Incontro con l’ACMO a Lamezia Terme
5 min di lettura“Una Questione Di Stile… di Vita” è il nome dell’incontro che si è tenuto presso il Chiostro di San Domenico sabato 9 giugno e organizzato dall’ACMO (Associazione Calabrese Malati Oncologici).
Abbiamo incontrato Aldo Riccelli, il presidente.
Per chi non lo sapesse, spieghiamo il lavoro dell’ACMO…
L’ACMO è un’associazione di volontariato nata circa dieci anni fa. In seguito a drammatiche situazioni personali, grazie all’input dei medici dell’Ospedale Civile Ciaccio (tra cui il dott. Lazzaro e il dott. Squillace) abbiamo poi fondato l’associazione. Io purtroppo persi la moglie proprio per un tumore: poiché continuavo però a recarmi in Ospedale, spendendomi con “non fiori ma opere di bene”, proprio loro due mi proposero di unirci per creare appunto l’ACMO.
Come primo obiettivo facciamo assistenza domiciliare per i malati oncologici; abbiamo acquistato tre auto, per i trasporti dalle varie zone al Ciaccio -da Lamezia, da Catanzaro, dalla presila catanzarese…-; e in più abbiamo ideato alcuni progetti, come quello con le persone ultrasettantenni, poiché erano fuori screening, per capire dopo una certa età l’incidenza del tumore. Facciamo poi convegni di prevenzione, volontariato e corsi, e siamo anche tesserati FAVO -Federazione Italiana Associazioni Volontariato- nazionale (e proprio così abbiamo fatto nascere FAVO Calabria).
Nei nostri convegni ci interessa dire e far capire a quanta più gente possibile una cosa: è chiaro che il tumore sia una cosa seria, serissima, però bisogna conoscerlo e non averne paura, perché con la paura si perde quell’attimo che magari serve per curare e prevenire aggredendolo da subito. E qua abbiamo riscontrato un problema serio: la gente, fin quando non è coinvolta direttamente, ha paura di parlarne.
Stiamo cercando in tutti i modi di coinvolgere tutti prima che succeda, con l’informazione, con i depliant, con i convegni: per rendere chiaro che il tumore a una malattia, non porta inevitabilmente sempre alla morte. Il tumore si può curare, dal tumore se ne può uscire: magari può tramutarsi in una malattia cronica, ma non è letale al 100%.
Si può quindi creare un percorso non tanto e non solo di guarigione, ma di accompagnamento per migliorare la qualità della vita del malato.
SI: la gente si preoccupa perché legge sui giornali che Tizio è morto di tumore, che Caio è anche morto, però non viene mai scritto che tantissimi altri sono guariti. Noi sappiamo con dati certi che oggi una buona parte di tumori si cura: dove una volta c’era una mortalità assoluta, oggi c’è la guarigione o, quantomeno, una qualità di vita fino a 5 anni quasi sulla maggior parte dei tumori, e una vita quasi totale su altri. Cosa che fino a qualche anno fa era impensabile.
Ci stiamo anche dibattendo sulla cure palliative: adesso, bisogna capire che chi purtroppo non ce la fa a sconfiggere la malattia non è detto che debba essere abbandonato a sé stesso, ma deve essere portato dall’altra parte con dignità e soprattutto senza dolore. Ogni persona ha una sua dignità, e deve affrontare la malattia a testa alta anche se non ha ritorno.
Ci sono anche tanti passaggi che andrebbero chiariti proprio con la struttura sanitaria: noi sosteniamo che troppi malati oncologici arrivano alle cure palliative troppo in ritardo, quando il dolore è troppo forte e poco gestibile. Sarebbe il caso di avere un po’ più di umiltà, da parte dei medici, per capire che un malato oncologico (anche se la diagnosi è di non guarigione) non deve aspettare l’ultimo momento per assisterlo e aiutarlo.
Vorremmo anche fare una rete oncologica in Calabria, dove risulta sulle carte ma nella realtà non c’è. Non è accettabile che un malato oncologico, in un Ospedale Civile, venga operato dal chirurgo senza prima essere stato visitato dall’oncologo o dal radiologo o dall’anestesista. Non è soltanto un fatto tecnico e manuale, ma anche questioni burocratiche e amministrative che andrebbero riviste. Con FAVO Calabria stiamo cercando di mettere mano su questi problemi.
Abbiamo però un cruccio, un nodo che non siamo stati capaci di sciogliere: presso il Ciaccio, che dovrebbe essere un punto di eccellenza, abbiamo richiesto un punto informativo come associazione ma ahimè il Capo Dipartimento ce l’ha negato, sostenendo che senza di lui lì non si fa niente. Cioè, abbiamo avuto il nulla osta dal Direttore della Struttura, con autorizzazione già pronta e luogo dove approntare uno stand assegnato.
Ma quando poi dobbiamo passare allo step successivo, il Capo Dipartimento ci blocca, sostenendo che finchè ci sarà lui come primario di Oncologia questo non avverrà mai. Troppa gente non conosce i propri diritti, nell’ambito della malattia: era per questo fondamentale approntare un presidio informativo. Troppa gente non sa a cosa ha diritto, come all’art. 48 (esenzione ticket), come ai presidi, come all’assistenza domiciliare fatta dall’ASP o dai vari hospice…
Abbiamo poi parlato con la responsabile della serata organizzata al Chiostro, ovvero Annamaria Colosimo, coordinatrice della sede ACMO di Lamezia Terme.
Quando è nata la sua attività nel campo della prevenzione?
Purtroppo mia sorella Mimma, mamma di sei figli, ha fatto un lungo percorso di malattia ma poi non ce l’ha fatta. Questo però mi ha dato un input: invece di piangermi addosso ho deciso di avventurarmi in questo campo, per trasformare la perdita in qualcosa di utile. Ho incontrato così tante bellissime storie, e ci siamo resi conto che proprio a Lamezia ci sono spiccate esigenze territoriali: per quanto riguarda i pazienti oncologici, non avendo un reparto di oncologia abbiamo più disagi per le varie terapie.
Per questo, aiutiamo i pazienti nel trasporto presso le strutture ospedaliere. Durante questi percorsi, fisici e psicologici, si crea anche un rapporto che va al di là, che non è fine a sè stesso per l’accompagnamento, ma prosegue anche dopo, con la telefonata, con la visita… insomma piccole cose che rendono più prezioso un rapporto.
Parliamo della serata che ha organizzato…
La nostra associazione si è resa conto che è necessario anche un discorso sulla prevenzione. Soprattutto qui da noi non c’è la cultura della prevenzione e della riabilitazione.
Questa sera quindi inizieremo a parlare di prevenzione: per quanto riguarda i corretti stili di vita prima di tutto, e abbiamo voluto toccare tutti gli aspetti e non soltanto quello nutrizionale che magari viene spontaneo.
Anche quello spirituale e mentale. Due aspetti, due momenti importanti quanto la terapia, io considero che il paziente non dovrebbe essere curato solo dal punto di vista biologico, ma anche psicologico e spirituale che a cascata abbraccia tutta la persona, e per questo stasera tra i relatori ci sarà anche don Roberto Tomaino.
Ma tutto questo per dare un contesto non solo al paziente, ma a tutte le persone e i familiari che gli ruotano intorno. Occorre smettere di considerare solo il paziente la persona da aiutare: perché se stanno bene le persone che gli stanno intorno, anche lui ne beneficerà.
GianLorenzo Franzì