Gli alunni dell’I. C. “Don Milani” protagonisti alle Giornate di Primavera FAI 2022
6 min di letturaLamezia Terme, 26 marzo 2022. In occasione delle Giornate di Primavera del FAI 2022, organizzate per la prima volta anche a Lamezia Terme, gli alunni della scuola primaria e della scuola secondaria di I grado dell’Istituto comprensivo Don Milani, guidato dal dirigente scolastico Genesio Modesti, hanno partecipato in veste di “piccoli Ciceroni” alle visite guidate di alcuni dei siti storici che fanno da cornice alla scuola primaria e alla scuola secondaria di I grado, quest’ultima ospitata nell’antico palazzo già sede della Casa del Libro antico e del Museo Archeologico Lametino.
Nei giorni precedenti, gli alunni della scuola primaria, accompagnati dalle loro maestre, hanno studiato il territorio. Muniti di mappa topografica hanno visitato il quartiere del Timpone, la Veterana e hanno esplorato il torrente Canne e i suoi dintorni sulle tracce di Gelsomina. Mentre gli alunni della scuola secondaria di I grado hanno avuto degli incontri preparatori con un team di esperti guidato dalla professoressa Giuliana De Fazio del Liceo artistico “F. Fiorentino”.
Durante la giornata del 26 marzo sono state realizzate visite guidate e attività collaterali.
Gli alunni delle classi quinte hanno illustrato, ai tanti visitatori, i pannelli ceramici del Muro di Storia, opera di famosi artisti di varie provenienze geografiche e collocato su una parete all’interno del cortile d’ingresso della scuola primaria. Si tratta di 17 pannelli ceramici che raccontano episodi storici, miti, leggende e personaggi appartenenti alla nostra storia. Tuttavia, è doveroso segnalare che questa preziosa opera d’arte avrebbe bisogno di un intervento urgente di restauro prima che di essa rimangano solo le fotografie.
La visita è continuata nel suggestivo Parco della Piedichiusa i cui lavori di ristrutturazione, iniziati nel 2014, sono terminati di recente. Il parco si stende su una superficie di circa 30.000 mq e assume una forma allungata che segue l’alveo del Torrente Canne. È caratterizzato da arcate e gradoni e da una passerella in acciaio che consente una visione d’insieme molto suggestiva. Nella parte più alta è stato recuperato anche un vecchio mulino ad acqua.
Qui, gli alunni delle classi terze hanno raccontato e illustrato, con la tecnica del cantastorie, la leggenda della fata Gelsomina che narra di una creatura trovata abbandonata sulle rive del fiume e cresciuta dalle fate. Andata in sposa al principe Carlo D’Aquino e rinchiusa per gelosia, trova ancora rifugio e accoglienza dalle fate “madrine”. Gelsomina, buona e generosa, volendo aiutare gli abitanti che aveva sempre amato, chiede alle fate il portento di far uscire farina dal mulino senza che nessuno macinasse, per dare a tutti la possibilità di sfamarsi.
Gli alunni delle classi quarte sono stati, invece, i Ciceroni della fauna, della flora e dei mestieri lungo il torrente Canne che scorre nel rione San Teodoro. Tutte le classi hanno preparato dei segnalibri relativi ai contenuti trattati, come pratica quotidiana della scuola che utilizza tanti testi per l’apprendimento delle discipline. Insegnanti e alunni hanno anche realizzato un laboratorio di aquiloni per i visitatori, sì da creare un legame con il logo della scuola – rappresentato proprio da un aquilone colorato – e con il filo conduttore della progettazione didattica annuale dedicato ai valori della libertà, della pace e della solidarietà.
Per l’occasione, l’Associazione “E Sancta Lucia” dell’omonima Parrocchia, ha pavesato il Parco della Piedichiusa e i balconi delle case che circondano questo antico spazio restituito alla collettività, con manifesti e striscioni raffiguranti immagini significative di fatti e personaggi che hanno inciso anche nella storia di Lamezia Terme.
Gli alunni della scuola secondaria, Benedetta Romano, Maya e Samoa Longo, Antonio Scalise e Vincenzo Fazio, supportati dal prof. Giuseppe Volpe e dalla professoressa Mariateresa Ruberto, hanno invece guidato i visitatori alla Chiesetta della Veterana, nell’antico rione di S. Teodoro, detta anche la “guardiana del castello” perché la leggenda vuole che sia stata fatta costruire da Federico II su richiesta di una delle figlie alla quale era apparsa in sogno la Madonna delle Grazie.
La chiesa è caratterizzata da una semplice facciata con timpano triangolare e portale d’ingresso sormontato da una finestra rettangolare. L’interno presenta una sola navata che, nel corso dei secoli, ha subito vari rimaneggiamenti. Dell’antica decorazione è rimasto solo un frammento di affresco. La chiesa custodiva un dipinto ad olio di Francesco Colelli la Madonna di Costantinopoli tra i Ss. Domenica ed Eligio, ora ospitato al Museo Diocesano, e una piccola tela raffigurante la Madonna delle Grazie con la principessa normanna. Oggi, è possibile ammirare una copia del dipinto di Colelli, la Deposizione della Croce, realizzata da Giorgio Pinna nel 1968 in quanto l’originale è stato trafugato nel 1960. La Chiesa è conosciuta per la tradizione popolare delle “cucchiarelle” ovvero i sigilli papali apposti sulle Bolle pontificie che a causa dell’usura nel tempo hanno assunto la forma di piccoli cucchiai. La domenica di Pasqua le “cucchiarelle” vengono appese al portone della chiesa e percosse leggermente con le dita prima di entrare.
La seconda tappa ha toccato il Castello normanno-svevo, attualmente chiuso, ma i piccoli Ciceroni, sistemati ai piedi dell’antico maniero, dall’entrata posteriore situata sul ponte di Niola, hanno saputo catturare l’attenzione dei presenti illustrandolo con perizia. Il castello sorge su uno sperone roccioso abbracciato da due torrenti, il Canne e il Niola. La fantasia popolare vuole che il torrente Niola derivi il suo nome dalle tante viole che crescevano sugli argini, poi scomparse e così il nome si è trasformato assumendo una “N” privativa. Sorge su una antica fortezza bizantina, di cui non rimangono tracce se non nel toponimo Neókastron. Fu costruito dai Normanni tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, contemporaneamente all’Abbazia Benedettina di S. Maria di S. Eufemia. Federico II lo sottrasse, poi, ai monaci benedettini e lo trasformò in un castrum exemptum cioè una fortificazione posta sotto il diretto controllo della Corona, in cui si custodivano le entrate demaniali del Regno e vi fece costruire anche una bellissima ala residenziale a due piani testimoniata dai pilastri che ancora si possono ammirare, alcune torri circolari e il donjon esagonale. Tra le due torrette sub-circolari, presenti sulla facciata, vi era una entrata a saracinesca mentre nella parte posteriore è ancora visibile un passaggio segreto. Tra il 1240 e il 1242 vi tenne prigioniero il figlio ribelle Enrico VII che si trova sepolto nella Cattedrale di Cosenza. Nel corso dei secoli il castello ha subito varie trasformazioni dovute alle tante dominazioni che si sono succedute. Gli Angioni lo ristrutturarono introducendo una nuova tecnica muraria che prevedeva l’uso del mattone. Sotto gli Aragonesi furono eretti i solidi bastioni con feritoie e bertesche che testimoniano un cambiamento nel sistema di difesa. Il terremoto del 1638 danneggiò gravemente il castello che fu usato come prigione fino al 1783 quando un nuovo sisma ne segnò il definitivo abbandono. I reperti trovati nel castello sono conservati nel Museo Archeologico Lametino.
L’esperienza delle Giornate FAI, che ha offerto la possibilità di scoprire e visitare tanti luoghi – anche sconosciuti – della città, ha entusiasmato gli alunni e i docenti dell’Istituto Comprensivo Don Milani ai quali è arrivato un messaggio di vivo ringraziamento da parte dell’assessore alla cultura Giorgia Gargano.
Giovanna Villella