I classici… invece di blaterare
2 min di lettura“Tutto ciò che stai per dire, esaminalo prima nell’animo: infatti in molti, la lingua precorre il pensiero. Fa’ conto che due siano le occasioni per parlare: o riguardo alle cose che conosci bene o riguardo alle cose cui è necessario parlare. Solo in questi casi infatti la parola è migliore del silenzio, in tutti gli altri è meglio tacere che parlare”.
(Isocrate, a Demonico 41)
Testo originale: πᾶν ὅ τι ἂν μέλλῃς ἐρεῖν, πρότερον ἐπισκόπει τῇ γνώμῃ: πολλοῖς γὰρ ἡ γλῶττα προτρέχει τῆς διανοίας. δύο ποιοῦ καιροὺς τοῦ λέγειν, ἢ περὶ ὧν οἶσθα σαφῶς, ἢ περὶ ὧν ἀναγκαῖον εἰπεῖν. ἐν τούτοις γὰρ μόνοις ὁ λόγος τῆς σιγῆς κρείττων, ἐν δὲ τοῖς ἄλλοις ἄμεινον σιγᾶν ἢ λέγειν.
Il rischio dietro l’angolo è proprio di “parlare a vanvera”: pertanto, attenzione!
A proposito, per chi non lo sapesse, la vanvera era una guaina, con un serbatoio terminale che aderiva ai glutei delle nobildonne e veniva messa sotto le ampie vesti in uso ai tempi della Serenissima.
Questo permetteva alle dame di espellere i gas aeresolizzati in tutta libertà senza imbarazzo, bastava ogni tanto ritirarsi in qualche calle solitaria e per mezzo di una valvola lasciar fuoriuscire i miasmi.
Quindi, fuor di metafora, o a metafora morta, parlare di pancia, sì, è corretto, perché essere sostenuti dal sentimento è cosa buona e giusta, ma evitare di sbattere inutilmente arietta sui denti , quello sì che è scorretto, perché flatulenza inudibile.
Il “peto” è permissibile solo in lingua latina. Peto a vobis veniam: una sintassi di cortesie!
Prof. Francesco Polopoli