Intervista a S.E. il Prefetto Dott. Enrico Ricci della provincia di Catanzaro
13 min di letturaDesignato come Prefetto della Provincia di Catanzaro il 22 novembre 2023 ed insediatosi il 5 dicembre dello scorso anno, dopo aver trascorso un anno alla guida di questa Prefettura abbiamo incontrato S.E. il Prefetto dott. Enrico Ricci.
In passato Dirigente e Funzionario per il Ministero degli Interni, è stato nominato Prefetto per la prima volta nel 2017 nella Provincia di Massa Carrara per circa un anno; successivamente Prefetto della Provincia di Varese dal 2018 al 2020; e come ultima tappa prefettizia prima di giungere nel nostro territorio, succedendo all’ex Prefetto S.E. dott.ssa Maria Teresa Cucinotta, ha ricoperto il medesimo ruolo nella provincia di Bergamo.
Ma veniamo all’intervista…
- Dottore, anzitutto la ringrazio per l’intervista che ha gentilmente accettato di concederci. Pertanto parto col chiederle: La Prefettura a volte, nell’immaginario dei cittadini, risulta come un apparato lontano e in un certo senso poco noto; mentre, invece, la presenza e il valore sono di portata storica. Qual è, pertanto, il lavoro quotidiano che Lei e chi lavora in Prefettura svolge abitualmente?
Sono io che ringrazio lei per l’intervista e per il lavoro che svolge. Venendo alla domanda: è un lavoro molto vario ma direi che ha due elementi essenziali, che sono i nostri punti di riferimento: mantenimento della coesione sociale dei territori e sicurezza a 360 gradi. Sicurezza non solo nei confronti della criminalità organizzata ma anche intesa, per utilizzare un termine inglese, come safety e security. Direi che questi sono i nostri compiti fondamentali, che svolgiamo sempre avendo come bussola la Costituzione della Repubblica italiana. La nostra è un’istituzione antica, con più di 200 anni nel nostro Paese. Ma è un’istituzione direi anche dotata di grande modernità, con una capacità di adeguarsi e stare al passo coi tempi.
- In tanti anni di carriera qual è stato il momento più difficile che si è trovato ad affrontare e quale quello che ricorda con maggiore piacere?
Faccio una premessa, mi reputo un uomo fortunato nel senso che svolgo un lavoro che mi piace. Anzi direi di più, di cui sono innamorato. Questo è un elemento di non poco conto, non è comune svolgere un lavoro che ti appassiona. Non tutti hanno questa fortuna. È un lavoro che mi appassiona perché mi sento al servizio del mio Paese, della Nazione. Questo da sempre, dal primo giorno in cui sono entrato in Prefettura e ormai sono 35 anni nell’ambito di tutti gli incarichi che ho svolto. Ho iniziato da giovane funzionario, poi dirigente e ormai da 7 anni sono Prefetto. Questa è la premessa. Dopodiché momenti difficili, poiché il lavoro che svolgiamo è spesso legato ad emergenze, ne ho passati vari. Penso a tutte le situazioni di emergenza di protezione civile che, in particolare quando ho prestato servizio in Toscana, hanno visto le esondazioni dell’Arno piuttosto frequentemente. Ma probabilmente il momento più difficile in assoluto che ho vissuto è certamente quando ho preso servizio come Prefetto, ad inizio di Aprile del 2020, a Bergamo che in quel momento era veramente l’epicentro europeo della pandemia da Covid. C’erano stati migliaia di morti, quindi una situazione veramente difficile da gestire in sé ed accompagnata, non lo nego, anche da un po’ di preoccupazione a livello personale. Un elemento di forza, come in tutte le situazioni di emergenza, è stato lo spirito di squadra. In quel territorio l’ho trovato molto forte. C’era sin da subito una volontà di riscatto e di ripresa, molto forte, nonostante ciò che era stato e ciò che era ancora in corso. Ci fu veramente una mobilitazione generale, dal più piccolo comune della bergamasca al comune capoluogo, dalle svariate istituzioni al mondo del volontariato e delle imprese, fino a ogni singolo cittadino. Una risposta corale, la quale è stata il motivo vero del risultato positivo; perché poi la ripresa c’è stata anche in termini molto forti e molto rapidi. Ripeto, i risultati si ottengono se c’è il lavoro di squadra poiché l’unione fa la forza. E spesso il lavoro del Prefetto è quello di fare un po’ da regista di questa squadra.
Invece, di momenti belli fortunatamente direi tanti, anche in ragione di quello che le ho detto all’inizio, ossia che è un lavoro che mi appassiona ogni giorno. Anche nella sua fase routinaria, seppur non ne abbiamo in realtà tanta, poiché non c’è giornata che sia uguale alle altre. Sono giornate tutte originali. Questa è la bellezza di questo lavoro. Comunque momenti belli e di soddisfazione ce ne sono stati davvero tanti ma se devo citarne uno in particolare posso fare riferimento agli incontri con il Presidente della Repubblica. Gli incontri istituzionali con il Capo dello Stato sono momenti di grande soddisfazione nei quali si realizza quell’obiettivo che le dicevo e che il nostro principale scopo: quello della coesione sociale, di dimostrare la presenza dello Stato sui territori. Questo per far sì che tutti si sentano partecipi e protagonisti di un progetto generale che è il benessere comune e che nessuno si senta escluso.
- Si parla spesso di una modifica della cosiddetta “norma sugli scioglimenti” dei consigli comunali e provinciali, prevista nel d.lgs 267/2000: questo provvedimento, utilizzato spesso in via precauzionale, secondo Lei è del tutto efficace? Oppure c’è qualche aspetto sul quale può essere migliorato?
A parte la casistica dei cosiddetti ‘scioglimenti ordinari’, rispetto ai quali i Prefetti hanno un ruolo direi notarile poiché si limitano a registrare soltanto che si è verificata una causa appunto ordinaria di scioglimento prevista dalla legge, come possono essere ad esempio le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali oppure le dimissioni irrevocabili del sindaco o la mancata approvazione del bilancio. Discorso diverso e più particolare è, invece, quando si verifica uno ‘scioglimento straordinario’ per infiltrazioni mafiose. In quest’ultimo caso, trattasi totalmente di altra cosa, poiché ciò riguarda appunto una tipologia di scioglimento, diversa da quella ordinaria delle amministrazioni locali, che è disciplinata dall’articolo 143 del t.u.e.l. che prevede, in questo caso sì, un aspetto di discrezionalità da parte dei Prefetti ossia una valutazione su tale situazione di condizionamento. Noi siamo sempre molto cauti nell’adozione di provvedimenti di questo tipo perché siamo consapevoli che vanno ad incidere su organi democraticamente eletti. Per cui quando arriviamo ad adottare provvedimenti di questo genere è perché ci sono solide basi per farlo, altrimenti non lo facciamo. E queste basi sono costituite intanto dalle indagini dell’Autorità Giudiziaria e poi dall’attività ispettiva svolta dalla cosiddetta commissione d’accesso nominata preliminarmente dal Prefetto, prima che quest’ultimo possa arrivare alla proposta di scioglimento. Tale attività ispettiva consente di acquisire, sotto il profilo amministrativo, ulteriori elementi rispetto a quelli che vengono dalle indagini.
Pertanto si tratta di un provvedimento oggettivamente straordinario, per cui va fatto in maniera ponderata e quando veramente ci sono le condizioni per farlo. Devo dire però che in linea di massima i nostri provvedimenti reggono al vaglio dell’Autorità Giudiziaria e dell’Autorità Amministrativa come Tar e Consiglio di Stato. Questo sia per i provvedimenti di scioglimento che per quanto riguarda le interdittive antimafia. Anche lì, noi siamo consapevoli che quando si adotta un provvedimento che ha un aspetto di discrezionalità non è necessario che ci sia la prova penale per arrivare ad adottare un’interdittiva antimafia, ma devono comunque sussistere solide basi.
Anche in questo caso, quindi, la valutazione è fatta in maniera molto cauta e attenta, frutto di un’analisi condotta nell’ambito del gruppo Interforze antimafia che siede in Prefettura e che si basa spesso su quel che acquisiamo dall’A.G., dalle Forze di Polizia per cui prima di adottare un provvedimento interdittivo ci pensiamo bene, quando lo facciamo è perché le condizioni ci sono tutte ed anche in questo caso è molto raro che veniamo smentiti in sede di ricorso giurisdizionale.
- Domanda simile per il tema delle “interdittive antimafia” alle imprese ed aziende. Disposizione creata circa 30 anni fa ma che talvolta è stata oggetto anche di accesi dibattiti: pertanto Le chiedo, la riforma attuata nel 2021 con il d.l. n.152 sul tema, come e quanto ha modificato questo strumento?
La riforma ha portato una correzione in senso garantista e direi di maggiore elasticità. Nel senso che l’interdittiva in precedenza aveva il suo effetto a prescindere della dimensione del fenomeno dell’infiltrazione e inquinamento mafioso. Adesso noi valutiamo, invece, anche se questo condizionamento è occasionale o strutturale. Qualora sia occasionale c’è la possibilità di un recupero alla legalità dell’azienda. Ovviamente tutto questo implica un approfondimento ulteriore, quindi anche un aggravio dell’attività procedurale della Prefettura.
- La nostra regione è tra i territori maggiormente e storicamente coinvolti nella problematica dell’immigrazione. Quali attività le Prefetture ed in particolare la Prefettura di Catanzaro stanno ponendo in essere ai fini di garantire l’accoglienza?
Questo è un periodo diciamo di tregua poiché non abbiamo arrivi e sbarchi. Per cui è bene prepararsi e organizzarsi proprio in questi momenti. La Calabria ha la caratteristica di essere terra di sbarchi. Quest’anno ne abbiamo avuti molti, soprattutto concentrati sulla costa jonica in particolare nelle provincie di Reggio Calabria e Crotone. Di per sé gli sbarchi implicano un grande impegno da parte delle Istituzioni coinvolte, coordinate dalle Prefetture. Ma oltre a questo la Calabria contribuisce anche in maniera consistente all’accoglienza dei migranti e quest’anno, nonostante ci sia stato un alto numero di assegnazioni, il sistema complessivamente ha retto. Abbiamo aumentato notevolmente il numero dei centri di accoglienza straordinaria. Sono aumentati anche i centri per i minori non accompagnati. Inoltre, siamo riusciti anche a creare un hot-spot a Vibo Valentia, una struttura che ha una capacità recettiva di 280 posti e l’abbiamo aperta avvalendoci della normativa del decreto di emergenza. Me ne sono occupato io come soggetto attuatore, su delega del Capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno. In questa struttura sono passate migliaia di persone la scorsa estate, prima di essere trasferiti in altre regioni.
Questo sistema ha fatto da polmone consentendo al resto d’Italia di avere il tempo di aprire altre strutture. Per cui, in sintesi, possiamo dire che c’è una rete tra le Prefetture della Calabria che è in stretto collegamento con il Ministero dell’Interno ovviamente.
- L’ambiente è sicuramente, attraverso il turismo, uno dei punti di forza di questa regione. E spesso è anche sinonimo di lavoro e quindi contrasto alla disoccupazione: a che punto siamo in Calabria nella lotta contro i reati ambientali?
L’ambiente è la grande risorsa della Calabria. Io penso che una regione più ricca sotto il profilo ambientale della Calabria non ci sia. È una risorsa, una ricchezza che questa regione deve sfruttare al meglio. Purtroppo le condizioni ambientali a volte sono deficitarie. I reati ambientali ci sono come problemi di sversamento o di malfunzionamento dei depuratori e su questo c’è stata grande attenzione da parte delle FF.PP. la scorsa estate. In particolare da parte del N.O.E. dei Carabinieri, delle Capitanerie di Porto. Si tratta di un fenomeno che va combattuto nell’interesse dello sviluppo di questa regione poiché il vero punto di forza dello sviluppo di una regione è il turismo, che ha la sua forza in un ambiente meraviglioso che va preservato e conservato assolutamente. Diciamo che di questi temi ce ne occupiamo, con competenze dirette, quando andiamo a fare i Commissari nei comuni, altrimenti c’è una sinergia con gli altri organi competenti. La collaborazione con tutte le altre istituzioni, a cominciare dalla Ente Regionale che si è fatto promotore, è forte e continua.
- Oltre ai numerosi e tradizionali reati, ci sono nuove tipologie di delitti che state attenzionando?
Un delitto che in particolare stiamo attenzionando è quello dei maltrattamenti in famiglia, un fenomeno non nuovo, adesso più accentuato e che purtroppo è spesso prodromico anche di reati maggiori. Possiamo dire che al maltrattamento può seguire, e talora segue purtroppo, il femminicidio. Quindi su questo argomento c’è grande attenzione delle Forze di Polizia. Accanto a ciò, per citare qualche altro ambito che stiamo attenzionando, possiamo portare l’esempio anche di tutto quello che ruota attorno ai social, ai fenomeni di bullismo attuati anche attraverso il web, che riguardano in particolare le fasce giovanili, quindi i cosiddetti cyber-crime. Su questo, soprattutto da parte della Polizia Postale c’è grande attenzione. Ma lì al di là dell’aspetto repressivo che c’è, va svolta un’attività educativa a monte molto forte. E anche in questo caso devo dire il rapporto di collaborazione tra le istituzioni e le scuole è molto stretto, con attività educative varie su questi temi. Recentemente anche io sono andato in un istituto scolastico di Lamezia Terme, dove abbiamo parlato degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali perché c’era un’iniziativa del Viminale su questo tema che coinvolgeva le scuole, e in quel contesto lì abbiamo parlato tra l’altro appunto dei fenomeni di bullismo e devo dire anche che i ragazzi in quell’occasione hanno fatto un bellissimo lavoro.
- Quale è il rapporto tra Magistratura e Prefettura, in considerazione dell’esistenza di punti di contatto tra le rispettive attività?
Il rapporto di collaborazione è molto forte e molto stretto. Ovviamente il tema principale è quello del contrasto alla criminalità organizzata. Lo svolgiamo entrambi su due piani diversi. Per la Magistratura sul piano repressivo mentre il nostro è un piano preventivo. Però i due ambiti hanno punti di contatto molto forti perché intanto i nostri provvedimenti nascono spesso dalle indagini dell’A.G. ma a volte finiscono per fornire spunti all’Autorità Giudiziaria stessa. Nel momento in cui noi andiamo ad adottare ad esempio un’interdittiva o andiamo a fare gli accessi nei comuni, quello che raccogliamo dall’attività svolta è talora utile anche per l’azione repressiva della Magistratura. Questo raccordo è molto forte e ci sono anche indicazioni da parte del Ministero dell’Interno per un rafforzamento della collaborazione fra A.G. e Prefetture, in particolare sul tema dell’antimafia ed ovviamente nel rispetto delle prerogative di ognuno e in particolare del segreto istruttorio. È evidente che la nostra azione ha un unico obiettivo, ci muoviamo su piani diversi ma con un unico avversario.
- Cosa si prova a rappresentare lo Stato sui vari territori e quali sono, secondo Lei, le peculiarità che un Prefetto deve possedere?
Intanto parto col dire che ogni territorio è diverso dall’altro. Io ho girato mezza Italia e non ce n’è uno che sia uguale all’altro. Anzi spesso le differenze si trovano anche all’interno della stessa provincia. Su come si svolge il nostro ruolo possiamo dire che su alcuni aspetti è soggettivo perché dipende anche dal carattere. Ognuno ha la sua formazione. Però direi, ritornando a qualche concetto espresso prima, che tutti i Prefetti hanno un punto di riferimento comune oggettivo che è il senso dello Stato. Siamo stati allevati a questo. Bisogna avere princìpi come la legalità nella nostra azione e princìpi costituzionali come punto di riferimento essenziale nell’operato di ogni giorno. Mi viene in mente che, nel mese di ottobre scorso, quando il Presidente della Repubblica Mattarella ha ricevuto al Quirinale tutti i Prefetti d’Italia, durante la cerimonia il Ministro dell’Interno Piantedosi, che per giunta è un Prefetto come lei sa, ha fatto un indirizzo di saluto molto bello al Presidente della Repubblica nel quale sottolineava proprio questo aspetto ossia che il nostro punto di riferimento sono i valori costituzionali ed ha ricordato una bella frase di Calamandrei il quale diceva che la Costituzione è un pezzo di carta che se cade per terra rimane ferma e che per metterla in moto bisogna metterci del carburante e questo carburante è dato dall’impegno, dallo spirito di volontà di dargli attuazione. Tra l’altro in tale occasione il Presidente Mattarella ha ricevuto contemporaneamente sia noi vecchi, per così dire, sia i ragazzi che hanno vinto il concorso e che avevano da poco finito il corso e che a breve entreranno in Prefettura, quindi è stato un momento davvero bello che ha coinvolto l’intero apparato Prefettizio con generazioni diverse. In sintesi, questi sono i punti essenziali della nostra azione: senso dello Stato e senso di responsabilità. Io ho avuto dei maestri che mi hanno insegnato questo, spero di riuscire a trasmettere la stessa cosa ai giovani colleghi.
- Al di la delle svariate problematiche, la Calabria resta una terra meravigliosa composta da tante risorse umane positive: un augurio che si sente di fare a questa regione?
L’augurio principale è che le risorse umane migliori della Calabria non vadano ad arricchire le altre regioni. Perché questo mi pare che sia purtroppo una condizione che si sta perpetrando. Io dovunque sia andato, dalla mia Toscana a qualsiasi altra regione d’Italia, ho trovato eccellenze calabresi in ogni campo. Nella sanità, dell’imprenditoria, nelle università a livello accademico e via dicendo. Però hanno potuto dimostrare il proprio valore fuori da questa terra. Questo credo che sia il principale elemento di freno allo sviluppo di questa regione, che ha le condizioni straordinarie per essere una regione ricca e una regione dove i servizi sono efficienti. Però affinché questo accada c’è bisogno che i migliori restino qua e che non vadano via. Bisogna creare le condizioni perché questo si verifichi e la prima condizione è che il merito venga riconosciuto anche in questa regione immediatamente e non sia necessario farsi valutare altrove e che la valutazione venga fatta qua e qua si trovino le condizioni per operare. A chi invece è già in Calabria e resta qui, mi sento di dire che ogni giorno tutti quanti noi dobbiamo impegnarci, con le nostre qualità e competenze affinché le cose funzionino senza scorciatoie e senza cercare la soluzione meramente individuale bensì ricercare quella collettiva che vada nell’interesse generale. Dobbiamo guardare con fiducia al futuro perché c’è il massimo impegno da parte dello Stato non soltanto sul fronte del contrasto alla criminalità organizzata ma in generale a garantire un livello di servizi efficienti, fare in modo che anche chi si trova indietro venga sostenuto. Ad esempio, noi recentemente abbiamo dato inizio a una serie azioni di contrasto che vengono dette ‘ad alto impatto’ nei quartieri degradati e disagiati del nostro territorio, aree che hanno un’alta densità criminale. Questo genere di azioni non sono soltanto in un’ottica di repressione e contrasto alla criminalità ma cerchiamo anche di muoverci in un’ottica di recupero e promozione sociale. Affrontando anche temi come la dispersione scolastica in quei quartieri, con la sinergia della Direzione Scolastica regionale. È un lavoro ovviamente non semplice, ma cerchiamo però di creare le giuste condizioni, seguendo anche le indicazioni del Viminale, con un’azione non sul breve ma nel medio-lungo periodo. Affinché i bambini che vivono quelle realtà non siano destinati obbligatoriamente poi a percorrere le strade di alcuni loro congiunti ma che possano avere un futuro diverso e migliore.
Antonio Gatto