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“Forte come il dolore”, recensione libro Doris Lo Moro e Luciana De Luca

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Doris Lo Moro

L’approccio stilistico di questo libro, che si può annoverare nel genere del documento storico, è di stampo positivista e naturalista, perché i fatti raccontati sono posti in modo oggettivo, nonostante il dramma sia di carattere familiare, ma Doris riesce ad avere quel giusto distacco emotivo, in modo che il messaggio possa giungere ai lettori in senso universale.

Ma non manca anche l’approccio verista, quando il sentimento, giustamente e inevitabilmente, si ritaglia il suo spazio.

È proprio da questo equilibrio, a mio parere, che nel dolore stesso si autoproduce una metamorfosi attraverso la quale si giunge al sublime.

La sublimazione del dolore, infatti, è mezzo per eccellenza affinché la tragedia, da privata e familiare, diventi patrimonio civico, etico e morale, nell’ambito della società tutta, un fenomeno pedagogico che contrassegni una cultura tout court nel modus vivendi di ognuno, singolarmente e come comunità.

Il modo di esprimersi di Doris Lo Moro, stimola il senso critico, porta a pensare alla complessità dell’esistenza, al lavoro interiore e esteriore che ogni essere deve sviluppare in sé stesso, al concetto di “I care”, mi interessa, mi appartiene, non può essermi indifferente.

Forte come il dolore, mi auguro che entri nelle scuole, agenzie educative per eccellenza, che crei dibattiti, enuclei pensieri nuovi e nuovi modi di guardare al fenomeno mafioso, senza se e senza ma.

È un libro, questo di Doris, che invita a rompere le catene dell’ingiustizia per abbracciare la libertà della Giustizia.

Tommaso Cozzitorto