Il cocktail dei ballerini
5 min di letturaTexas (Stati Uniti) il 31 marzo 1878, nasceva da una famiglia di ex schiavi John Arthur Johnson, detto Jack
Il piccolo Jack avrebbe iniziato la sua carriera da pugile molto presto combattendo le battle royal – gli incontri d’intrattenimento tra neri per un pubblico di bianchi.
Debuttò come professionista all’età di 19 anni e nel 1908 sarà il primo pugile afroamericano a vincere il titolo mondiale di boxe dei pesi massimi, diventando il simbolo dell’orgoglio razziale della gente di colore.
Jack manterrà il titolo per quasi 7 anni guadagnando considerevoli somme di denaro che spenderà in hobby costosi come le auto da corsa.
A tal proposito, qualcuno racconterà di un giorno in cui Jack, fermato dalla polizia per eccesso di velocità e multato di 50 dollari; diede ai poliziotti una banconota da 100, suggerendo loro di tenere il resto affinché egli potesse fare il viaggio di ritorno alla stessa velocità di prima.
Johnson ebbe comportamenti quasi rivoluzionari per l’epoca e si sposò tre volte; tutte le sue mogli erano bianche e questo causò numerose polemiche perché i rapporti interrazziali non erano ancora accettati.
Difatti, nel 1912 una giuria di soli bianchi accusò Johnson di aver violato il Mann Act – una legge che condannava chiunque trasportasse per ragioni “immorali” una donna oltre i confini dello stato in cui viveva.
La legge era stata approvata per combattere la prostituzione, ma coloro che giudicarono Johnson argomentarono che il pugile aveva una relazione “contro natura” con la donna che aveva portato fuori dal Paese.
Così la carriera di Johnson si interruppe definitivamente; scontata la pena riprese a lottare, ma i successi sul ring erano finiti. Johnson combatterà da professionista fino all’età di 60 anni.
Nel 2018 Il suo caso fu segnalato a Trump da Sylvester Stallone, che grazierà il pugile, che quando era in vita fu condannato a causa di una legge interpretata in maniera razzista.
Ma veniamo a noi: nel 1920, Johnson aprì un night club ad Harlem, il “Club Deluxe”. Tre anni dopo, vendette il locale a un gangster, un tale Owney Madden, che lo fece diventare un raffinato cabaret, il famoso “Cotton Club”.
Nonostante la sua fama derivasse da artisti jazz afro- americani come Duke Ellington, Cab Calloway, Louis Armstrong e Ethel Waters che si esibivano regolarmente nel locale, l’accesso ai neri non era consentito.
Furono molti i gangster che decisero di operare in attività fondate sul talento dei musicisti neri e non c’è da meravigliarsi se le sparatorie tra bande nei fumosi club erano all’ordine del giorno.
In quegli anni dalle grosse Ford che si accostavano all’ingresso dei locali, scendevano le signore ingioiellate di una nuova era e tutte pronte a ballare da sole il charleston.
Si tratta del più brioso e scoppiettante ballo dell’epoca moderna e pare sia stato inventato dagli scaricatori di porto di colore agli inizi degli anni 20.
La ballerina e cantante afroamericana Josephine Baker che si esibiva al Cotton Club diffonderà il Charlestone in Europa, diventando una star delle Folies Bergere.
Aggressiva, trasgressiva e al tempo stesso raffinata, ballava e contava a ritmo di “Yes, We Have no Banana” con addosso soltanto un gonnellino di banane.
Per far fronte al faticoso ballo fu inventato “il drink ristoratore dei ballerini”, il gin fizz.
Gin Fizz
4 cl di gin Puro
2 cl di spremuta di limone
1 cl di sciroppo di zucchero
10 cl di soda
Probabilmente in quel periodo il gin era di pessima qualità a causa del Proibizionismo in corso, così si pensò di miscelarlo con lo zucchero, il limone e la soda per placarne l’irruenza.
Dal look innocente, da sembrare quasi una limonata, questo drink rinfrescante ed energetico era molto apprezzato dagli esausti ballerini durante le cene con ballo, che ritrovavano le forze e si dissetavano grazie a zucchero e limone.
Dunque, perché chiedere un Gin Lemon, la variante più veloce in preparazione ma meno elegante di questo cocktail?
La prossima volta chiediamo un Gin Fizz, un cocktail raffinato per naturalezza e semplicità sia nel gusto che per la sua storia da bere.
Nell’articolo di oggi sono riuscita a coniugare, con una sola celebrazione, “forse” 3 delle mie passioni più grandi:
il jazz, gli anni 20 e la boxe.
Dico “forse” perché fortunatamente riesco ancora a mantenere e trattenere una delle competenze più importanti che si possa riuscire ad acquisire, ossia: “l’entusiasmo del bambino”, quello per il nuovo e per la scoperta, che muove la ricerca.
L’entusiasmo generatore di passioni, che ti spinge una volta diventato maestro in una cosa, a diventare subito allievo in un’altra.
Il Cocktail dei ballerini. Cosa vuol dire combinare il Gin Fizz
La Baker dopo ogni spettacolo faceva mambassa di canapè. Così piccoli e sfiziosi! I Canapè sono tartine mono boccone (gli antenati francesi dei fingerfood) farcite in svariati modi.
Questo weekend le combineremo anche noi al Gin Fizz! La nostra canapè preferita per il pairing di oggi?
Quella al burro salato della Normandia, acciughe del Cantabrico e Caviale.
La sapidità che ti aspetti di provare quando ti trovi in riva al mare e realizzi che in fondo, la felicità è un idea semplice.
Che cos’è il Pairing
Il Pairing è l’incontro che celebra il nuovo.
È una delle tendenze più innovative in cucina come al bar, è l’associazione di due o più alimenti a seconda del loro composto molecolare, nonché aromatico e nasce dall’esigenza di ricercare nuove combinazioni di sapori.
Al contrario di quanto si possa pensare non è una disciplina da scienziati, ma una predisposizione che concettualmente è già nel DNA di molti bartender.
La bravura sta nel porre in equilibrio gli ingredienti affinché il composto risulti armonico in bocca e crei nuove sensazioni.
“Il barman è quella persona che mischiando acqua e sale ti ci fa sentire dentro il mare”.