Il “Cantico dei Cantici” all’Oscenica di Catanzaro
3 min di letturaL’edizione numero zero della rassegna “Oscenica – nuove frontiere del teatro contemporaneo” ha visto 7 nomi importanti del panorama artistico nazionale e internazionale sul palcoscenico del Teatro Comunale di Catanzaro.
L’ultimo spettacolo (già visto lo scorso anno in occasione di Primavera dei Teatri 2017), rappresentato il 26 maggio al Comunale di Catanzaro, è l’ultima fatica di Roberto Latini che affronta il più grande testo d’amore di tutte le letterature, Il Cantico dei Cantici.
Il Cantico, attribuito al re Salomone celebre per la sua saggezza, per i suoi canti e anche per i suoi amori, fu composto intorno al IV secolo a.C. ed è uno degli ultimi testi accolti nel canone della Bibbia. “Mi baci con i baci della sua bocca! Sì, migliore del vino è il tuo amore“: amore divino o carnale? Varie sono le interpretazioni date al Cantico e il suo contenuto è fra i più originali per essere un testo biblico. Una delle letture più suggestive e conosciute vuole che esso sia una sorta di canto erotico tra re Salomone e la sua sposa egiziana; l’interpretazione allegorica invece legge l’amore della Chiesa cristiana insieme a Dio.
La trasposizione, moderna, di Fortebraccio Teatro
Lo spettacolo di Latini si concentra sulla poesia delle parole del testo sacro facendo dominare la scena da una postazione radiofonica; lo speaker dorme su una panchina, poi si alza, barcolla e inizia la sua trasmissione. E’ on air: e le sue parole sono intervallate da musiche e canzoni.
“In the shape of things to come/ Too much poison come undone/ Cause there’s nothing else to do/ Every me and every you/ Every me and every you/ Every me”, sono le parole che Brian Molko canta su Every Me And Every You, la canzone dei Placebo con cui si apre lo spettacolo: ed è fortemente significativa dell’allegoria che Latini sta per mettere in scena, per un Cantico destrutturato, smontato, riassemblato nelle sue varie parti e ristrutturato, secondo la visione del regista e attore che continua a parlare d’amore come nel IV sec. a. C., come oggi, come sempre. Un amore che si muove tra pulsioni erotiche e slancio platonico, carne e cuore, terra e cielo; e ora tra passato e futuro, come la Carrà rivisitata da Bob Sinclair con cui Latini decide di chiudere lo spettacolo.
Un cortocircuito che colpisce prima lo stomaco e poi la testa: perché questo Cantico di Latini restituisce nella sua integrità un testo forse troppo complesso e stratificato per poter essere compreso e metabolizzato in un veloce monologo- eppure riesce ad ipnotizzare grazie alla performance del suo interprete, e a offrire un’intensità oggi inedita.
Valentina Arichetta