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#letturedestate Arriva Figlie del mare. Due sorelle, una sola lunga ricerca.

4 min di lettura

Figlie del mare di Mary Lynn Bracht: un’avventura lunga una vita, anzi due, e forte quanto l’amore tra sorelle

#letturedestate Figlie del mare, edito da Longanesi, è un romanzo d’esordio, forte e brillante, attraverso il quale l’autrice Mary Lynn Bracht, con penna attenta e sagace, fa riaffiorare la voce per troppo tempo soffocata delle comfort women coreane innestando le loro storie tra le vicende delle protagoniste, le due sorelle Hana ed Emi.

Ci sono storie dimenticate che riemergono dalle onde del mare come fossero tesori d’altri tempi. Quella delle comfort women è proprio una di queste storie, raccontata in Figlie del mare con acume, lucidità e sentimento capace di non scivolare mai nel sentimentalismo.

Lo stupro è l’arma più potente che l’uomo predatore usa contro la donna. È il male più atroce perché viola corpo e psiche infliggendo una schiavitù fisica e mentale fino a piegare la volontà della vittima a quella del carnefice. Non a caso lo stupro è la più aspra fonte di dolore per le donne in tempo di guerra. Jugoslavia, Ruanda, Uganda, Sierra Leone… una lista quasi infinita di Paesi in cui lo stupro è strategia bellica. Estirpare la vita dalle viscere di chi è invece naturalmente deputato a donarla, pare esser questo il tacito accordo degli uomini in guerra.

C’è quindi lo stupro sistematico, quello etnico… e poi c’è lo stupro che dona vigore, quello che rafforza le prestazioni sul campo di battaglia garantendo protezione divina. Di questa violenza scrive Mary Lynn Bracht nel romanzo Figlie del mare. Racconta di come l’esercito giapponese, durante la seconda guerra mondiale, reclutasse con la forza donne e bambine nei Paesi occupati per farne mezzo di soddisfazione delle necessità sessuali dei propri soldati. Le bambine e le ragazze, sradicate dalle proprie terre, schiacciate come bestiame in barconi affollati, venivano violate da gruppi di soldati come rito d’iniziazione; solo le sopravvissute a queste violenze iniziali erano destinate ai bordelli da campo dove, ripulite dal sudiciume organico accumulato nel viaggio, erano sottoposte al taglio di capelli obbligatorio e al cambio di nome.

Un nuovo nome era sintomo del nuovo, atroce, inizio. Un nome che era quello di un fiore, come a simboleggiare bellezza e libertà. Una foto appesa alla porta, come merce esposta e poi… in pochi minuti date in pasto a un soldato diverso per tutto il giorno. Tutti i giorni della loro vita da schiave. Queste erano le comfort women che ancora oggi il Giappone stenta a riconoscere. Donne e bambine stuprate in nome di una necessità divina.

Tra queste donne immolate per un Imperatore che tutto vedeva e tutto voleva, c’è Hana che a 16 anni è costretta a decidere tra al propria salvezza e quella della sorellina Emi, di soli nove anni. Loro sono figlie del mare, sono hoenyeo. Ma il mare non può proteggerle per sempre. Hana viene strappata alla sua isola, alla Corea, alla sua innocenza, alla sua famiglia, e si ritrova immersa in una vita di prigionia in Manciuria. Lì la sopravvivenza è solo nei ricordi: il volto di Emi, il mare di Jeju, la mamma, il papà… Vivono nella sua mente mentre il corpo è martoriato dal sudore e dalla sporcizia di uomini che pure, come lei, hanno una casa e una famiglia alle quali tornare.

Ma la guerra ribalta i destini e anche nel deserto si può scovare fiducia e speranza, bontà e affetto.

Solo che le guerre sono lunghe e una non fa in tempo a finire, che già c’è l’altra dietro l’angolo. La Corea di quei decenni è un campo minato. Così, mentre Hana è costretta a salvarsi anima e corpo, Emi cresce all’ombra di una perdita che sanguina costantemente come ferita aperta. La silenziosa ricerca che legherà le due sorelle travalica le guerre civili, i dissapori familiari, i conflitti internazionali, fino ad approdare alla consapevolezza, alla definitiva verità che mette pace tra gli animi e consente il riposo.

La Bracht propone una lettura avvincente, un romanzo che contiene gli elementi dell’epica in chiave moderna senza lesinare l’onesta ricerca storica e l’accurata analisi dei contesti sociali. Le sequenze narrative sono a tutti gli effetti dei plastici tridimensionali nei quali il lettore può entrare per toccare con mano le ferite, le lacrime, le felicità e i dolori delle due protagoniste.

Daniela Lucia

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