Io e la distrofia. Il mio percorso dal rifiuto all’accettazione
3 min di letturaFrancesco abita a Motta Santa Lucia, paese collinare in provincia di Catanzaro, posto nella parte bassa della valle del Savuto.
Mi accoglie Patrizia, la mamma, che mi fa accomodare nell’attesa che suo figlio arrivi. Prendiamo un caffè, chiacchieriamo del più e del meno, nella mia mente penso che avere una famiglia come quella di Francesco, attenta e presente, sia l’inizio di tutto. Ma come nasce l’idea di scrivere un libro autobiografico?
Francesco è entusiasta di rispondermi: “Ho deciso di scrivere questo libro per fare conoscere a più persone possibili, la mia patologia, la distrofia muscolare Duchenne. Questo per me è molto importante, perché vorrei sensibilizzare sul rapporto che hanno le persone con la disabilità. Molte volte le persone disabili vengono emarginate o comunque non capite bene dalla società”.
Ho avuto la possibilità di leggere in anteprima alcune pagine del libro in uscita, ognuno può farlo cliccando qui. Lo si può acquistare in prevendita.
In quelle righe, Francesco parla del mare, del suo amore per esso, ed io già lo immagino. Quindi, continuiamo l’intervista: “Ho sempre amato il mare visto che, comunque, vivo in una regione come la Calabria. Però da piccolo ho sempre avuto difficoltà ad andarci, perché non potendo camminare, dovevo essere preso in braccio da mia madre per arrivare alla spiaggia. Fortunatamente, negli ultimi anni, con soddisfazione ho visto che, sempre più lidi, si sono attrezzati in questo senso, ciò mi fa piacere. Per me il mare è libertà, perché all’interno dell’acqua, il mio corpo non è vincolato, e sono io”.
Ma cos’è la distrofia muscolare Duchenne? Solo chi vive questa condizione può descriverla con precisione, insieme alle famiglie ovviamente: “La mia è una patologia essenzialmente degenerativa, quindi con il passare degli anni, sempre più muscoli verranno meno. Fino a 12 anni camminavo, dopo di che le gambe hanno cominciato rallentare, quindi sono stato costretto alla sedia a rotelle che è stata una dei miei primi traumi, nel senso che mi ha fatto rabbia questa cosa, però a un certo punto, mi sono detto, è la vita. Piano piano, ti rendi conto che la rabbia è solo un macigno, cioè ti rallenta, quindi bisogna ricominciare ad andare oltre e pensare a cosa puoi fare con ciò che hai”.
Chiedo che messaggio vuole mandare tramite la sua pubblicazione, perché, leggendo già le prime pagine, è evidente un messaggio di speranza e non di rassegnazione passiva: “Attraverso questo libro, vorrei aiutare le persone che vivono la mia problematica a sentirsi meglio con sé stessi, ma soprattutto comunicare con tutte le persone che non vivono questa tematica. Intendo, semplicemente, far capire come ci si senta, come si sente chi la vive sulla propria pelle, come sia viverla ogni giorno, sentendosi a volte emarginato, soprattutto per via barriere architettoniche, non quelle fisiche, ma quelle sociali”.
Vi invitiamo ad acquistare il libro di Francesco in pre ordine, cliccando qui. Come per tutte le cose, è necessario capire, comprendere, affrontare ogni singolo aspetto della vita.
Lui riesce a farlo, mettendo a nudo se stesso, la sua anima, comunicando all’altro un concetto semplice, quanto brutale: “ognuno è disabile se non è messo in condizione di essere abile, in senso ampio”.
La responsabilità è di ognuno di noi, nessuno escluso, ed il primo passo, oltre ad ascoltare la testimonianza di Francesco, è rendere possibili i cambiamenti necessari che, una società considerata civile, dovrebbe fare nei confronti di tutti.
Stephen Hawking diceva: “In fisica non importa quale scuola uno abbia frequentato o con chi sia imparentato. Conta quello che uno fa.”
Riccardo Cristiano