LameziaTerme.it

Il giornale della tua città



Incontro all’Uniter sul Lametino raccontato dai viaggiatori stranieri

4 min di lettura

Il territorio lametino, visto attraverso gli occhi di viaggiatori francesi, tedeschi, inglesi che tra il ’700 e ’900 si erano fermati in Calabria prima di procedere per la Sicilia, è stato al centro della conversazione condotta dallo studioso Raffaele Gaetano nell’incontro, molto partecipato, voluto dall’Uniter di Lamezia Terme.

Dopo la rapida e significativa introduzione del presidente dell’Uniter Italo Leone, Gaetano ha tracciato la storia dell’Estetica soffermandosi sui concetti di sublime e pittoresco al fine di evidenziarne la presenza nei diversi diari, resoconti, memorie e lettere che tra il XVIII e il XX secolo decine di visitatori italiani e stranieri hanno dedicato al Lametino.

«Il concetto di sublime – ha chiarito il prof. Gaetano – non si riferisce esclusivamente a una sensazione piacevole ma implica anche spaesamento, come quando ci troviamo davanti a un fiume in piena, un cielo minaccioso, a rapidi mutamenti climatici. Per dirla con un celebre ossimoro di John Dennis, in questi casi il sublime è piacevole orrore». Lo studioso ha proseguito la sua accurata analisi illustrandola attraverso una serie di disegni, litografie, stampe d’epoca, atti a trasmettere l’immagine del Lametino, specchio di tutta la Calabria, da varie angolazioni.

Ma chi erano questi viaggiatori? «All’inizio erano i rampolli di famiglie aristocratiche inglesi, francesi e tedesche che venivano in Italia per perfezionare la loro formazione culturale. Successivamente – ha chiarito Gaetano – furono anche sacerdoti, massoni, artisti, perditempo di tutte le risme che attraversavano la Calabria in vista della Sicilia, loro meta finale».  A quei tempi la Calabria era una terra pericolosa, «infestata da briganti e loschi figuri», ma «chi vi si avventurava – ha osservato ancora il professore – coglieva il fascino ammaliante dei suoi stupendi paesaggi». Specificando che il grande poeta tedesco Goethe si guardò bene dal visitarla passando a largo su un piroscafo, mentre su di essa ha scritto anche chi non c’è mai stato come l’abate Saint-Non, in uno dei tomi più celebri del suo Viaggio Pittoresco. Nel corso dell’incontro Raffaele Gaetano è riuscito a ricostruire con precisione un’immagine del Lametino per come l’hanno effettivamente rappresentato i viaggiatori che hanno posto la loro attenzione principalmente ai ruderi del castello normanno circondato dalla collina e dal centro storico, a San Teodoro, a Palazzo Statti, al ponte di Sant’Antonio, esprimendo le loro impressioni su Nicastro, sulla popolazione, sull’accoglienza e sul modus vivendi, alquanto arretrato. Per esempio Dominique Vivant Denon – autore del diario del Voyage Pittoresque – annota che la città gli era sembrata «molto popolata» e che aveva notato delle dame con pettinature del tempo di Luigi XIV. «Facemmo molta fatica – precisa – a non scompisciarci dalle risate». Richard Keppel Craven invece scrive: «Nicastro è una città con 5000 abitanti con un castello sulla collina che si intona con il selvaggio panorama circostante», in cui Gaetano coglie la suggestione del sublime. L’artista francese Prosper Barbot (1826), diretto in Sicilia, lascia numerosi disegni che si trovano a Parigi raffiguranti il castello, Palazzo Statti, il fiume e altro. Charles Didier (1830), poeta morto suicida, annota che a Nicastro «la natura si addolcisce e il mare mostra le sue acque azzurre», mentre per il grande archeologo François Lenormant (1881), che soggiornò nell’unico albergo cittadino sito allora come oggi in piazza San Giovanni, afferma che Nicastro è una piccola città animata e pulita, mentre Sambiase deve la sua fortuna ad un vino eccellente». Nello stesso albergo si ferma Maurice Maeterlinck (1924) che scrive: «Ci rifugiammo nell’unico albergo, dove c’era di tutto: la macelleria, la bottega del fabbro e chissà cos’altro ancora». Il contemporaneo Guido Ceronetti (1983) fa una fotografia drammatica e impietosa di Nicastro, un luogo squallido, dove i giovani sono raggruppati in un bar, non c’è mai pace. Come si può vivere in un luogo così?». «Miseria e povertà culturale ha commentato il presidente Leone a conclusione dell’incontro dominavano in una Calabria dove era difficile arrivare e e pericoloso soggiornare poiché l’unica via era la Popilia, peraltro in stato di abbandono. Questa la situazione fino al ’900, solo negli anni ’70 abbiamo avuto l’autostrada e poi l’Università. Comunque tutti dobbiamo sforzarci per  poter migliorare ancora».

Lina Latelli Nucifero

Click to Hide Advanced Floating Content