’appalto preventive, eventualmente anche per macroaree geografiche, per individuare le agenzie funerarie che devono occuparsi stabilmente di questo servizio specifico, senza attivare lunghe procedure dopo i decessi con il rischio di far “impantanare” persino il diritto fondamentale di ogni persona ad avere una degna sepoltura nei meccanismi e nei tempi della burocrazia. In questo modo il Comune, in situazioni così tristi e meste, saprebbe immediatamente a quale agenzia rivolgersi.
Le storie come quella di Doroty ci aprono gli occhi sulla realtà difficile delle tante situazioni di solitudine presenti nella nostra città. Rispetto a queste realtà, la burocrazia deve necessariamente fare un passo indietro e chi amministra deve facilitare con ogni strumento il lavoro di tanti volontari che, come quelli di Donne e Futuro, spesso sostituendo lo stesso Stato e gli enti pubblici, scelgono di accompagnare le persone più fragili e sole della nostra società”.
Redazione