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Fisascat Cisl: in Sacal appalti con contratti pirata

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Fisascat Cisl: in Sacal appalti con contratti pirata

Il servizio di pulizie è stato affidato ad una cooperativa che non applica i contratti maggiormente rappresentativi. Bloccati in un limbo al momento i lavoratori non ricevono né stipendio né ammortizzatori sociali

Comunicato Stampa

«Basta a servizi affidati a cooperative che non applicano i contratti maggiormente rappresentativi e che in questo modo ledono i diritti dei lavoratori».

Il segretario generale Fisascat Cisl Calabria Fortunato Lo Papa interviene così sulla vicenda degli addetti alle pulizie della Sacal, la società aeroportuale che gestisce gli scali aeroportuali, dopo che allo scadere dell’appalto con il quale questi avevano lavorato  sino ai primi di giugno,  è risultata aggiudicatrice del servizio una ditta che applica un contratto pirata che va a penalizzare sia i redditi dei lavoratori che il welfare, dall’assistenza sanitaria integrativa alla previdenza complementare, punti cardine dei contratti collettivi nazionali.

«Una società come la Sacal che è a partecipazione pubblica e gestisce soldi pubblici non può permettersi queste scelte –  afferma Lo Papa – . L’articolo 36 della Costituzione dice che un lavoratore deve percepire una giusta retribuzione per il lavoro che fa, ma non mi sembra sia questo il caso. Si tratta di un contratto pirata, la Sacal deve ritornare sui suoi passi, non può continuare ad essere l’eterna impunita. Anni fa l’azienda che gestiva il servizio di vigilanza non pagava i dipendenti e l’azienda non è intervenuta fino a che non è scoppiata la protesta. Quando è stato dato in appalto il servizio di ristorazione la Sacal si è dimenticata di mettere le clausole sociali. Oggi ci ritroviamo con l’appalto di pulizia con un’azienda che non applica il contratto maggiormente rappresentativo».

La Fisascat Cisl chiede ai vertici della società un incontro prima che il servizio venga affidato in modo definitivo e che si proceda celermente alla luce anche del fatto che i lavoratori sono sospesi da due mesi.

«Si tratta – conclude Lo Papa – di padri di famiglia che sono in un limbo, senza stipendio e senza ammortizzatori sociali. Chiediamo solo che possano tornare a lavorare con contratti dignitosi».

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