Il tema dell’emigrazione nella silloge poetica Ritorno dell’emigrante
3 min di letturaIl tema dell’emigrazione domina la silloge poetica Ritorno dell’emigrante di Maria Grazia Paola presentata dall’Associazione Culturale “Altrove” di Lamezia Terme, presieduta da Anna Cardamone, in contemporanea con mostra fotografica della lametina Miriam Guzzi “L’incanto oltre lo sguardo” finalizzata alla conservazione nel tempo della memoria storica di Conflenti.
I due momenti, fotografico e letterario, trovano un punto di contatto nell’attenzione comune verso il paese del Reventino Conflenti, rivisitato dal critico d’arte Miriam Guzzi e dalla poetessa Maria Grazia Paola, nativa di Conflenti, ma residente a Lamezia, che ne esplora la dolorosa esperienza dell’emigrazione, vissuta in prima persona fin dall’infanzia per la partenza del padre in Australia (poi ritornato) e di altri suoi paesani, diretti, nella prima ondata migratoria del 56-57, alla volta di Stati Uniti d’America, Canada, Australia.
“Ritorno dell’emigrante” è la prima raccolta di poesie, scritte da Maria Grazia Paola nell’età della giovinezza, in omaggio agli emigranti, ma soprattutto a quelli «che – ha affermato Pasquale Allegro – sono andati via ma non hanno mai compiuto l’abbandono, considerato una profonda cancellatura della propria terra. Emigrare – ha continuato – con il cuore arpionato alla terra è una promessa, una professione di fede, resistenza all’oblìo».
Da qui l’anelito di Maria Grazia Paola di mitigare, mediante la poesia, il dolore che lacera il cuore degli emigranti mentre trasbordano da un porto all’altro per raggiungere le terre lontane con la mente rivolta ai loro cari, ai verdi paesaggi della loro terra, alla zampogna di un paesano o alle nenie intonate dalla nonna.
«Maria Grazia – ha commentato Pasquale Allegro – forse vuole ricolmare lo spazio vuoto lasciato dagli emigranti» e dare risposte ai tanti interrogativi che affliggono chi è costretto a lasciare la propria casa. Colmi di paure e speranze, gli emigranti se ne vanno a vivere lontano con la speranza o, addirittura, con la certezza di ritornare nei luoghi natìi fortemente ancorati alle proprie radici, alla propria cultura, al sapore e agli odori della propria terra. Ma non tutti faranno ritorno, non tutti potranno realizzare il proprio sogno e respirare l’aria fresca e pulita delle montagne del Reventino.
Ad approfondire i temi della silloge è stata Miriam Guzzi che ha dato voce ad alcune poesie accompagnata da un sottodondo di alcune brani musicali di un cugino della poetessa Ennio Paola, compositore di musiche molto apprezzate a Toronto.
Un ulteriore approfondimento delle argomentazioni affrontate è stato attuato dall’ex consigliere provinciale Vittorio Paola il quale ha sostenuto che, negli anni 56 – 57, l’emigrazione da Conflenti, reduce dalla seconda guerra mondiale e con 5700 abitanti, è stata una necessità per la povertà che regnava nei luoghi cantati da Maria Grazia Paola.
Nel cosiddetto “catoio” abitavano stipate 8 o 10 persone e quindi gli abitanti, per migliorare le condizioni della propria famiglia e garantire lo studio ai propri figli con le rimesse, emigravano dopo aver ricevuto l’atto di richiamo dai parenti già partiti.
Prima però di prendere il largo, dovevano passare il visto a Messina o a Napoli. Il giorno prima della partenza in paese si dava una festa di commiato seguita la mattina successiva dalle grida di dolore e dal pianto degli emigranti che, in cuor loro, speravano di ritornare e rivedere quell’ “olmo ai Paoli” che si ergeva maestoso verso il cielo piantato da Alessandro Paola e che simboleggiava un punto di riferimento per chi aveva vissuto in quei posti che «Maria Grazia – ha concluso Vittorio Paola – ha descritto in maniera esemplare. Posti dove siamo nati e dove vogliamo tornare».
Lina Latelli Nucifero