“Due parole in croce”, al Cafè Retrò va in scena Giuseppe Semeraro
3 min di letturaSuggestioni ed emozioni durante il Reading ‘Due parole in croce’ di e con Giuseppe Semeraro
LINA LATELLI NUCIFERO
È andato in scena, presso il Cafè Retrò di Lamezia Terme, il Reading “Due parole in croce” interpretato dall’attore e poeta Giuseppe Semeraro. Scopo principale dell’evento quello di riscoprire la poesia attraverso il teatro.
Il poeta è stato accompagnato dalla chitarra del compositore siciliano Leone Marco Bartolo ed ha proposto dei frammenti teatrali e monologhi poetici di grande impatto emotivo, tratti non solo dal libro di poesie “Due parole in croce” ma anche da “A cosa serve la poesia? Canti per la vita quotidiana” scritto a quattro mani e in forma dialogica con Gianluigi Gherzi.
Giuseppe Semeraro, nato a Pezze di Greco, è tra i fondatori della compagnia Principio Attivo con la quale realizza spettacoli come regista ed è anche attore ed ideatore dello spettacolo “Digiunando davanti al mare”, ispirato alla figura del poeta Danilo Dolci.
Attraverso il rito teatrale, giocato sullo sfondo delle parole poetiche dei testi esibiti, è riuscito a suscitare le visioni e le suggestioni che ne pervadono le pagine dove trovano spazio tematiche dominate da struggenti sentimenti e stati d’animo che scavano nell’anima raccontando dolori, desideri e disincanti e non solo. Raccontano infatti anche la terra, i campi, gli attrezzi agricoli, familiari al poeta di origine contadina, il lavoro che spacca la schiena, la disoccupazione dei meridionali, le burocrazie statali, gli emigranti inghiottiti dal mare per i quali « ci penserà il mare //a inventare per noi sulla terra// una riva fragile dove in eterno// cercheremo la nostra conchiglia», la solitudine del poeta disoccupato.
Raccontano insomma il mondo quotidiano intriso di rudezze ed umanità, di egoismo e solidarietà, di odio e amore. Il poeta diventa la voce della realtà rappresentata nella sua complessità di luci ed ombre, di involuzione e progresso tecnico- scientifico.
Alla fine l’attore e poeta Semeraro si è congedato dai convenuti con un «grazie» che «è la parola che costa di meno», che racchiude gesti, sorrisi e speranza perché, continua il poeta «quando gli uomini fanno gli uomini// vince sempre l’amore».
Il Reading è stato preceduto da un incontro diretto con Giuseppe Semeraro, moderato dalla blogger Ippolita Luzzo, durante il quale si è approfondito il percorso poetico dell’autore e si è cercato di dare una risposta alla domanda sull’utilità della poesia, interrogativo sul quale si basano proprio Semeraro insieme a Gherzi nel libro “A che serve la poesia? Canti per la vita quotidiana”.
«La poesia – ha chiarito Semeraro condividendo il pensiero di Gherzi- è servizio e serve alla vita, la smaschera, la fa esplodere nella sua bellezza e nel suo mistero, però solo se anche la vita serva alla poesia». La poesia serve a portare gli occhi sul mondo, sulla violenza, sulle ingiustizie, sulle guerre, sui cuori fratturati, sulle speranze massacrate, serve per cercare le parole per dire tutto questo senza presunzione, senza pregiudizio, senza una griglia interpretativa che mortifica la vita. Nel diventare dialogo, frammento teatrale, voce, rito, la poesia ritrova la forza della coralità e di parlare alla gente in maniera diretta guardandola negli occhi.