E’ morto l’architetto Paolo Portoghesi
5 min di letturaL’architetto aveva firmato il progetto della Cattedrale di san Benedetto di Lamezia Terme
I suoi ultimi pensieri sono stati per il futuro della tenuta di Calcata, la grande immaginifica casa giardino nel borgo medievale alle porte di Roma dove da cinquant’anni insieme con la moglie Giovanna Massobrio, anche lei architetto, ha dato forma alla sua idea di architettura legata al genius loci, con il parco disseminato di biblioteche tematiche, giochi d’acqua, piscine, citazioni letterarie, omaggi ai grandi artisti del passato, animali esotici.
E forse è proprio quella dimora fantastica dove ogni angolo è gioco intellettuale e fantasia ma anche storia e pensiero a raccontare meglio di tutto la personalità sfaccettata e poliedrica di Paolo Portoghesi, morto oggi a 92 anni ancora lucidissimo, in piena attività.
Architetto di fama ma anche storico, critico, docente, primo direttore della Biennale Architettura nella storica edizione che con il teatro del Mondo di Aldo Rossi lanciò la via italiana al Post Modern. Una vita fino all’ultimo ricca di incarichi, idee, aspirazioni, progetti che in tanti momenti hanno incrociato la fede e le fedi ma anche l’arte, il teatro, il cinema, come fu per Casa Papanice, costruita a Roma a metà degli anni ’60 e diventata poi un set per tanti titoli della commedia all’italiana, indimenticabile quello con Monica Vitti protagonista di Dramma della Gelosia di Scola. Papà ingegnere, laurea in architettura nel 1957, Portoghesi in tanti anni di carriera ha visto realizzati moltissimi dei suoi progetti, disegnando e costruendo davvero di tutto in Italia e all’estero. L’elenco è lungo, dalla Casa Baldi, citata in tutte le storie dell’architettura proprio per quella sua capacità di legare il progetto architettonico al luogo e alla storia, alla moschea di Roma, forse la sua opera più nota, passando per i complessi residenziali dell’Enel di Tarquinia, l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, il teatro di Catanzaro. Suo anche il restauro della piazza del Teatro alla Scala di Milano e di Piazza San Silvestro a Roma, mentre fra i lavori per l’estero ci sono residenze (Berlino), giardini (Montpellier),alberghi, fast food (Mosca), la Moschea di Strasburgo, tante chiese. “Dovendo scegliere tre opere che mi rappresentano, indicherei la chiesa della Sacra famiglia a Salerno, la piccola chiesa di San Cornelio e Cipriano a Calcata e la moschea di Roma – spiegava lui qualche anno fa in una intervista all’ANSA- Ma i i progetti sono un po’ tutti figli, ogni tanto li vado a trovare”. Ma non solo, perché tanto tempo Portoghesi lo ha dedicato all’insegnamento – alla Sapienza e poi al Politecnico di Milano di cui è stato rettore dal 1967 al 1979- e agli studi teorici, agli scritti che hanno fatto epoca sul barocco romano e l’adorato Borromini (è del 2019 la revisione della sua monumentale monografia del 1967). Ma anche ai lavori dedicati all’architettura moderna, la rilettura e la valorizzazione dell’opera di Mario Ridolfi, per esempio. Tutto materiale che dal 2016 è stato donato al Museo Maxxi di Roma. E’ stato presidente dell’Accademia di San Luca e accademico dei Lincei, presidente della Biennale di Venezia dal 1984 al ’93. E proprio alla Biennale è legato un passaggio fondamentale della sua carriera, quello del lavoro condiviso con Aldo Rossi nel 1980 in occasione della prima Mostra di architettura, con la Strada Novissima e con il meraviglioso esperimento de Il teatro del mondo. Era il momento del post moderno, di cui Portoghesi in Italia è stato il principale esponente, con l’idea di stabilire un nuovo rapporto creativo con la storia e le tradizioni delle diverse civiltà. Anche le critiche negli anni non sono mancate. Per questo, confidava lui al traguardo dei suoi 90 anni, lo faceva felice la più recente rivalutazione di quell’impegno teorico: “Finalmente oggi si è capito che il post moderno è stato un movimento per liberarsi da una schiavitù. Per me il senso di una maggiore comprensione. E perché no, di rispetto per il mio lavoro”.
Le espressioni di cordoglio
“Con Paolo Portoghesi l’Italia perde un impareggiabile maestro dell’architettura postmoderna. La sua arte, le sue intuizioni, il suo genio, rimarranno per sempre nel patrimonio di un’arte come l’architettura, vissuta e praticata non solo per creare il bello, ma anche per realizzare opere dalle caratteristiche peculiari e uniche”. Con queste parole, il presidente del Veneto, Luca Zaia, esprime il suo cordoglio per la scomparsa del grande architetto. “Di lui – prosegue Zaia – anche il Veneto conserva un ricordo concreto di una presenza prestigiosa: a cominciare dalla direzione del settore architettura della Biennale di Venezia cui fu chiamato nel 1979, fino alla costruzione del Teatro nel Mondo, che affidò a Aldo Rossi, su una barca ormeggiata nel bacino di San Marco, che poi navigherà fino a Dubrovnik. E poi Treviso, con il Quartiere Latino e Palazzo Bortolan. Alla sua famiglia, al mondo dell’arte architettonica e a tutti coloro che l’hanno conosciuto e stimato rivolgo – conclude – il mio più profondo cordoglio”.
“Oggi è un giorno di lutto per l’architettura italiana. La scomparsa di Portoghesi ci priva di una figura autorevole sia nel campo della progettazione che in quello della teoria. Egli nutriva un concetto globale dell’architettura, in cui l’armonia tra l’uomo e le forme del costruito e dell’abitato doveva essere compiuta”. A sottolinearlo è il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Mi piace ricordarlo qui, soprattutto, come colui che volle e promosse alla Biennale di Venezia la prima Mostra Internazionale di Architettura La presenza del passato sotto la presidenza di Giuseppe Galasso, aprendo con la Strada Novissima per la prima volta al pubblico i meravigliosi spazi dell’Arsenale”, conclude Sangiuliano.
Il presidente Roberto Cicutto, il cda e la Biennale di Venezia ricordano “con profonda stima e ammirazione il grande architetto Portoghesi, esempio straordinario di intellettuale, che fu illuminato presidente della Biennale nel decennio 1983-1992 e primo direttore del Settore Architettura dal 1979 al 1982”. “Nell’ambito di quest’ultima – ricorda la Biennale – ideò, tra le molte iniziative, la leggendaria Strada Novissima (1980), che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’architettura contemporanea e del Postmodernismo”.
“Un grande dolore, una grande perdita per l’Architettura ed il mondo della cultura: un amico, un Maestro e un intellettuale che ha contribuito a difendere la bellezza, sempre”. Lo dice il presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma e provincia, Alessandro Panci. “Una grande perdita per il Paese e per Roma, la sua città. La sua lezione sull’architettura resterà un caposaldo per tutti noi: professionisti, cultori e cittadini” sottolinea il presidente Panci a nome di tutto l”Ordine di Roma e Provincia inviando “un messaggio di commozione e vicinanza alla famiglia”.