Felicità: un motivo tutto classico!
3 min readLUI:
Felicità
è tenersi per mano
andare lontano
la felicità
è il tuo sguardo innocente
in mezzo alla gente
la felicità
è restare vicini come bambini
la felicità,
felicità.
LEI:
Felicità
è un cuscino di piume (quello di Romolo e Remo?),
l’acqua del fiume (il Tevere?)
che passa e che va
è la pioggia che scende
dietro le tende
felicità
è abbassare la luce per fare pace
la felicità,
felicità.
La semantica della lietezza è assai ricca: per i Greci felicità era eudaimonia (avere un buon demone, o un angelo custode, oggi, potremmo dire!), eutychia (buona sorte), olbos (ricchezza), makaria (beatitudine); per i latini era fortuna, nonché felicitas, risalente al radicale indoeuropeo fe, il cui senso primo è quello di fecondità, prosperità, nutrimento.
Molto polisemico, questo quadro! Ora, al di là del fatto che le lingue moderne si siano sentite in debito verbale con l’instabilità della fortuna (il francese bonheur, l’inglese happiness [nel rimando al verbo to happen = accadere], il tedesco Glück), benigna o avversa, poco conta, il contingente;
tuttavia, l’idea che l’anima possa accettare di trasformare la vulnerabilità della sorte in bene per sé, beh questa, checché se ne dica, pur nella precarietà, è tutta una conquista classica!
Eccolo qui, in omaggio alla Tradizione, sfilare dignitosamente il nostro Homo faber fortunae suae, che fa da sé e per tre, senza scomodare nessuno: stiloso, vero!?
Un gioiello storico, come la collezione Damiani, unico e per sempre, in un principio di verbo.
Detto ciò, a completamento etimologico, è opportuno anche richiamare un altro etimo sfuggente: facio, facis (fe)ci, factum, facĕre + lucem, che addizionato è “farsi luce”, illuminarsi d’immenso nel volto dell’altro.
La parola felicità, in questa ricostruzione, è balsamo di ottimismo solo a pronunciarla, grazie al rinvenimento semantico del suo fossile verbale.
Una bella im-balsama-zione! Si è felici, quando si è mummie? No, è risplendere, se mai, scavando nel cimitero delle lingue classiche. Splendido, splendente…come direbbe la canzone della Rettore!
Ops, senza creare conflitti d’interesse, prima che ci accoppano, forse è meglio concludere sul motivo di quella coppia in cui siamo incappati in apertura, auspicando che si accoppino quanto prima, benché mai scoppiati:
Albano e Romina insieme:
Senti nell’aria c’è già
la nostra canzone d’amore che va
come un pensiero che sa di felicità.
Senti nell’aria c’è già
un raggio di sole più caldo che va
come un sorriso che sa di felicità.
Albano, un apulo e magnogreco, Remina, come la chiamo io, un’icona alla pari della Lupa Capitolina: figli di un dio minore, il Cupido di tutta la loro carriera musicale, e non solo! Bel tempo si spera!
Prof. Francesco Polopoli