Esopo latino, neolatino e lametino: una rana ed un topo, per questo scopo!
3 min di letturaRivisitare un autore, triplicandolo: forse, si può!
Esopo in lametino
’Nu tirragnulìallu, ’nu suricìcchjiu, praticamenti, fici amicizzia ccu ’na ranicella: chilla, malintenzionata, s’attaccàu allu pedi sua, ppì cci si spustari. ’Mprima su’ ragàu ’nta terra ppi pijàri granu ’i mangiari, ppi llu fhari cuntìantu, armenu! Pua su’ purtàu ’nta ’nu stagnu, mentri su’ gustava tutti ’ i voti cà calàva e ’nchjinàva ppi circari di riatàri, porìallu! Alla fini, chill’animalicchjiu, ’un abbuttandusi cchjiù d’aria, spiràu. ’Un passau ’na bona urata quandu du cìalu si vidi scindìri ’n aggìallu rapaci: acchjappaù l’unu e l’autru e si mangiau ’nta ’nu minutu. Mah, certi voti puru i mùarti gridanu vindetta e parica arriva puru subitu, senza tardari, ’un bidìti ccàdi!?
Postilla etimologica: “riatari” dal lat. tardo flatare, iterativo di flare «soffiare». Dalla stessa radice deriva pure “jatu” che a volte sta per “fiatella, esalazione”, significato confortato anche nella Divina Commedia «Lo nostro scender conviene esser tardo, Sì che s’ausi un poco in prima il senso al tristo fiato». (Dante)
Massima: ovviamente, fate attenzione alla vendetta! «Occhio per occhio servirà solo a rendere tutto il mondo cieco» (Gandhi), «Vuoi essere felice per un istante? Vendicati! Vuoi essere felice per sempre? Perdona!» (Tertulliano), «Vendetta, il boccone più dolce che sia mai stato cucinato all’inferno» (Walter Scott). Qualche volta, però, malgrado citazioni ed intenzioni, siamo capaci di polverizzare il prossimo con pensieri, parole, opere senza alcuna omissione: capita, purtroppo!
Esopo in latino
Mus quidam flumen transiturus, ut facilius super aquam transgrederetur, a rana auxilium petivit, eius fide confisus. Illa, posteriori pedi suo muris pede alligato, in aquam ingressa est et natans pervenit in medium amnem. Ibi, perfida mente, mutato consilio, fide quam muri dederat neglecta, in aquam se submersit et secum in profundum traxit miserum murem. Hoc mortuo, rana e profundo emersit et rursus cum comite suo pedi alligato natare coepit. Cum autem milvus, in caelo volans, murem mortuum in summis aquis fluctuantem conspexisset, voracitate impellente, praedam rapere voluit. Quare, praeceps e nubibus lapsus, murem unguibus arripuit et simul ranam, mortuo comiti alligatam, in caelum abstulit ut voraret. Sic perfida, quae vitam comitis, qui se ei commiserat, prodiderat, eundem vitae exitum experta, suae perfidiae poenam merito solvit. Fabella docet saepe improbos, dum, fide prodita, aliis nocere volunt, se ipsos interimere.
Esopo in neolatino, cioè in italiano…
Un topo di terra, per sua disgrazia, fece amicizia con una ranocchia. La ranocchia, malintenzionata, legò il piede del topo al suo, e così se ne andarono insieme, in un primo tempo, a mangiar grano per i campi; poi si avvicinarono all’orlo di uno stagno, e la ranocchia trascinò dentro il topo nel fondo, mentre essa sguazzava nell’acqua. Il povero topo si gonfiò d’acqua e affogò, ma galleggiava, legato al piede della rana. Lo vide un nibbio e se lo portò via tra gli artigli. La rana, legata, gli tenne dietro e servì anch’essa per la cena del nibbio. Anche i morti hanno la possibilità di vendicarsi, perché la giustizia divina tutto vede e, tutto misurando sulla sua bilancia, dà ad ognuno quel che gli spetta.
Prof. Francesco Polopoli
Dulcis in fundo: un pensiero di bene, a chiusura di una rubrica mensile tra fiabe e favole lametinizzate, va ai miei colleghi del Liceo Classico F. Fiorentino, alla famiglia Masci (guidata da Anna Maione), a Melina Palaia, Anna Misuraca, Riccardo Cristiano, Rita Di Cello, Caterina Minardi, Francesca Marra, Daniele Rizzuti e a quanti mi seguono con particolare affetto.