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La fontana del Satiro e della Ninfa: il mito di una realtà contadina nel cuore di Sambiase

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Ovidio, Fasti: Nel mezzo, un prato;

e coperta di verdeggiante muschio, da una roccia sgorgava una vena d’acqua perenne: ad essa soltanto Fauno e Pico si dissetavano.

Non trovo versi che possono rappresentare al meglio l’opera straordinaria di Maurizio Carnevali. A guardarla lateralmente, nel punto in cui è posizionata, sembra fare da sentinella nel “vuoto” di una Piazza, ancora “più sordo”, se la si evoca nel nome dei nostri sfortunati ciclisti lametini.

Intanto, chiariamo, preliminarmente, quale figure occupano questa fontana, che risulta essere, credo, l’unica costruzione ornamentale mitologica della piana lametina.

Per questo motivo, ho pensato, per l’appunto, di preparare una scheda dei personaggi, che la vengono a costituire.
Chi sono, allora? Pan ed una ninfa: vediamolo meglio, però!


fontana del satiro e della ninfa a sambiase-LameziaTermeit

Pan: divinità agricola dall’aspetto di un satiro legata alle selve e alla natura. Si dice essere figlio di Zeus e di Callisto o di Ermes e Penelope (o Driope): appena messo al mondo ci si vergognò tanto di quel deforme fanciullo da abbandonarlo a se stesso. Non c’è da meravigliarsi del suo carattere indisciplinato: allegro, per indole, si divertiva a spaventare i viandanti.  Gli si attribuiscono tutti i rumori inesplicabili dei boschi e dal terrore che esso causava deriva il detto “timor panico”. Sui gelidi monti dell’Arcadia viveva una Naiade chiamata Siringa, seguace di Artemide e votata alla castità.

Quando Pan la vide camminare nei boschi, non seppe resistere al suo fascino e cominciò a corteggiarla. Ma lei, sorda alle sue preghiere, se la filò, senza pensarci due volte, finché giunse al fiume Ladone che le impedì, ahimè, di proseguire la fuga. Temendo di essere violata, chiese alle sorelle acquatiche di trasformarla in pianta e al suo posto crebbe un ciuffo di canne palustri, che il povero satiro strinse sospirando deluso. Il vento, passando attraverso il canneto, ne trasse suoni dolcissimi simili ad un lamento, che stregò talmente Pan da fargli esclamare: “Da ora in poi continuerò a stare in tua compagnia!”.  A quel punto prese la canna  tagliandola in tanti pezzi di diversa lunghezza, li unì con un po’ di cera e inventò quel flauto pastorale, chiamato appunto “Siringa”, del quale divenne abilissimo suonatore.

Non nascondo che, ogni qualvolta osservo la siringa di Pan, penso alle strane cerbottane, che fabbricavamo da piccoli, prima di entrare allo Scolastico, sede istituzionale di cultura e di fiera, nel nome dello Storiografo pioneristico più rappresentativo del nostro paese, che fu Enrico Borrello: lungo il Cantagalli i semi di eucalyptus servivano a riempire il fusto delle penne Bic, svuotate del serbatoio d’inchiostro, del tappo terminale e del cappuccio con fermaglio, prima di soffiarci dentro.  Eravamo tiratori a sorte, prima dell’ingresso in aula: lì, poi, cambiavano le nostre sorti: si ricomponeva il tutto, seduta stante, e si voltava pagina, sfogliando il libro Cuore di De Amicis. Insomma, a ben vedere, eravamo buoni giovinetti di Socrate, dal momento che la nostra realtà è tipicamente magnogreca; altrove, forse, saremmo stati battezzati come figli di un Sioux o di qualche Apache.

Oggi, invece, quando mi fermo alla fonte, nei pressi del chioschetto, arricchisco lo sguardo monumentale con una lirica di Arthur Rimbaud:[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/2″][vc_column_text]Tête de faune
Dans la feuillée, écrin vert taché d’or,
Dans la feuillée incertaine et fleurie
De fleurs splendides où le baiser dort,
Vif et crevant l’exquise broderie,
Un faune effaré montre ses deux yeux
Et mord les fleurs rouges de ses dents   blanches.
Brunie et sanglante ainsi qu’un vin vieux
Sa lèvre éclate en rires sous les branches.
Et quand il a fui – tel qu’un écureuil –
Son rire tremble encore à chaque feuille
Et l’on voit épeuré par un bouvreuil
Le Baiser d’or du Bois, qui se recueille.[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_column_text]Testa di fauno
Nel fogliame, scrigno verde macchiato d’oro,
Nel fogliame incerto e fiorito
Di splendidi fiori dove il bacio dorme,
Vivo e lacera il delizioso ricamo,
Un fauno attonito mostra i suoi due occhi
E morde i fiori rossi coi suoi denti bianchi 
Brunito e sanguinante come un vecchio vino
Il suo labbro scoppia in risate sotto i rami.
E quando è fuggito – come uno scoiattolo –
La sua risata trema ancora in ogni foglia
E si vede spaventato da un fringuello
Il Bacio d’oro del Bosco, che si raccoglie.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Tuttavia, come contrappeso, la poesia decadente mi va a misurare il senso di decadenza di questo spazio aperto senza occupazione alcuna.

Non nascondo che più volte ho pensato quanto sarebbe stato giusto dare un riempitivo nel cuore dell’ex piazza Diaz: La Rosa nel Bicchiere di Franco Costabile l’ho sempre immaginata lì, per sottolineare l’anima rurale di Sambiase, che di essa ne ha sempre tessuto, malgrado tutto, una Favola bella.

Forse, il luogo fieristico ne trarrebbe afflato lirico da tutto ciò, e non solo, se i tempi si decidono di restituire maggiore dignità agli eventi, che ci hanno accompagnato da sempre come identità di luogo.
Magari, un giorno, potremmo ricostruire, insieme alla fiera, l’anima contadina di Sambiase che da piazza 5 dicembre, passando per la storica Pesa della Minzalora, posta al fianco della Chiesa dell’Immacolata,  arrivi a toccare, tra i luoghi di Costabile, nel rione Miraglia, l’espressione sociale più genuina della popolazione sambiasina.

fontana del satiro e della ninfa a sambiase-LameziaTermeit


Pesa sambiasina
: le unità di misura valevano per le patate, il grano, il granturco, i legumi in genere (struppiallu / 6-7 kg, quartu / 12-13 kg, minzalora / 25 kg, tumminu / 50 kg)

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Prof. Francesco Polopoli[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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