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Intervista all’avv. Dina Marasco (pres. uscente Ordine Avvocati Lamezia)

8 min di lettura
DINA MARASCO Antonio Gatto

Arrivata al termine del proprio mandato quadriennale, con le elezioni del nuovo Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (COA) lametino da poco tenutesi, abbiamo intervistato la Presidente uscente Avv. Dina Marasco con la quale è stato fatto il punto su questi 4 anni di lavoro dando anche un’occhiata sulle prospettive future dell’Ordine lametino.

1.     Presidente 4 anni di lavoro da parte Sua e di tutto il COA di Lamezia Terme: che bilancio si sente di tracciare?

Anzitutto, La saluto e ringrazio per l’attenzione.

In realtà, il mandato è durato circa 3 anni e 6 mesi perché il Consiglio si è insediato solo a fine luglio 2019 in seguito alla proroga del precedente; peraltro, buona parte di esso si è esplicato in piena emergenza sanitaria, situazione inedita che ha certamente inciso, e non poco, sui nostri programmi impedendoci di realizzare tanti importanti progetti e richiedendoci un grande sforzo, sia nella gestione del profilo organizzativo delle udienze e degli adempimenti che degli interventi di assistenza e supporto indispensabili ad agevolare il lavoro dei Colleghi e, soprattutto, a farli sentire meno soli in una situazione così drammatica.

Come ho avuto già occasione di dire, è stata una bella avventura, impegnativa ma appassionante così come lo è, del resto, la missione della tutela dei diritti.

Tante le cose fatte, sul versante della formazione e dell’aggiornamento professionale, su quello dei Protocolli, della gestione dell’emergenza, del supporto tecnologico, del risanamento dei conti e più in generale dei servizi offerti ai Colleghi.

Rigorosa e attenta è stata sempre la vigilanza sull’etica e il decoro professionali cosi come fermi gli interventi per la denuncia di prassi giudiziali scorrette o poco rispettose della funzione difensiva.

Per non dimenticare l’affermazione concreta del valore della solidarietà attraverso le misure di sostegno in favore dei Colleghi in situazioni difficili o con disabilità e quelle a sostegno della maternità e paternità, l’istituzione dell’organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento e della Camera arbitrale (che prenderà l’avvio il prossimo 31 marzo), la regolarizzazione tramite bando dei rapporti con i consulenti, il progetto di una sede rinnovata e più ampia presso l’attuale biblioteca.

Ma, al di là degli obiettivi materiali e tangibili, le sfide più importanti sono state altre.

In primo luogo, quella di risvegliare l’orgoglio e l’entusiasmo di svolgere una missione difficile ma altissima, e ciò in un momento di grave crisi di credibilità del sistema Giustizia e di fiducia nel futuro.

E poi quella di restituire a ciascun Avvocato la consapevolezza di essere parte essenziale di un tutto, di una famiglia straordinaria che è quella degli Avvocati lametini, professionisti storicamente e notoriamente di elevatissimo spessore, anche umano.

Questi sono stati i fari che hanno guidato l’azione del Consiglio e se la nostra azione è servita a riaccendere l’amore per questa professione anche in un solo Collega, o ad infondere fiducia in un solo giovane avvocato, allora possiamo dire di essere felici e soddisfatti.

2.     C’è stato un momento di particolare difficoltà in questi 4 anni? E quale, eventualmente, è stato il momento più bello e significativo?

Il Consiglio ha dovuto assumere tante decisioni difficili e impegnative, a volte dolorose o estremamente scomode ma lo ha sempre fatto con una straordinaria unità di intenti e di questo devo dare atto a ciascuno dei miei formidabili Consiglieri; non potrei definirli diversamente.

Non vi è dubbio, però, che il momento più difficile sia stato quello del lockdown.

Quando il pericolo per l’incolumità collettiva ha imposto il sacrifico di tanti diritti fondamentali, è stato molto impegnativo cercar di assicurare le condizioni minime per lo svolgimento di un servizio essenziale come la tutela dei diritti.

E grandissima è stata la sofferenza e la preoccupazione per l’inedita sospensione e compressione dei diritti e delle tutele fondamentali.

Il momento più bello, invece, credo sia stato quello in cui, dopo il primo lockdown, in esito alla non negoziabile richiesta del Consiglio, il nostro Tribunale è stato il primo a riaprire le porte agli Avvocati e ad eliminare gli indecenti ingressi su appuntamento che hanno invece a lungo caratterizzato l’accesso agli altri uffici giudiziari.

A questo proposito, devo esprimere il mio personale apprezzamento per la sensibilità e l’equilibrio dimostrati nell’occasione dall’allora Presidente dr. Brattoli che ha saputo comprendere la grave preoccupazione espressa dall’Avvocatura.

3.     Come e dove può migliorare secondo Lei la sinergia e il rapporto tra Giudici e Avvocati, specie nella lotta alla criminalità ed in particolar modo in un territorio particolare come il nostro?

Questa domanda mi dà l’occasione per esprimere un mio convincimento personale che però nasce da osservazione attenta del sistema giudiziario nel corso degli ultimi 30 anni.

Decenni di crisi della Giustizia, di riforme mediocri se non inutili, o addirittura dannose, scritte da chi è mosso solo da logiche propagandistiche e che non ha mai messo un piede in un’aula giudiziaria, ci insegnano una sola cosa: se vogliamo davvero imprimere una svolta e riaccreditare il sistema, attinto da una crisi di sfiducia senza precedenti, è ora che Avvocatura e Magistratura inizino a dialogare veramente, ad unire le forze, superando le logiche divisive e le inevitabili diversità, e a far sentire una voce unica e forte. Perché solo noi conosciamo a fondo il sistema e siamo in grado di suggerire ciò di cui ha veramente bisogno. E certamente un nuovo patto tra Avvocatura e Magistratura può essere la scommessa anche nella lotta alla criminalità, soprattutto nel nostro territorio ove, più che altrove, il malaffare si insinua più facilmente nelle spaccature e meno nei tessuti sani e compatti.

4.     Tra i problemi della giustizia vi è certamente la lunghezza dei processi, che in Italia si protrae da diverso tempo: quali strade si possono percorrere, secondo Lei, per ovviare a ciò?

Le posso dire quali sono le strade che non si devono percorrere.

L’ultima “riforma Cartabia” ne è l’esempio più lampante. Lo stravolgimento totale delle regole non è la strada.

Si possono cambiare anche ogni giorno le regole del gioco ma se gli uomini e le donne che giocano e gli strumenti con cui lo fanno restano gli stessi, non potrà mai incidersi sui tempi dei processi ed anzi la confusione, le incertezze interpretative e il disorientamento degli operatori rischiano di aggravare la situazione, con inevitabili ricadute in termini di efficienza.

A meno che il disegno del legislatore sia altro: rendere più complicato e difficile l’accesso alla giustizia, scoraggiare i cittadini, e gli Avvocati, dal chiedere Giustizia per abbassare i numeri delle pendenze.

Ma se questo è il piano non si è tenuto conto di un fattore; finché l’umanità avrà una voce questa sarà sempre quella degli Avvocati e gli Avvocati sono resilienti per definizione, combattenti in prima linea per la tutela dei diritti.

Supereremo anche questa ultima prova e sapremo adeguarci egregiamente alle nuove regole pur nella certezza che, ancora una volta, si sia persa un’occasione importante per risolvere realmente i problemi del sistema giudiziario.

La ricetta la conosciamo tutti ma nessuno la applica. È investire soldi, aumentare il numero di Magistrati e Personale, dotare gli Uffici di mezzi coerenti, adeguati, realmente moderni ed efficaci. È investire nella formazione per assicurare qualità oltre che numeri.

La cura si chiama anche semplificazione, di cui si parla da sempre e che non si realizza mai. È la chiarezza delle norme, una tecnica legislativa meno scadente di quella odierna.

Si tratta di cose banalissime come vede.

5.     In che cosa può migliorare la Giustizia nel nostro Paese?

In un certo senso ho già risposto ma anche qui scopriamo l’acqua calda.

Efficienza significa rapidità ma anche qualità, la rapidità non deve sdoganare una giustizia al ribasso.

6.     Quali consigli si sente di dare ai giovani (o futuri) Avvocati sia dal punto di vista professionale che deontologico?

Il consiglio è anzitutto quello di coltivare la passione e l’entusiasmo, la tenacia e la competenza che sono le armi indispensabili dell’Avvocato.

E poi di guardarsi intorno e raccogliere le sfide del mercato, anche con le specializzazioni, ma senza mai dimenticare che il diritto non è un dolce che può tagliarsi a fette. La preparazione dell’Avvocato deve essere completa, lo studio e l’aggiornamento devono essere costanti, per garantire prestazioni di elevata qualità.

L’adesione al codice al codice deontologico, poi, deve tradursi in regola di vita.

Consiglio anche, prima di “sposare” quella che è una missione, di interrogarsi seriamente sulle proprie motivazioni. L’Avvocatura è scelta di vita, non ci sono modi soft di fare l’Avvocato e non è mestiere che possa conciliarsi con altre attività o svolgersi part time. In questo, sono particolarmente rigorosa.

DINA MARASCO

7.     In che cosa considera cambiato dopo questi 4 anni l’Ordine degli Avvocati di Lamezia e in cosa, secondo Lei, può ancora crescere?

Come ho già detto prima, mi auguro che, al di là delle tante cose realizzate, resti l’orgoglio di appartenere ad una famiglia valorosa e unita e l’idea della necessità di un Consiglio autorevole che sia “servizio” per gli Avvocati.

Questi, lo ripeto, sono stati i principali obiettivi che abbiamo cercato di perseguire e questa, a mio parere, deve essere la strada da continuare a percorrere, senza autoreferenzialità e vetrine.

8.     Un augurio che si sente di fare al nuovo Consiglio e al futuro Presidente dell’Ordine?

Il mio augurio è anche una certezza: il nuovo Consiglio saprà operare nel solco di quello precedente, con entusiasmo, energia e amore per la professione e per i Colleghi tutti.

Colgo, quindi, l’occasione per rivolgere al neo Presidente Avv. Giuseppe Pandolfo e a tutti i nuovi Consiglieri i miei più sinceri e affettuosi auguri.

In ultimo, proprio nel segno del rinnovo di quel patto tra operatori della Giustizia di cui parlavo prima, desidero ringraziare l’attuale Presidente del Tribunale dr. Giovanni Garofalo, il personale del nostro Tribunale e i magistrati e giudici onorari che vi lavorano.

Se quella dell’Avvocatura è una famiglia, Avvocati, Magistrati e Personale formano un’altra grande famiglia, la famiglia dei protagonisti della giurisdizione. Piaccia o non piaccia a qualcuno, siamo tutti ugualmente indispensabili ed essenziali per il funzionamento della giustizia.

Ciascuno inizi a guardare al proprio interno per capire cosa non funziona senza pensare che il male sia tutto altrove e le colpe sempre degli altri.

Credo sia giunta l’ora di iniziare a lavorare su questa consapevolezza e in questa direzione.

Antonio Gatto

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