Eleonora de Fonseca Pimentel
3 min di letturaPatriota, politica e giornalista italiana: fu una delle più figure più rilevanti della breve esperienza della Repubblica Napoletana del 1799.
Eleonora è una donna settecentesca su cui tanto si è scritto, tanto da farla apparire nella letteratura giacobina una martire santificata e sacrificata per la causa rivoluzionaria: riunì, a detta di tanti, le grazie di Saffo alla filosofia di Platone, da qui ne venne fuori, sicuramente, la stima di un Voltaire!
Libertà di pensiero e di azione, Libertà di vivere da Bastian Contrario, Libertà di amare intensamente un ideale: in tutto, a farle da compagna, fu la penna, l’unico dono concessole a difesa della causa rivoluzionaria.
Non le mancò, al riguardo, una formazione versatile: nel 1768 studiò matematica ed astronomia (con Vito Caravelli), mineralogia (con Melchiorre Delfico), chimica (con Falaguerra) e greco (con Vincenzo Meola); nello stesso anno fu ammessa all’Accademia dei Filateti sotto lo pseudonimo di Epolinfenora Olcesamante, anagramma del suo nome. Dopo pochi mesi venne persino accolta nell’Arcadia con il nome di Altidora Esperetusa (da qui una fitta produzione di sonetti nel trentennio che va dal 1768 fino al 1798).
Tuttavia, ciò che l’avrebbe resa celebre per sempre fu la creazione del Monitore Napoletano, il giornale del governo rivoluzionario redatto durante i 5 mesi di vita della Repubblica Partenopea, gli ultimi della sua esistenza.
“La libertà non può amarsi per metà, e non produce i suoi miracoli che presso i popoli tutto affatto liberi”, scriveva il 14 maggio 1799 sul n. 28 del Monitore.
Come tutti i patrioti, Eleonora era ben consapevole dei rischi e delle conseguenze comportate dalle sue scelte. Di lei l’amico ed esule Vincenzo Cuoco scrisse, infatti, che “si buttò come Camilla nella guerra”.
Era il 2 febbraio 1799, 47enne: mancavano meno di sei mesi alla sua fine.
“Forsan et haec olim meminisse juvabit” (Trad.: E forse un giorno gioverà ricordare tutto questo): furono le parole di congedo alla vita pronunciate da lei, prima di avviarsi al patibolo.
Fa specie, oggi, imboccando via Alcide De Gasperi, che è dirimpettaia di fronte ad un bellissimo garage, con San Francesco di Paola sovraimpresso, trovare all’altezza dell’ex Guardia medica, una piramide a lei intitolata, ma anonima, perché lacunosa, nella lettura: si legge appena il suo nome, mentre il suo motto, quello in latino, sopradetto, è quasi completamente abraso (occupato da qualche lumaca che ne percorre le fughe di marmo, come mostra l’immagine, che ho allegato), a meno che non lo si percorra manualmente col metodo Braille degli epigrafisti.
N.B.: Il presente contributo è dedicato ai giornalisti Lina Latelli Nucifero e Maria Scaramuzzino, impegnati, per formazione, nell’informazione. Il loro servizio pubblico è frutto di un’acclarata tradizione, tutta al femminile.
Prof. Francesco Polopoli