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Gallo: ex cantina sociale, legittimità trasparenza e validità del permesso di costruire

9 min di lettura
pietro gallo

Una brutta pagina mediatica che costituirà un precedente negativo e indelebile per chi aveva intenzione di venire a investire sul territorio Lametino

Comunicato Stampa

Si sta consumando da mesi un irragionevole e insensato attacco mediatico sulla vicenda dell’ex cantina sociale di Sambiase che porterà a conseguenze rilevanti per il futuro; una disinformazione dettata da mancanza di conoscenza dei fatti, di mere supposizioni e di carenze di nozioni normative urbanistiche.

È quanto rilevato dallo scrivente ing. Pietro Gallo, progettista dell’intervento di demolizione, ricostruzione e contestuale parziale cambio di destinazione d’uso.

Preliminarmente occorre fare chiarezza su alcune inesattezze riportate frequentemente sulla stampa; più volte è stato scritto, di aver sottratto la struttura al progetto SARA, notizia falsa poiché già nel 2014 detta area era stata stralciata dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti in occasione del ridimensionamento del finanziamento a 30 mln.

Successivamente alcuni esponenti di sinistra, focalizzano l’attenzione sull’errata valutazione dell’ex cantina, secondo i quali si sarebbe potuto arrivare ad una valutazione di circa 4 milioni di euro.

Tenuto conto che il prezzo di vendita (supportato da perizia di stima effettuata dal settore patrimonio del Comune) è stato di 1.230.010,00; trattasi di 130,56 euro/mq per una superficie di 9.421 mq con un indice edificatorio di 2,35 mc/mq. Prezzo che lievita a 173,02 euro/mq se consideriamo che vi è da aggiungere un importo di circa 400 mila euro necessari per la demolizione lo smaltimento e il pagamento degli oneri di urbanizzazione.

Abbiamo interrogato in tal senso l’Osservatorio del Mercato Immobiliare che non oltrepassa mai, per la zona di Sambiase, il prezzo di 100 euro/mq per zone “B” con indice edificatorio pari a 3mc/mq. Ciò significa che rapportando gli indici di cubatura il prezzo di vendita pagato è il doppio di quello che vale (di fatti il Comune pagò l’immobile poco più di 600 mila euro).

Altro cavallo di battaglia mediatico di questi giorni è l’arbitraria attribuzione di valenza storica e culturale della struttura, su questo è stata in più occasioni interpellata dallo scrivente la soprintendenza per i beni culturali e paesaggistici, ove ci è stato comunicato che trattavasi di una struttura non soggetta a vincoli culturali o paesaggistici, ne per la storia ne per la tipologia di struttura, che si presentava come un ammasso di cemento armato di condizioni fatiscenti realizzata nel 1978 quindi con una età inferiore a 70 anni, limite temporale che fa scattare la storicità di un bene.

Evidentemente chi scrive ciò, non è mai entrato nei locali dell’ex cantina, altrimenti avrebbe da subito notato che la stessa non era assolutamente recuperabile dal punto di vista funzionale, presentava pessime condizioni igienico sanitarie oltre che precarie e irrecuperabili condizioni strutturali le quali mostravano una immobile non riutilizzabile, causa la presenza di cisterne ancorate e incastrate nel cemento armato a tutti e tre i livelli.

Inoltre più che luogo di memoria storica l’ex cantina viene ricordata poiché ha prodotto un sistema di industrializzazione vinicola artefatta, che di fatti in quei tempi provocò la morte della cultura artigiana vinicola di Lamezia; in sostanza un prodotto industrializzato prese il sopravvento sul prodotto artigiano e di pregio che la citta sapeva produrre.

Sempre da indagini sul territorio, registriamo che una gran parte di operatori che vi lavoravano, sono deceduti prematuramente a causa di malattie incurabili provocate dall’esalazione di anidride solforosa che veniva impiegata nel ciclo industriale di lavorazione.

Ma è sull’iter urbanistico che sono state scritte una serie di assurdità, evidentemente da chi non conosce la materia o comunque da chi non è addetto ai lavori; l’improvvisarsi urbanista, può in alcuni casi, come il caso corrente portare a conclusioni avventate e falsificare la realtà nei confronti di chi legge, soprattutto quando in un dibattitto si arriva senza cognizione di causa a richiedere l’annullamento di un permesso di costruire “su un procedimento privato” che esula dalla cosa pubblica, mettendo in discussione l’operato sempre legittimo e trasparente dell’ufficio tecnico e del suo dirigente, e divulgando alla stampa dati sensibili e riservati, che come detto non riguardano gli interessi dei cittadini, bensì l’istanza presentata da un privato, e ancor più quando viene rimarcato più volte che lo scrivente progettista è anche consigliere comunale.

Su tale circostanza preciso, che il sottoscritto è un ingegnere che esercita la propria professione e che non esiste nessuna legge che vieta ad un consigliere di svolgere la propria attività professionale (ad ogni modo alla data di presentazione del progetto e per quasi tutto il 2020, non rivestivo alcun ruolo istituzionale).

Nel merito: in data 27.01.2020, con determina dirigenziale n.5 del settore patrimonio la società AC 1931 Srl si aggiudica il lotto n. 9 del piano di alienazione e cioè l’ex cantina sociale, in data 01.04.2020 veniva presentata, a firma dello scrivente istanza di rilascio PC ai sensi dell’art. 5 della Legge regionale 21/2010 e s.m.i. (Piano casa), con il quale era possibile demolire e ricostruire con aumento di volumetria fino al 30% (comma 1) ed era possibile il parziale cambio destinazione d’uso fino al 50% della superficie lorda esistente (comma 2). In data 30.06.2020 viene comunicata dal SUAP alla AC 1931 srl, l’esito istruttorio favorevole, con richiesta integrazioni nulla osta enti esterni e trasmissione del titolo di proprietà (RUP Ruberto Dir. Belvedere). In data 22.10.2020 la AC 1931 srl perfeziona il rogito per l’acquisto della cantina per come richiesto dal SUAP. In data 12.03.2021 l’ufficio trasmette motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza poiché la modifica della legge regionale del 02.07.2020, abrogò il comma 2 dell’art. 5 (il comma che di fatti permetteva il parziale cambio destinazione d’uso). A seguito di risposta ai motivi ostativi e di quesito posto alla Regione Calabria e successiva risposta, l’ufficio in data 28.10.2021 risponde in parziale accoglimento alle nostre osservazioni e determina l’approvazione del progetto, contestualmente ne richiede il pagamento degli oneri e accoglie, in risposta ad una richiesta avanzata da AC 1931 srl, la rateizzazione degli stessi oneri in data 16.11.2021. Successivamente in data 23.11.2021 viene pubblicata la sentenza della corte costituzionale n. 219/2021 ove si dichiarava l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, 3, commi 1 e 3, e 4, commi 1 e 2, lettera b), della legge della Regione Calabria 2 luglio 2020, n. 10, recante «Modifiche e integrazioni al Piano Casa (legge regionale 11 agosto 2010, n. 21). In data 17.12.2021 veniva rilasciato il Permesso di Costruire n. 70/2021.

A seguito di tutto ciò descritto in cronistoria, sono state avanzate, una serie di perplessità con estrema leggerezza, assolutamente non condivisibili e sulle quali vi è dibattito quotidiano,

Intanto la modifica alla legge regionale, è migliorativa, poiché abroga si, il comma 2 dell’art. 5 ma per la prima volta nel testo di legge l’art. 4 non è più “interventi straordinari di ampliamento” ma solamente “interventi straordinari”, quindi a partire da tale modifica è l’art. 4 che ne determina gli interventi di ampliamento, di aumento di unità immobiliari e di cambio destinazione d’uso. Di fatti l’art. 5 “interventi straordinari di demolizione e ricostruzione” rappresenta una sola premialità fino al 30% per chi intende recuperare il patrimonio edilizio esistente attraverso la demolizione e ricostruzione.

Preciso che al momento della presentazione dell’istanza la norma prevedeva di scegliere l’art. 4 o l’art. 5. Nella progettazione lo scrivente dovette scegliere di avvalersi dell’art. 5 poiché permetteva contestualmente la demolizione, ricostruzione e cambio d’uso fino al 50% della superficie lorda esistente. V’è da dire inoltre, che il progetto non ha previsto di includere la premialità di aumento di volumetria. Di fatti si tratta di una mera demolizione e ricostruzione con cambio d’uso senza aumento di volumetria e con conseguente consumo di suolo zero.

L’ammissibilità del progetto è quindi pacifica sia con la versione della legge in vigore alla data di presentazione dell’istanza poiché l’art. 9/ter prevede, in quanto legge speciale in deroga, di poter istruire la pratica con la versione alla data di presentazione dell’istanza, sia con la versione modificata dove vi è la cumulabilità degli art. 4 e 5 e dove addirittura è ammissibile il cambio fino al 100% della superficie lorda esistente.

In quanto alla sentenza della corte di cassazione, si precisa che il procedimento amministrativo per il rilascio del titolo abilitativo si chiude alla data di ufficiale notifica degli oneri che è avvenuta in prima battura in data 28.10.2021 e successivamente con la notifica della rateizzazione in data 16.11.2021, quindi prima della pubblicazione della sentenza del 23.11.2021; ne consegue che il procedimento è stato chiuso prima. E’ la data di notifica degli oneri che ne determina la chiusura del procedimento (16.11.2021) e non la data di rilascio del Permesso di costruire (17.12.2021).

Ancor più eclatante, se non priva di fondamento è la richiesta di accesso agli atti e richiesta di chiarimenti effettuata dai consiglieri Piccioni e Villella in merito alla questione relativa al mancato rispetto della cessione dell’area standard ai sensi dell’art. 92 delle NTA; motivo questo fondamentale al fine dell’istanza presentata per l’annullamento del permesso di costruire.

Qui entra in campo prepotentemente l’urbanistica.

Il piano casa è una legge speciale che va applicata in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali, provinciali e regionali vigenti o adottati, nonché nei comuni sprovvisti.
Ciò significa che essendo una legge in deroga non si può fare riferimento alle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale. Di fatti è la stessa Legge Regionale 21/2010 che all’art. 6 comma 6 lettera d) determina la dotazione minima da destinare a parcheggi ai sensi della Legge 1150/42 o della Legge Regionale 19/2002 e non dall’art. 92 delle NTA riferite al PRG vigente!!!
In sostanza a fronte degli standard e parcheggi di relazione calcolati, la AC 1931 srl, monetizza correttamente per un importo di euro 120.074,77. Probabilmente i consiglieri Piccioni e Villella avrebbero voluto l’applicazione dell’art. 92 delle NTA, come detto non applicabile, preferendo all’incasso di tale sostanziale importo, la cessione di un area di poco più di 2000 mq quale ennesima area da adibire a roveto come la gran parte delle aree standard che l’amministrazione non riesce a gestire e per le quali la commissione urbanistica ne sta studiando la vendita a privati, ove ammissibile per legge.

Sottolineo che sarebbe stato un grande vantaggio della società proponente andare verso la cessione di un’area che comunque sarà destinata a verde privato, nell’ottica del risparmio della cifra sostanziale che sta versando nelle casse comunali.

Non posso escludere infine un passaggio politico doveroso, visto che l’intera area politica di centrosinistra (ad esclusione di Nuova Era rappresentata dai consiglieri Guarascio e Cittadino) è impegnata da mesi su una battaglia contro un privato, come se a Lamezia Terme non ci fossero altri problemi oltre che la ex cantina sociale. Appare alquanto surreale o direi bizzarro che solo la sinistra si sta ponendo il problema; quella sinistra rappresentata dai consiglieri Piccioni e Villella che incanalarono per primi la cantina in un piano di alienazione nel 2014 durante l’amministrazione Speranza poiché un bene non più utile alla collettività.

Orbene non è dato sapere perché nessuno ha mai professato parola quando fu inserita nel piano di alienazione con una prima valutazione molto più bassa rispetto al prezzo cui oggi è stata venduta, nessuno ha cercato di salvare questo bene “di assoluto valore storico culturale ed economico” quando è stata rivalutata dal patrimonio per la seconda volta, quando è stata riproposta all’asta per la seconda volta, quando è stata aggiudicata dall’unico offerente, quando è stata venduta circa un anno è mezzo fa; tutti i problemi sono sorti al rilascio del Permesso di Costruire.

Infine penso che i consiglieri eletti dai cittadini a rappresentare la collettività intera, debbano preservare l’imparzialità e debbano tutelare gli interessi della comunità; nel caso di specie era doverosa da parte di chiunque poter avere una visione chiara dell’operato dell’amministrazione Speranza prima e Mascaro dopo, analizzando tutte le procedure partendo dalla data di inserimento nel piano di alienazione fino all’aggiudicazione del bene.

Oltre, la politica sta semplicemente sconfinando in un attacco ad un privato che ha presentato un proprio progetto.

Lo scrivente ritiene che le motivazioni di richiesta di annullamento del permesso quale “ciambella di salvataggio” siano labili e insignificanti e che dietro la velata minaccia di fare esposto in procura, mi riservo di difendere il mio operato nelle sedi opportune.

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