LameziaTerme.it

Il giornale della tua città



Un gossip di Sandro Mayer, solo per Lamezia!

5 min di lettura
sandro mayer

sandro mayer

Si rompe il silenzio musaico nel mosaico dei tradimenti ulissiaci: l’uomo dal multi(forme) ingegno avrebbe avuto un debole per le belle forme.

sandro mayer
Sandro Mayer

Proprio così! A squadernarsi è un lungo catalogo femminile per il suo nóstos errante. Altro che Cantami, o diva! Cantami a riva, se mai, sarebbe più opportuno!
Tante promesse da marinaio, le sue, e a ragion veduta! A svelarcelo è proprio Hermes, il paparazzo degli dei, che affida ora alle stampe la storia clandestina di Calipso ed Odisseo.
E’ trascorso un battere di palpebre dalla tua partenza che a te pare remota, e la tua voce, che dal mare mi dice addio, ferisce ancora il mio udito divino in questo mio invalicabile ora.
Guardo ogni giorno il carro del sole che corre nel cielo e seguo il suo tragitto verso il tuo occidente; guardo le mie mani immutabili e bianche; con un ramo traccio un segno sulla sabbia – come la misura di un vano conteggio; e poi lo cancello.
E i segni che ho tracciato e cancellato sono migliaia, identico è il gesto e identica è la sabbia, e io sono identica. E tutto.

Tu, invece, vivi nel mutamento. Le tue mani si sono fatte ossute, con le nocche sporgenti, le salde vene azzurre che le percorrevano sul dorso sono andate assomigliando ai cordoni nodosi della tua nave; e se un bambino gioca con esse, le corde azzurre sfuggono sotto la pelle e il bambino ride, e misura contro il tuo palmo la piccolezza della sua piccola mano.
Allora tu lo scendi dalle ginocchia e lo posi per terra, perché ti ha colto un ricordo di anni lontani e un’ombra ti è passata sul viso: ma lui ti grida festoso attorno e tu subito lo riprendi e lo siedi sulla tavola di fronte a te; qualcosa di fondo e di non dicibile accade e tu intuisci nella trasmissione della carne, la sostanza del tempo.
Ma di che sostanza è il tempo? E dove esso si forma, se tutto è stabilito, immutabile, unico? La notte guardo gli spazi fra le stelle, vedo il vuoto senza misura: e ciò che voi umani travolge e porta via, qui è un fisso momento privo di inizio e di fine. 

Ah, Odisseo, poter sfuggire a questo verde perenne! Potere accompagnare le foglie che ingiallite cadono e vivere con esse il momento! Sapermi mortale. Invidio la tua vecchiezza, e la desidero: e questa è la forma d’amore che sento per te. E sogno un’altra me stessa, vecchia e canuta, e cadente; e sogno di sentire le forze che mi vengono meno, di sentirmi ogni giorno più vicina al Grande Circolo nel quale tutto rientra e gira; di disperdere gli atomi che formano questo corpo di donna che io chiamo Calipso.
E invece resto qui, a fissare il mare che si distende si ritira, a sentirmi la sua immagine, a soffrire questa stanchezza di essere che mi strugge e che non sarà mai appagata – e il vacuo terrore dell’eterno.

(Antonio Tabucchi, I volatili del Beato Angelico, Palermo 1997)

Un piccione viaggiatore, nel frattempo,  pare abbia fatto recapitare ad Itaca questo pasticciaccio del Merolone: se non fosse stato scaltro ad imboccare l’immediata via del ritorno, Penelope, per un transfert freudiano, lo avrebbe spennato vivo in preda ad un’ira funesta.
Uno zigzag nel cielo, ed il postino in picchiata si è salvato per un pelo! Ora non dobbiamo immaginare la consorte in trono come una che se ne sia rimasta con le mani in mani: rin-trona-ta, no, assolutamente, tutto il contrario, decisamente, ovvero con mente decisa! Chiodo schiaccia chiodo per riparare l’orgoglio ferito!
Eccola lì al pari di Gemma Galgani (da Uomini e Donne) a  fare da tronista  tra eroi e divinità nell’Ellade tutta. Anfinomo ed Antinoo,  suoi pupilli tra i Proci; ed anche il divo Hermes, dal quale concupita avrebbe concepito il marmocchio Pan.
E al ritorno di suo marito, cosa mai sarà potuto accadere? E qui il solito disco per tante coppie scoppiate come restituzione a se stessi: gli uomini e le donne non dormono tra di loro, ma con i ricordi, i rimpianti e le speranze di unioni di là da venire. I nostri adulteri sono interiori, approfondiscono la nostra solitudine (George Steiner).
Una piccola pausa di riflessione a casa del padre Icario e poi nuovamente sotto il tetto coniugale accanto a suo marito e ai figli Telemaco, Poliporte ed Arcesilao.
Il quarto, di secondo letto (O Dio, dò i numeri!) scorrazzava invece nelle campagne del Peloponneso in compagnia di Satiri e Sileni, canticchiando:

Super subsellio capella victitat, subter subsellio capella deficit.

Chissà a cosa si riferisse dietro l’arcana e giocosa filastrocca! Non ci è dato saperlo!

Comunque sia, steso un velo pietoso, persino omerico, nessuno sparlò di Nessun(o) e altro più: la poesia è paga di pace domestica, satis est! Omero omer(tos)o, scusiamolo: così vogliono persino gli dei dell’Olimpo!

  • 1° P. S. : Ognuno ha il diritto di vivere come può (la verità ti male, lo so!). Per questo una cosa mi piace e quell’alta no (la verità ti male, lo so!). Se sono tornato/a  a te, ti basta sapere che ho visto la differenza tra lui e te, ed ho scelto te. Vangelo di Caterina Caselli per l’epopea più musicale d’Europa!
  • 2° P. S. : Sssst! Tra moglie e marito, poi, non mettere il dito (nella piaga)! Fidiamoci dell’aedo e della sua versione meno Beautiful (soap opera, per intenderci!): vissero felici e contenti, e di  fede coniugale specchiata (poi, si sa, tutto è relativo!): Prosit!

Prof. Francesco Polopoli

Click to Hide Advanced Floating Content